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domenica 25 novembre 2007

Oltre il concerto: Rufus Wainwright al Conservatorio, Milano.

(Cadavrexquis) Non si è certo risparmiato Rufus Wainwright nel concerto che ha tenuto stasera al Conservatorio di Milano. "Oh my god! I'm at the music school" ha scherzato, durante l'esecuzione di Cigarettes and chocolate milk, anche se rivolgendo lo sguardo verso la vetta della digradante sala Verdi aveva già detto prima che gli sembrava di stare a "Machu Picchu". Poi, tra un pezzo e l'altro, ha continuato a fare battute e raccontando aneddoti su Milano e, soprattutto sulla Scala, da appassionato d'opera qual è: "Oggi il mio ragazzo, Jorn, era a un incontro con dei tipi della Scala per un suo progetto e ha chiesto se qualcuno era interessato a vedere il concerto di Rufus Wainwright stasera. Nessuno sapeva chi ero. Se avete un amico alla Scala, picchiatelo". Eppure un giorno "la mia opera sarà rappresentata alla Scala e io sarò seduto tra il pubblico ad ascoltare la mia musica. Come voi stasera, che fortuna avete!" Ma, al di là delle battute con cui ha intrattenuto il pubblico, il concerto del cantautore-musicista canadese non è stato solo un (gran) concerto, ma una dimostrazione pratica dei suoi numerosi talenti. L'ossatura dello spettacolo l'hanno formata le canzoni dell'ultimo album di inediti, Release the stars, che Wainwright ha presentato quasi nella sua interezza (dieci pezzi su dodici), inframmezzandolo con altri brani tratti dal repertorio e alternando pezzi più lenti a pezzi più movimentati, passando da esecuzioni soliste al pianoforte a esecuzioni accompagnato dai suoi bravi musicisti. Da quando l'avevo visto all'Alcatraz un paio d'anni fa, quando aveva fatto da supporter ai Keane sacrificando un po' troppo il suo talento per un pubblico distratto, mi era rimasta la voglia di rivederlo e risentirlo dal vivo. Quando ho saputo che sarebbe tornato a Milano non ho esitato a procurarmi i biglietti.
Rufus Wainwright si è presentato sul palco alle 21.10 e, con indosso un completo color "Arlecchino", ha attaccato subito con Release the stars, infilando subito dopo il brano trainante del nuovo album, Going to a town. L'ho trovato in ottima forma vocale, persino migliorato rispetto al passato. La voce c'era allora e c'è anche oggi - piena, rotonda e potente - ma adesso ha anche imparato a non vocalizzare il respiro durante l'emissione della voce. La prima parte - di un'oretta scarsa - è stata ciò che potremmo definire un concerto piuttosto tradizionale e ha incluso soli due pezzi di repertorio, eseguiti al pianoforte: Cigarettes and chocolate milk, che ha scatenato l'entusiasmo del pubblico, e la strepitosa The art teacher. Detto per inciso, io trovo che l'accompagnamento del solo pianoforte sia sempre una soluzione molto emozionante, soprattutto quando la voce c'è, perché la bellezza della canzone risalta ancora di più nella sua nudità, spogliata degli orpelli dell'orchestrazione. E le sue canzoni resistono a questa prova, a dimostrazione del fatto che la sostanza c'è e che non è tutto merito degli arrangiamenti complessi con cui Wainwright riveste i suoi brani.
Nella seconda parte sono arrivate invece alcune sorprese, a partire dal cambio d'abito di Wainwright, che ha indossato la camicia e i calzoni in stile bavarese con cui è fotografato sul retro della copertina di Release the stars. Poi ha presentato il cd e il dvd - in uscita all'inizio di dicembre - dedicati a Judy Garland. Sono la registrazione di due concerti tenuti da Rufus Wainwright: il primo alla Carnegie Hall di New York, il secondo al Palladium di Londra. Entrambi sono stati, a loro volta, la ricostruzione "filologica" del concerto tenuto nel 1961 dalla stessa Judy Garland alla Carnegie Hall. Da qui Rufus ha scelto due canzoni: A foggy day (in London Town) e If love were all. Infine ha eseguito una canzone folk irlandese di John McCormack. Non ci sarebbe niente di strano se non avesse deciso di proporla come "avviene nei teatri d'opera": senza microfono, a "voce nuda", per così dire. La seconda parte si è chiusa con 14th Street e con Rufus che si è allontanato facendo ciao ciao con la manina e lasciando i musicisti a completare il brano, finché anche questi hanno abbandonato il palco, uno per volta, dopo aver fatto ciascuno un assolo con il proprio strumento. Tra i presenti, qualcuno ha creduto forse che il concerto fosse finito e, vedendo i tecnici che staccavano i cavi, si è alzato e se ne è andato. E si è sbagliato di grosso, perché non si sa che cosa si è perso.

L'ultima parte del concerto, cominciata come un normale "bis" invocato dal pubblico, ha riservato le sorprese più divertenti, trasformando quello che fino a quel momento era stato un concerto tutto sommato "puro" in qualcosa d'altro. Qualcosa di non precisamente definibile, tra lo spettacolo e il cabaret; qualcosa che ha rivelato il gusto tutt'altro che minimalista di Rufus Wainwright. All'inizio è entrato avvolto in un accappatoio bianco e si è messo al pianoforte per eseguire prima I don't know what it is con la sua band e poi da solo, senza soluzione di continuità, Poses e Complainte de la Butte. Alla fine dei tre brani ha preso una sedia, si è seduto di fronte al pubblico, ha indossato un paio di orecchini, si è dato del rossetto sulle labbra, si è tolto l'accappatoio, ha calzato un paio di scarpe con i tacchi a spillo e si è trasformato in uno dei più convincenti e divertenti impersonatori femminili che mi sia capitato di vedere, danzando con un gruppo di ballerini e "mimando" (stavolta in playback) Get Happy. Il pubblico, ormai, era in delirio. Oltre al musicista che, accompagnandosi al pianoforte e alla chitarra, suona e canta le canzoni che lui stesso ha composto, oltre all'interprete di canzoni altrui - perché va ricordato che, oltre al tributo a Judy Garland, Wainwright ha cantato in passato anche brani di Leonard Cohen e dei Beatles -, ha dimostrato di essere anche un vero e proprio animale da palcoscenico, un trascinatore così talentuoso da potersi permettere di essere anche una splendida drag-queen dalle bellissime e lunghissime gambe - e in quel momento ho capito, anzi ho sentito che cosa significa essere un artista che possiede, oltre a un enorme talento e a un'indiscussa bravura, anche magnetismo e carisma da vendere. Il concerto si è concluso con quella che è forse una delle sue canzoni più "politiche": Gay Messiah. Il pubblico gli ha tributato una standing ovation, calorosissima e meritata. E' giusto che sia così: uno come Rufus Wainwright nasce una volta ogni morte di papa, come si usa dire. Speriamo ne muoiano molti, allora.

La scaletta:
Release the stars / Going to a town / Sans souci / Rules and regulations / Cigarettes and coffee milk / The art teacher / Tiergarten / Leaving for Paris no. 2 / Between my legs
Matinee Idol / Do I disappoint you? / A foggy day (in London Town) / If love were all / Beautiful child / Not ready to love / Slideshow / Irish folk song / 14th Street
I don't know what it is / Poses / Complainte de la Butte / Get happy / Gay Messiah

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Cigarettes and coffee milk

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Rufus, Moby e Sean Lennon "Across the universe"

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Gay Messiah

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Guest star: Jack Gyllenhaall

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1 commento:

Unknown ha detto...

ottima recensione per un concerto meraviglioso!