Dibattiti sulle convivenze gay all'UE: possibili conseguenze sugli Stati membri.
Intervista a Filippo Vari, Professore associato di Diritto costituzionale.
(Zenit.org) La Corte di giustizia delle Comunità europee deciderà in questi giorni una questione di grande importanza per il regime giuridico di famiglia e le convivenze omosessuali, con possibili conseguenze anche per l’Italia.
La Corte di giustizia è infatti l’organo giurisdizionale dell’Unione europea che assicura che il diritto comunitario venga interpretato e applicato nello stesso modo in tutti gli Stati membri dell’Unione.
Per conoscere meglio la questione, ZENIT ha intervistato il prof. Filippo Vari, Docente associato di Diritto costituzionale all’Università Europea di Roma.
Ci parli della questione all’esame della Corte di giustizia?
Vari: La Corte di giustizia – nella causa Tadao Maruko contro il Versorgungsanstalt der deutschen Bühnen della Repubblica federale di Germania – è stata chiamata dalla Corte Suprema amministrativa (Bayerisches Verwaltungsgericht) di Monaco a decidere se contrasti con il diritto comunitario il mancato riconoscimento di una pensione di reversibilità al superstite di una coppia di omosessuali che avevano stipulato un contratto di convivenza registrata, sul modello che si vorrebbe introdurre in Italia con i DICO e ora con i CUS, i Contratti di Unione Solidale.
In maniera alquanto singolare l’avvocato generale della Corte, spagnolo, nelle sue conclusioni sul caso, citando finanche Woody Allen, si è espresso in senso favorevole all’equiparazione del regime delle convivenze omosessuali registrate a quello della famiglia fondata sul matrimonio, invocando l’applicazione di un “divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale”.
Dunque, se la Corte accogliesse le conclusioni dell’avvocato generale della Corte di giustizia, si finirebbe per equiparare le unioni omosessuali alla famiglia fondata sul matrimonio?
Vari: Per ora la questione sarebbe limitata agli ordinamenti che hanno introdotto un riconoscimento pubblico delle convivenze omosessuali, come si voleva fare in Italia con i DICO, naufragati dopo il Family Day, e come si cerca di fare ora con i CUS, i Contratti di Unione Solidale all’esame del Senato, che ripropongono, con alcune modifiche formali, lo stesso contenuto dei DICO, prestando il fianco alle medesime obiezioni rivolte a questi ultimi.
In Germania con la legge del 16 febbraio 2001 sono state introdotte nell’ordinamento tedesco le eingetragene Lebenspartnerschaften, e cioè l’accordo registrato di due persone dello stesso sesso che dichiarano, di fronte alla autorità competente, di voler condurre insieme una Partnerschaft per tutta la vita.
Il Tribunale costituzionale tedesco ha ritenuto tale normativa non in contrasto con la Legge fondamentale tedesca, in quanto riguardante forme di convivenza diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio.
E’ singolare, dunque, che nonostante tale posizione del Tribunale costituzionale tedesco, volta a sottolineare la diversità fra le due situazioni, davanti alla Corte di giustizia sia stato invocato il principio di parità di trattamento, dal quale dovrebbe conseguire l’equiparazione tra le convivenze registrate e la famiglia.
Tra l’altro, se così avvenisse, verrebbe meno, come ha sottolineato il prof. Francesco Saverio Marini, un ulteriore argomento addotto a favore dell’introduzione di questi contratti tra conviventi anche in Italia: si diceva, infatti, da parte dei fautori dell’introduzione, che questi contratti non avrebbero toccato l’istituto della famiglia. In realtà, tutta la questione dinanzi alla Corte di giustizia dimostra come il riconoscimento pubblico delle convivenze rischi di dar vita a una sorta di “matrimonio di serie B”, come richiamato di recente dal prof. Paolo Papanti Pelletier.
Secondo lei, l’opinione pubblica conosce il problema?
Vari: La questione all’esame della Corte di giustizia è poco nota all’opinione pubblica. Tra l’altro, mi stupisce lo scarso interesse per la questione in Francia. Si consideri che in questo Paese, dalla stipula dei Pacs, oggigiorno non deriva alcun diritto alla pensione di reversibilità, mentre un’eventuale decisione della Corte di giustizia nel senso auspicato dall’Avvocato generale potrebbe finire per attribuire direttamente la pensione di reversibilità a chi stipula un Pacs.
In Italia si potrebbero avere effetti nel lungo periodo: infatti, non è escluso che in futuro un qualche giudice, violando i principi, potrebbe far leva sulla decisione per scardinare il regime preferenziale che la Costituzione italiana prevede a favore della famiglia fondata sul matrimonio.
Qual è la sua opinione sulla questione?
Vari: Credo che la Corte di giustizia dovrebbe rigettare la questione. Anzitutto, perché, come è a tutti noto, la disciplina di famiglia e convivenze è materia che non rientra nella competenza dell’Unione europea, bensì in quella degli Stati membri. Infatti, i Trattati su cui si fonda l’Unione non contemplano tale competenza a favore dell’ordinamento comunitario. Anche la Carta europea dei diritti fondamentali riconosce espressamente che la competenza a disciplinare la materia è degli Stati e non dell’Unione europea.
Inoltre, famiglia, convivenze tra persone di sesso diverso e convivenze omosessuali sono tre fattispecie profondamente diverse, come ha riconosciuto a più riprese anche la stessa Corte di giustizia. Non vedo come si possa equipararle.
Nelle Facoltà di Giurisprudenza, sin dal primo anno, si insegna chiaramente che il principio di eguaglianza è violato sia quando si trattano in maniera diversa situazioni eguali, sia quando si trattano in maniera eguale situazioni diverse. Qualora fosse accolta la tesi dell’Avvocato generale verrebbero ricondotte sotto lo stesso regime situazioni diverse come famiglia e convivenze omosessuali, ledendo così proprio quel principio di eguaglianza al quale l’Avvocato generale invece si appella.
La decisione della Corte di giustizia potrebbe avere conseguenze anche nel processo di integrazione comunitaria, che vive oggi una fase particolarmente delicata?
Vari: Sulla questione ci sono delle pronunce molto chiare del Tribunale costituzionale tedesco; non è escluso che la Corte di giustizia, se accogliesse la questione, andando così oltre le competenze dell’ordinamento europeo, potrebbe scatenare uno scontro tra Corti con esiti incerti, come prefigurato anche dalla prof.ssa Marta Cartabia su Avvenire.
Una pronuncia della Corte di Lussemburgo nel senso indicato dall’Avvocato generale, in ogni caso, finirebbe per indebolire ulteriormente la legittimità e la coesione dell’Unione europea, le quali, già fragilissime dopo il fallimento del Trattato costituzionale, si espongono a forti rischi – come ha sottolineato il prof. Joseph Weiler, in un volume molto bello intitolato Un’Europa cristiana – nel momento in cui l’Unione cerca di disciplinare, ben al di là delle proprie competenze, aree che “vanno dal risibile (la misura del boccale tradizionale in Gran Bretagna) al sublime (il diritto alla vita nel dibattito sull’aborto in Irlanda)”.
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