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mercoledì 2 gennaio 2008

Roberto Schena: Chi è oggi alla deriva? Il declino Made in Italy.

(Roberto Schena) Ricordate la "deriva Zapatero", ricordate i commenti furiosi che accolsero l'elezione del premier spagnolo nella primavera del 2004? Il premier più laico e "liberal" d'Europa fu accusato per i mesi e gli anni seguenti, fino a ieri, di distruggere l'identità occidentale: la deriva spagnola consisteva nell'allontanamento dagli Usa e dal quadro occidentale, dalle responsabilità internazionali, nella vocazione anticristiana implicita in provvedimenti come i matrimoni allargati agli omosessuali e nelle restrizioni alle scuole cattoliche, nella difesa della ricerca scientifica e della fecondazione assistita, nell'intransigenza sulla laicità dello Stato, nel cedimento alle forze centrifughe interne (baschi, catalani, etc).

Che disastro per la Spagna. Quale vaso di Pandora aveva aperto Zapatero!
Ebbene, qual è nazione oggi citata nel mondo per una deriva che è reale, fondata cioè su dati certi e incontrovertibili, non su stravaganti considerazioni politico-moralistiche? I reportage del New York Times e quello ancora più duro del Times londinese sul "declino italiano" in atto da anni sono stati ampiamente ripresi da tutta la stampa occidentale: in Germania, in Francia, nell'Ue in generale, in Canada, nell'America latina, in Turchia e nel mondo arabo, si pensa che se c'è un Paese da citare come paradigma odierno di una depressione (o di una deriva") da evitare questo è proprio l'Italia.

E' un colpo durissimo per il made in Italy, il quale vive d'immagine, un elemento delicatissimo e fondamentale della psicologia alla base delle vendite.
Come si sarà notato, le risposte fornite dalla nostra classe dirigente sono poco convincenti e imbarazzate, più borbottate che organiche, non c'è stato nemmeno un guizzo d'orgoglio corale, anche perché sono pochi gli italiani a non pensarla, e da tempo, nel modo descritto dalla stampa anglofona. Per la verità, il NYT e il Times non hanno fatto altro che dare loro voce, giacché non c'è un solo media nostrano che sia stato capace di altrettanta severità nel denunciare il "mare di merda" in cui siamo finiti. Avrebbero anzi potuto essere ancora più cattivi nel sottolineare i meccanismi bloccati che provocano un declino apparentemente inarrestabile in ogni campo della vita nazionale, citando per esempio il peso senza precedenti che la chiesa cattolica ha assunto nella selezione la classe politica, l'arresto dei diritti civili per la stessa ragione, nel quadro di una sostanziale restrizione delle libertà civili.

Avrebbero potuto parlare di un Paese comunque vecchio, incapace di comprendere la modernità, inchiodato agli anni '80-'90, alla prima Repubblica, quando decollarono le uniche due "eccellenze" che ancora sopravvivono: il sistema della moda e il sistema sanitario.
Sulla "Dolce vita che diventa amara" valga il raffronto con la Spagna di Zapatero, quella che secondo gli accorti politici nostrani avrebbe dovuto essere alla "deriva". La Spagna ha sorpassato l'Italia in termini di Prodotto Interno Lordo pro capite con due anni di anticipo rispetto alle previsioni già favorevoli del 2009: gli spagnoli sono già più ricchi degli italiani. L'economia iberica è ormai allo stesso livello di quella canadese e riguardo lo "sfascio della famiglia" che avrebbe dovuto verificarsi con l'introduzione dei matrimoni gay, le tendenze demografiche registrano invece un boom delle nascite. Con Zapatero la Spagna si è unita a Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia nel club delle "grandi d'Europa".

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