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martedì 8 luglio 2008

Quando Aznar voleva riconoscere le coppie gay. Adesso fa l’integralista.

(Alessandro Litta Modignani - L'Opinione) In un’intervista rilasciata ieri a Il Giornale, Josè Maria Aznar attacca duramente il primo ministro spagnolo Zapatero, a suo dire colpevole di utilizzare la questione laica come cortina fumogena per nascondere la crisi sociale del paese iberico. Secondo Aznar, il “laicismo” spingerebbe il governo socialista a radicalizzare lo scontro con la Chiesa, per favorire – attraverso il ridimensionamento della religione - la distruzione della famiglia e la disgregazione della società. Sin qui, sia chiaro, niente di male: ognuno fa il suo mestiere. Aznar è un esponente dell’opposizione e critica l’operato del governo. Tuttavia, quando Aznar e il Partito popolare si ergono a difensori della Chiesa e delle tradizioni cattoliche della Spagna, compiono un’operazione che assolutamente non corrisponde alla verità dei fatti. Nel gennaio 2004, alla vigilia delle elezioni, il Partito popolare presentò nel suo programma di governo un progetto di legge per il riconoscimento delle unioni civili, anche omosessuali. A questo ultime veniva precluso il matrimonio e le adozioni (che invece sarebbe stati poi introdotti da Zapatero) ma venivano riconosciuti una serie di diritti, quali la registrazione (dopo un anno di convivenza), le esenzioni fiscali, l’assegnazione di alloggi pubblici e altro ancora. Questa presa di posizione, molto osteggiata dalla Chiesa, non fu il quel momento una sorpresa per nessuno.

La connotazione laico-liberale del governo Aznar era ben nota all’opinione pubblica e aveva già dato i suoi frutti. Due importanti regioni a maggioranza popolare, Madrid e Valencia, avevano già introdotto con successo il registro delle unioni civili, suscitando un vespaio di polemiche da parte del clero, che lo stesso Aznar aveva respinto in toni pacati ma fermi, rivendicando l’equità del suo operato e difendendo la laicità della Stato. Assai meno moderata fu la reazione da parte di altri. Il portavoce di Piattaforma Gay, dello stesso Partito popolare, arrivò a denunciare il presidente della Conferenza episcopale spagnola, nonché arcivescovo di Madrid, per “ingiurie e incitazione alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale, con l’aggravante dell’omofobia”. Questo dicevano e facevano i Popolari di Aznar. Tanto è vero che tutti i commentatori – tutti, senza eccezione – prevedevano una vittoria a mani basse dello stesso Partito popolare, anche in virtù di questa importante “apertura” agli omosessuali spagnoli, che secondo le statistiche sarebbero circa 4 milioni, cioè il 10 per cento della popolazione. Sappiamo poi come è andata a finire: le bombe della stazione di Atocha, l’11 marzo, hanno sovvertito il pronostico. Resta il fatto che il progetto della destra spagnola era molto, ma molto più laico e liberale dei nostri minimalissimi Dico, affondati dalla veemente reazione del cattolici integralisti e dal Family Day. In politica, si sa, la virtù della coerenza non è mai stata particolarmente apprezzata. Anche Aznar può farne a meno con disinvoltura. Tuttavia, su questa vicenda, un po’ più di onestà intellettuale non guasterebbe.

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