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venerdì 4 luglio 2008

La Carfagna deve dimettersi: non si diventa ministro perchè piace a Berlusconi.

(Filippo Facci - Il Riformista) Mi spiace, continua a non andarmi giù, e non m'interessa quel che si dice in giro, vorrei che non fossero necessarie intercettazioni o schifezze varie perchè Mara Carfagna debba dimettersi da ministro: lo stato dell'arte mi pare più che sufficiente. Abbiamo un governo che prosegue la sua favolosa luna di miele coi propri elettori e abbiamo un ministro che resta agli ultimi posti per popolarità: e una ragione ci sarà pure, forse più d'una. Ho anche difficoltà a scriverne: mi sembra di sparare sulla croce rossa e, d'altra parte, ho il terrore che lei possa nuovamente rispondermi come già fece su questo stesso giornale, mettendomi in imbarazzo e peggiorando la sua situazione.

D'accapo, dunque. Mara Rosaria Carfagna dovrebbe dimettersi perchè tutto sommato è un danno per il governo cui appartiene. Dovrebbe dimettersi non per ciò che intrinsecamente è (non ci permettiamo giudizi personali) ma per come è dimostrato che venga recepita da chi l'ha indirettamente votata, oltre che da chi non l'ha votata. Se altre ministre-outsider svettano, rispetto a lei, è perchè il suo è probabilmente un caso limite, il punto di non ritorno per un elettorato cui puoi propinare quasi tutto ma non tutto. Mara Carfagna ha cominciato a fare politica nel 2006 e a metà del 2008 è diventata ministro: è troppo, punto. Fosse anche vero che «le pari opportunità devono essere garantite anche al ministro che deve difenderle», come ci disse cortesemente lei, a tutto c'è appunto un limite, e questo limite per qualche ragione è diventato lei.

Probabilmente a tanti italiani non importa niente che il Parlamento (recepito ormai come una camera di compensazione burocratica, più che democratica) ridondi di belle signorine la cui apparenza non inganna: ma per un ministero è diverso, perchè le pari opportunità che portino un qualsiasi cittadino a diventare ministro dovrebbero ossequiarsi a percorsi più riconoscibili e meno apparentemente casuali. Forse la scarsa popolarità di Mara Carfagna è a suo modo un segno di maturazione del Paese.

Per farla breve: diventare ministri perchè si piace a Berlusconi dev'essere possibile a condizione che non lo si sappia, o a condizione che anche senza saperlo non venga da pensarlo. Mara Carfagna, nella lettera che scrisse al Riformista, diceva tra l'altro: «Temo che negli anni passati. mentre io suonavo la "Patetica" di Beethoven al Conservatorio, danzavo nel "Lago dei Cigni" di Cajkovskij, gareggiavo agonisticamente nel nuoto stile libero, divoravo la letteratura francese dell'Ottocento e mi laureavo a pieni voti, Facci fosse fisso con lo sguardo sullo schermo di Piazza Grande a guardare le mie scollature. Non avrei mai immaginato che un uomo intelligente come lui fosse caduto così in basso fermandosi all'apparenza». La verità era anche più terribile: io non mi ero fermato neppure all'apparenza. Prima del 2006 non avevo neppure mai sentito nominare Mara Carfagna in vita mia, e faccio il giornalista da più di vent'anni.

Infine: se volessimo cedere alla retorica di giudicare il ministro Carfagna solo per il suo operato, ecco, a mia personalissima opinione andrebbe anche peggio. Le sue dichiarazioni sulle coppie omosessuali e sul gay pride sono state dannose e soprattutto inutili. Da eterosessuale senza tentennamenti (oggigiorno occorre ancora specificarlo) mi è difficile non condividere quanto pensa per esempio un pidiellino come Benedetto Della Vedova: un partito che rappresenta il 40 per cento degli elettori (tra cui giocoforza moltissimi omosessuali) dovrebbe cominciare a chiedersi perchè partiti appartenenti al Ppe di grandi paesi come la Francia, la Germania e la Spagna diano pieno riconoscimento giuridico delle convivenze omosessuali: il che non comporta né l'estensione dell'istituto del matrimonio né l'estensione di costosi benefici di welfare. Comporta solo fare uno sforzo di modernizzazione del Paese, anche di questo.

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