(Livingston, il blog di Marco Mazzei) Da tempo penso che i “dirigenti” del “movimento” omosessuale italiano siano inadeguati. Lo penso a bassa voce perché altrimenti dovrei anche chiedermi: perché non fai qualcosa tu?
Ho rispetto per chi, comunque, si impegna e lavora anche per me. Però a tutto c’è un limite. Quello che è accaduto durante i discorsi dal palco del Pride di Bologna è vergognoso: dai due comunicati che pubblico qui sotto di capisce benissimo una cosa, cioè che così non andiamo da nessuna parte.
Secondo me hanno torto tutti e hanno il torto gravissimo di non essere riusciti a ricomporre questa frattura prima che diventasse un comunicato e poi un controcomunicato. Per litigare in questo modo infantile non servono dirigenti, bastano quattro bambini delle elementari.
Comunicato di Facciamo Breccia sui fatti avvenuti al Pride di Bologna.
Facciamo breccia esprime sconcerto e preoccupazione politica per quanto avvenuto ieri, 28 giugno 2008, alla conclusione del pride di Bologna, a Graziella Bertozzo, nostra compagna di lotta e figura storica del movimento lgbt italiano.
Durante gli interventi conclusivi, mentre parlava Porpora Marcasciano, vicepresidente del MIT e attivista di Facciamo Breccia, il nostro coordinamento saliva sul palco per aprire uno striscione con la scritta: “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, prima sede assegnata da un’istituzione pubblica al movimento, poi restituita nel 2001 alla Curia. Graziella Bertozzo, a differenza delle altre e degli altri attiviste/i di Facciamo Breccia, viene fermata all’ingresso del palco da una volontaria del Comitato Bologna Pride e da questa additata ad un uomo in borghese che non si è qualificato in nessun modo e che solo dopo avremmo appreso che era un funzionario della Digos. Graziella viene spintonata a terra e quindi cerca di rialzarsi (non sapendo che l’uomo che l’aveva fermata era un funzionario di polizia), intervengono allora altri poliziotti in divisa, la ammanettano e la trascinano fuori dalla piazza tenendole una mano sul collo, abbassandole la testa verso terra, la caricano a forza su un cellulare e la portano via a sirene spiegate. Altri compagni di Facciamo Breccia cercano di intervenire e altre persone presenti al pride o affacciate alle finestre gridano che la “signora” non aveva fatto niente e che la situazione era incomprensibile. Graziella viene rilasciata dopo tre ore di fermo, indagata per “Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni finalizzate alla resistenza”.
Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che rientrava nei contenuti che Facciamo Breccia ha scelto di portare in piazza al pride di Bologna, mostrando uno striscione che due ore prima, durante il corteo avevamo aperto davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt che in questo periodo le destre e il Vaticano stanno tentando di oscurare e criminalizzare in ogni modo, per ridurre nuovamente le nostre soggettività al silenzio.
Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte.
Siamo sconcertate/i che, alla conclusione di un grande corteo che pacificamente e festosamente voleva rivendicare diritti e cittadinanza per tutte/i, sotto il palco sia potuto accadere un simile fatto ai danni di Graziella Bertozzo, una delle prime lesbiche visibili del nostro movimento, per anni alla direzione di Arcigay – Arcilesbica, da sempre impegnata in tanti percorsi per i diritti di lesbiche, gay e transessuali e, tra le altre cose, una delle organizzatrici del Forum Sociale Europeo di Firenze del 2002.
Non si era mai vista la polizia legittimata sul palco di un pride: il concetto di “sicurezza” messo in opera, - in una manifestazione dal clima del tutto pacifico - è risultato un’azione violentemente repressiva e diffamatoria contro un’attivista riconosciuta da tutte e tutti.
Chiediamo oggi a tutte le componenti del movimento lgbt italiano e a tutte le soggettività politiche che si riconoscono nelle istanze di autodeterminazione, cittadinanza, diritti di assumersi la gravità di quanto avvenuto e di prendere posizione in merito ad accuse paradossali comminate ad una nostra compagna. Chiediamo a tutte e tutti, ed in particolare al Comitato Bologna Pride, di spendersi affinché la questione giudiziaria si chiuda immediatamente rendendo chiaro che l’azione di polizia è stata causata da un abnorme “equivoco”.
Dal sito facciamobreccia.org
Presa di posizione di Arcilesbica ed Arcigay nei confronti di Facciamo Breccia
ArciLesbica e Arcigay denunciano che la rete Facciamo Breccia, che non ha aderito al Bolognapride, ha imposto con la forza e il dolo la sua presenza sul palco, con uno striscione recante la scritta “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” ed esibito durante l’intervento di Porpora Marcasciano a nome del Mit e non di Facciamo
Breccia. In questo senso ci stupisce e ci addolora l’atteggiamento avuto da Marcella Di Folco, presidente nazionale del Mit e portavoce del Pride, che non si è opposta a che ciò accadesse.
ArciLesbica e Arcigay giudicano assolutamente inqualificabili le provocazioni di Facciamo Breccia nei confronti degli organizzatori del Pride nazionale di Bologna. Graziella Bertozzo di Facciamo Breccia, anche lei animata da una ostinata volontà di lasciare un segno negativo su un Pride peraltro stupendo, ha creato un incidente di cui è la sola responsabile.
Facciamo Breccia ora strumentalizza l’episodio attribuendone la responsabilità agli organizzatori e ai volontari del Pride, colpevoli di non sapere chi è Graziella Bertozzo. Non è una colpa non conoscere lei, i suoi passati o attuali ruoli. E’ invece un dato di fatto cheBertozzo non aveva diritto di salire sul palco, e come lei non hanno parlato altri. Graziella Bertozzo non è nuova ad azioni ed atteggiamenti alterati e aggressivi, l’uso della violenza verso le volontarie del Pride e gli agenti di Polizia hanno portato al fermo e alle conseguenti denunce. Per non alimentare scoramento nella piazza che dimostrava la capacità del movimento lgbt di continuare a lottare, dal palco abbiamo fatto appello alle forze dell’ordine perché rilasciassero la Bertozzo. Oggi però in nessun modo vogliamo esprimere solidarietà nei confronti di una militante sempre in cerca dello scontro.
Nondimeno, il presidente del Comitato Organizzatore (nonché presidente di Arcigay Emilia-Romagna) si è recato in Questura, accompagnato dagli avvocati contattati dagli organizzatori, da Vladimir Luxuria, Francesca Polo e Paola Brandolini (segreteria nazionale Arcilesbica) e ha caldeggiato che la Bertozzo fosse rilasciata, così come sempre
avvenuto in situazioni analoghe.
Ciò che è gravissimo è che Facciamo Breccia ometta di dire che Riccardo Gottardi è stato preso a schiaffi da Elena Biagini e altri militanti gli hanno messo le mani addosso in segno di sfida. Il Segretario nazionale di Arcigay è stato minacciato e tutta l’associazione insultata, nella migliore tradizione del fascismoviolento.
Arcigay ed ArciLesbica dichiarano che d’ora in avanti non intratterreanno più alcun rapporto politico con Facciamo Breccia, una rete che usa la pratica della slealtà, della ricerca dell’incidente, della manipolazione dei processi decisionali, della contrapposizione aprioristica con l’organizzazione di un Pride nazionale in quanto sostenuta dalle principali associazioni lgbt italiane.
La nostra rivoluzione è gioiosa, mentre le pratiche di Facciamo Breccia sono tristi e maschiliste, intrise in qualche caso di astio e problemi personali di personaggi inaffidabili; nei casi in cui si tratta di pratiche politiche, suscitano il nostro disaccordo profondoper la loro autorefernzialità e mancanza di prospettive.
Per quanto ci riguarda la non violenza è la discriminante per poter appartenere a pieno titolo al movimento lgbt e non intendiamo in alcun modo retrocedere né farci intimidire. Denunciamo, quindi, davanti a tutto il movimento ciò che è realmente accaduto, che per quanto ci riguarda avrà immediate e ferme conseguenze in tutte le sedi politiche e giuridiche.
Tutta la nostra solidarietà va a Riccardo Gottardi e alle persone ed ai volontari che hanno lavorato incessantemente e si sono adoperate a che la natura festosa e non violenta del Pride non venisse snaturata, per questo fatti oggetto di insulti, minacce, aggressioni verbali e fisiche.
Aurelio Mancuso Presidente nazionale Arcigay
Francesca Polo Presidente nazionale Arcilesbica
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