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venerdì 4 luglio 2008

Si cerca di superare il caso Bertozzo. La proposta e' farla parlare al pride di Catania.

La comunità glbt lacerata dall'arresto dell'attivista di Facciamo Breccia.
(Benedetta Aledda - Liberazione) La coda spiacevole e inaspettata del festoso Pride di Bologna, il fermo dell'attivista di Facciamo Breccia Graziella Bertozzo, continua a far discutere il movimento lgbt. Secondo il Comitato promotore, «la signora Bertozzo» durante la manifestazione di sabato scorso «ha ripetutamente e arrogantemente tentato di accedere al palco rivendicando una titolarità che non aveva» e «ha assunto atteggiamenti pesantemente offensivi e fisicamente violenti (...) costringendo una delle volontarie a richiedere il supporto delle forze dell'ordine». Affermazioni a cui Marcella Di Folco, una dei portavoce del Pride, non ha apposto la propria firma: «E' un comunicato troppo duro», spiega la presidente del Mit che, come organizzatrice, dice di sentirsi in parte responsabile per un episodio sfuggito di mano al servizio d'ordine.

Si dicono stupiti e addolorati dell'atteggiamento di Di Folco Aurelio Mancuso e Francesca Polo, i due presidenti nazionali che firmano una «presa di posizione di Arcigay e di Arcilesbica nei confronti di Facciamo Breccia»: l'accusa a Bertozzo è di aver «creato un incidente di cui è la sola responsabile»; le negano ogni solidarietà e annunciano di chiudere ogni rapporto politico con Facciamo Breccia, a sua volta accusata di comportamenti sleali.

Per il Comitato promotore del corteo di Bologna, invece, i due episodi, il fermo di Bertozzo e la corsa dei suoi compagni per srotolare lo striscione durante l'intervento di Porpora Marcasciano (che parlava per il Mit), sono distinti. Il primo viene letto come «improvvisa e incomprensibile violenza (...) espressa da una lesbica all'interno di un contesto pacifico come il pride»; il secondo come una scelta «incoerente, irrispettosa e prevaricante» da parte di chi non ha condiviso il documento politico della manifestazione. Il presidente Flavio Romano e i portavoce Paola Brandolini ed Emiliano Zaino si dicono certi che «entrambe le situazioni avrebbero potuto essere discusse e risolte con modalità diverse», senza il ricorso alla polizia e alla presa del palco. «Falso parlare di polzia sul palco», ribattono a Facciamo Breccia, perché gli agenti erano «nel backstage». I No-Vat replicano dal loro sito: «L'uso della polizia per la gestione del dissenso interno ad un movimento è la fine della politica, significa scivolare verso lo stato di polizia». Il risvolto più grave della vicenda è dal loro punto di vista l'attacco personale a una lesbica tramite l'arma tipica della repressione misogina: «l'accusa di isteria violenta».

Perché c'era la polizia in borghese vicino al palco e perché l'agente che ha bloccato Bertozzo non si è identificato come poliziotto? Sono le domande che i parlamentari del Pd Marco Beltrandi e Matteo Mecacci porranno al ministro degli Interni, chiedendogli di verificare cosa sia successo in piazza VIII agosto.

In una lettera Porpora Marcasciano si dichiara incredula che il servizio d'ordine abbia preso una esile donna cinquantenne per Schwarzenegger. «Questo il clima dell'Italia che dà i suoi frutti», prova a interpretare Marcasciano: la voglia di festeggiare viene intepretata come un pericolo.

Sul sito di Fb si moltiplicano gli attestati di solidarietà a Graziella. All'interno delle associazioni che hanno organizzato il Pride emerge qualche posizione dissonante: Eva Mamini, della segreteria nazionale di Arcilesbica, per esempio, si dissocia dal comunicato ufficiale sostenendo che la critica legittima al comportamento di Fb non giustifichi il ricorso alla polizia e non debba far venir meno la «solidarietà a una lesbica arrestata durante un pride».

Sabato 5 l'orgoglio omosessuale e transessuale sfilerà a Catania, dove il comitato promotore alla fine ha ottenuto di concludere, come tradizione, nella piazza dell'Università, inizialmente negata dal Comune. Perché non invitare Graziella Bertozzo a parlare dal palco di Catania, a chiarire quello che è successo a Bologna? E' l'invito rivolto al comitato catanese da Saverio Aversa, responsabile nazionale Diritti e culture delle differenze del Prc, e Sergio Rovasio, segretario dell'Associazione Radicale Certi Diritti: sarebbe un modo, si augurano, «per riprendere serenamente e rafforzati la difficile e lunga battaglia per i diritti negati».
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Ndr. Incredibile, fatti, parole e slogan che ci riportano indietro di almeno trent'anni, al periodo degli anni di piombo e dei movimentini extraparlamentari sempre in lotta tra loro. Siamo ancora alle "piattaforme" ed ai documenti politici e poi pretendiamo di portare a casa qualcosa con quest'aria di omostalinismo. Quando andate a casa?

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