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giovedì 20 dicembre 2007

Sicurezza. «È emergenza», poi la norma sui gay e tutto è saltato.

È il primo del mese di novembre. All'ospedale Sant'Andrea di Roma muore Giovanna Reggiani. Italiana, romana, seviziata e uccisa da [...]

(Il Tempo) [...] un romeno di etnia rom. Scoppia il caso, è emergenza sicurezza. Lo «gridano» in Parlamento esponenti di centrodestra e centrosinistra. L'Italia chiede a Prodi e al suo governo di intervenire, di varare nuove norme per risolvere lo stato di pericolo in cui versa il Paese. Alleanza nazionale visita i campi rom della Capitale e ne denuncia lo stato criminale di chi li abita. Tutta l'opposizione punta il dito su Walter Veltroni, sindaco di Roma. E il segratario del Partito democratico non sta lì di certo, immobile, a incassare il colpo. Vuole il pugno duro e reclama, prima al premier Romano Prodi e poi al ministro dell'Interno Giuliano Amato, «interventi straordinari» a partire dalle espulsioni. L'allarme scuote anche i massimi vertici istituzionali, a iniziare dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che mobilita Palazzo Chigi. L'esecutivo condivide l'emergenza e il 31 ottobre convoca un Consiglio dei ministri straordinario.
Insomma, Veltroni tuona e Prodi risponde. Ma il segretario si muove da sindaco. Parla trasversalmente «a nome di Moratti, Chiamparino, Domenici», e sta attento a non creare l'incidente diplomatico con Palazzo Chigi. Per il primo cittadino della Capitale c'è subito bisogno di dare più poteri ai prefetti, ed è giunta l'ora «di prendere decisioni che dovevano essere prese dal 2001 e non sono state prese». Così mentre l'esecutivo è riunito, lui è al Viminale con Amato per discutere su quali provvedimenti puntare.
Risultato: da Palazzo Chigi la norma contenuta nel disegno di legge del pacchetto sicurezza, diventa decreto legge in un lampo. Anche la sinistra radicale è d'accordo e dopo l'omicidio della Reggiani parla di allarme sociale. «Siamo determinati a mantenere il livello di sicurezza alto per i nostri cittadini», dice Prodi dopo aver telefonato anche al premier romeno, Popescu Tariceanu, per avviare un serie di iniziative congiunte e aumentare il livello di protezione in Italia.
Insomma, tutti gridano all'emergenza e tutti si attivano. Ma il dl del governo scade il primo di gennaio, e il Parlamento deve convertirlo in legge se vuole dare seguito agli sforzi compiuti. Così il testo approda al Senato a inizio dicembre. Ma per inserire una norma anti-omofobia compie il pastrocchio. Fa riferimento al Trattato di Amsterdam in modo errato e con l'inserimento nel testo dell'articolo 1-bis, cancella di fatto la Legge Mancino, l'unica che punisce l'odio razziale in Italia. Ma tutto il testo divide riformisti e sinistra radicale, così da costringere il governo a porre la fiducia sul dl. E il 6 dicembre, con il sì di 5 senatori a vita, viene approvato. Si va alla Camera.
Anche qui la bagarre continua. A far discutere è sempre la norma che cancella la Legge Mancino. Ma stavolta il dibattito si fa più duro, interviene anche Napolitano che critica il testo. Ieri la prima discussione in Aula a Montecitorio. Tra tensioni e critiche all'errore della maggioranza, il governo decide di far sospendere il dibattito per comunicare, oggi, che il suo decreto decadrà. Il testo non diventerà legge, le espulsioni si smaterializzeranno, i criminali romeni potranno tornare a circolare tra i campi rom di Roma. L'emergenza sicurezza è stato solo un brutto sogno.

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