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domenica 25 novembre 2007

Quando la propaganda è fatta sulla pelle di un giovane suicida. Il recente caso dell'Arcigay.

(Valerio Pieroni) Il 12 novembre scorso un ragazzo romano ha deciso di togliersi la vita gettandosi sotto un vagone della Metro. I motivi di questo disperato gesto non si sono mai saputi. Il ragazzo infatti soffriva di depressione già da un po’ di tempo. Ma il giorno dopo l’agenzia OMNIROMA pubblica un comunicato che riporta le dichiarazioni di alcuni presunti amici del giovane, in cui vi si asserisce che il ragazzo si sarebbe tolto la vita “perché era gay”.

Tuttavia – vero o falso che sia - non c’era la benché minima prova che confermasse questa cosa. Però questo è comunque bastato a Fabrizio Marrazzo (pres. dell’Arcigay di Roma) per dichiarare a tutte le agenzie stampa (alla faccia del diritto alla riservatezza) la sicura omosessualità del ragazzo e per sfornare uno dei suoi soliti innumerevoli comunicati stampa in cui accusa l’Italia, la Chiesa e tutto il mondo per l’omofobia imperante.

Ma qualcosa finalmente si è mosso contro questo scempio e il 16 novembre il sito Gay Tv riporta la notizia che “la
famiglia di Claudio all'indomani di questo comunicato di Marrazzo che denunciava il suicidio del ragazzo come gesto estremo per la propria condizione di omosessuale ha chiesto all'associazione LGBT italiana di ritirare quanto detto. La famiglia ha agito tramite avvocato, minacciando di denunciare Arcigay per diffamazione”. Marrazzo quindi si è scusato, scaricando ogni colpa su OMNIROMA.

Ma non è finita qui. Ad attaccare l’arcigay questa volta ci si è messa anche
la Di gay project di Imma Battaglia, che ha affermato: “Sparare a zero sulla presunta omosessualità di qualcuno è un atto che non condividiamo, perché lede la dignità e la privacy dell’individuo, specialmente di un ragazzo che ha compiuto un gesto estremo”.

Pure io sottoscrivo le parole di Imma Battaglia
(una persona che di solito porta avanti le sue battaglie senza invadenza) ed aggiungo: a chi importa se quel povero ragazzo era gay o meno? Perché strumentalizzare una presunta preferenza sessuale di un ragazzo, che oltretutto non c’è più, per degli ignobili fini politici? Ciò che alla fine rimane di tutto questo è solo una immensa tragedia di un giovane che ha voluto porre fine alla sua esistenza con un gesto disperato.

Trovo quindi veramente triste il modo con cui si è speculato sull’argomento e la grossa mancanza di rispetto che si è avuta nei confronti di una persona, violata in questa maniera inumana della sua privacy, proprio nel momento in cui è venuta a mancare. Il mio pensiero però va’ soprattutto alla famiglia, al dolore dei genitori che, oltre a questa tragedia, hanno dovuto pure sopportare delle odiose calunnie.

Infatti ad aver infierito su questa disgrazia non è stata solo l’Arcigay, ma anche un certo Giuliano Federico che sul sito internet Gay Tv incolpa direttamente (senza neanche conoscerli personalmente) proprio i genitori di Claudio come unici responsabili della sua morte, quando scrive “alla famiglia del ragazzo va tutta la mia solidarietà personale per il senso di colpa infinito che avvolgerà il resto dei suoi giorni; perché quando un ragazzo di 22 anni si suicida, che sia gay o no, c’è un solo ed unico responsabile che è giusto si maceri nella colpa: la sua famiglia”.

L’infame lettera
, del 15 novembre, la potete leggere integralmente in un triangolino grigio, un po’ sotto, al centro dell’homepage del sito. Merita una attenta lettura. Qui mi rifiuto di riportarla per quanto mi fa schifo quello che vi è stato scritto.

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