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martedì 15 gennaio 2008

"Curare i gay". Per alcuni psicologi cattolici, l'omosessualità è ancora una malattia.

(Adista) Una "terapia riparativa" per "guarire" dall’omosessualità. Ancora oggi, nonostante le prese di posizione nettissime ed inequivocabili da parte della comunità scientifica internazionale, c’è chi tratta l’omosessualità come una malattia da dover curare, provocando enormi danni nell’equilibrio psichico di coloro che decidono improvvidamente di affrontare questo "cammino terapeutico". A testimoniare la sopravvivenza di tali pratiche anche nel nostro Paese (negli Stati Uniti le "terapie riparative" sono molto diffuse grazie al sostegno economico e culturale di alcune sette protestanti), è stata l’inchiesta di Davide Varì, pubblicata su Liberazione lo scorso 23 dicembre. Varì, fingendosi un uomo con tendenze omosessuali, è riuscito a entrare in contatto con tale don Giacomo di Roma, che a sua volta lo ha indirizzato allo studio del professor Tonino Cantelmi, presidente e fondatore dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici e docente di psicologia all’Università Gregoriana. Il responso del professore è giunto al termine di una trafila di incontri e test che si è protratta per circa sei mesi: Cantelmi, ha raccontato Varì, "mi parla di ‘leggera nevrosi e depressione’ che avrebbe indotto la mia deviazione sessuale, l’uscita dai binari di una sessualità sana e consapevole. ‘Tu non sei propriamente un omosessuale’, mi dice. ‘La tua mi sembra più una preoccupazione determinata da alcuni episodi legati all’infanzia. A questo punto si tratta di andare a ripescare quelle fratture e superarle attraverso una terapia adeguata’".

L’articolo di Liberazione - che ha riportato alla luce una realtà, quella dei centri per la "cura" dell’omosessualità, già emersa da un’inchiesta pubblicata nel maggio del 2005 dal mensile gay Pride a firma di Stefano Bolognini - ha suscitato vivacissime polemiche. Il presidente dell’Ordine Nazionale Psicologi, Giuseppe Luigi Palma, ha dichiarato che "lo psicologo non può prestarsi ad alcuna ‘terapia riparativa’ dell’orientamento sessuale della persona" e "nessuna ragione né di natura culturale né di natura religiosa, di classe o economica può spingere uno psicologo a comportamenti o ad interventi professionali non conformi" ai principi del codice deontologico.

Il senatore socialista Franco Grillini ha presentato un’interrogazione al ministro della Salute Livia Turco perché il governo "intervenga immediatamente e perché anche l’Ordine dei medici, in relazione agli psichiatri che sottopongono i propri pazienti alla conversione, prenda una netta posizione". Eppure nella stessa maggioranza di governo c’è chi, come la teodem Paola Binetti, ha dichiarato che "fino agli anni ‘80 nei principali test scientifici mondiali l’omosessualità era classificata come patologia, poi la lobby degli omosessuali è riuscita a farla cancellare. Ma le evidenze cliniche dimostrano il contrario".

Sulla vicenda è inoltre intervenuto Gianni Geraci, presidente del gruppo di cristiani omosessuali "il Guado" di Milano. "Come tanti omosessuali cattolici della mia età – ha scritto Geraci in un articolo fatto circolare in rete - certi approcci terapeutici li conosco bene, perché una ventina di anni fa ho chiesto a uno psicoterapeuta di ‘farmi diventare eterosessuale’". Ma se Geraci se l’è cavata con una "lieve depressione", ha conosciuto anche "persone a cui le cose sono andate decisamente peggio: qualcuno è ancora in una clinica psichiatrica, qualcuno si è addirittura suicidato dopo aver constatato che tre anni di sforzi per diventare ‘normale’ si erano rivelati inutili". Non è stata "la lobby gay, come sostiene la senatrice Binetti, a togliere l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali", ha aggiunto Geraci. "È stato il buon senso di centinaia di professionisti seri che, dopo aver visto le conseguenze nefaste di certe pratiche terapeutiche, hanno deciso che forse era il caso di utilizzare un approccio diverso: se un omosessuale va da uno psicoterapeuta, l’obiettivo che quest’ultimo gli deve indicare non è tanto quello di ‘guarire’ dall’omosessualità, quanto quello di imparare a vivere bene quella stessa omosessualità che una volta veniva curata".

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3 commenti:

grifone ha detto...

Il signor Davi' dovrebbe vergognarsi di avere scritto gravi diffamazioni su un giornale per lo piu' che si dice di sinistra. Ma quale sinistra, non e' questo fascismo? Rifondazione e' forse ormai cosi'attaccata al potere doi governo dal dovere strumentalizzare in modo bieco il problema dei diritti degli omosessuali? Mi auguro che i movimenti gay non si prestino a questi giochi sporchi pseudopolitici.
Grazie

Unknown ha detto...

«Il presidente dell’Arcigay ascolti i miei pazienti»
Articolo pubblicato su Avvenire del 10 gennaio 2008-01-10 di Tonino Cantelmi
Difficile non condividere quanto recentemente affermato dal presidente nazionale dell’Ordine degli psicologi Giuseppe Luigi Palma, che invoca il rispetto per i codici valoriali dei pazienti che consultano uno psicoterapeuta e pone un altolà a discriminazioni di ogni genere. Difficile però leggere questo a senso unico e titolare, come fa Liberazione, «l’Ordine degli psicologi condanna Cantelmi» (e invece fa solo un comunicato che ribadisce alcuni principi a mio parere indiscutibili). Al di là dell’attacco strumentale e dal tono chiaramente intimidatorio, non avrei difficoltà neanche a sottoscrivere quello che afferma Mancuso, presidente dell’Arcigay, che in un altro precedente editoriale terminava anche con un passaggio omeletico in cui ricordava a me la misericordia di Dio. Il fatto: una presunta inchiesta di Liberazione riportava la vicenda di un giornalista che mi chiede, sotto mentite spoglie, aiuto e che poi strilla che quel medico cattolico e clericale lo voleva 'curare'. Inchiesta smentita nel dettaglio, grossolana, incompleta, strumentale. Da ciò nasce il caso, montato ad arte: esistono in Italia reti clandestine (davvero?) cattoliche di terapeuti che fanno terapie forzate ai gay. È inutile smentire ancora, si rischia di essere ripetitivi. Intanto riparte il tam tam mediatico con blog, siti, agenzie, ecc… Rinuncio a ristabilire la verità, ma raccolgo l’invito di Mancuso ad una discussione (pacata e serena mi auguro). E allora: quali sono i temi in gioco? Anche se ritengo che discussioni più tecniche vadano rimandate nelle sedi appropriate (quelle del dibattito scientifico), provo a semplificare, sperando che nessuno voglia strumentalizzare quello che dico.
Primo: nessuna terapia 'riparativa'. Da tempo sostengo che il termine 'riparativa' sia ideologico, come quello 'affermativa'. Esiste la terapia, secondo modelli convalidati scientificamente, ed esiste la domanda di psicoterapia. Esiste il lavoro di decodifica del terapeuta ed esiste il consenso del paziente. Si può discutere di questo?
Secondo: nessuna diagnosi di omosessualità. Questo non vuol dire non prendere in esame quella che l’ICD-X (cioè il sistema di classificazione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) chiama 'sessualità egodistonica' e la comprende nella categoria 'Psychological and behavioural disorders associated with sexual development and orientation'. Attenzione! L’ICD-X (il più ufficiale e recente sistema di classificazione) chiarisce che ciò vale per tutti: eterosessuali ed omosessuali e specifica che «l’orientamento sessuale da solo non riguarda questo disturbo». Sottoscrivo e credo che questo possa mettere a tacere ogni speculazione. Nessuna omofobia. Vogliamo mettere in discussione l’ICD-X? Si può fare, attiene alla ricerca scientifica, ma al momento questa è la posizione ufficiale dell’OMS.
Terzo: rispetto dei codici valoriali del paziente. Ottimo, ma anche questo vale per tutti. Che debbo rispondere alla lettera di denuncia che proprio oggi mi giunge da un uomo della Basilicata che si dice 'violentato' perché il suo terapeuta lo pressa per la separazione coniugale che invece contrasta con i suoi valori più profondi? Ne vogliamo parlare? Davvero nessuno ha mai preso in esame le lamentele di pazienti che aderiscono con convinzione a movimenti ecclesiali e che sono profondamente turbati da terapeuti che non rispettano il loro codice valoriale?
Quarto: la presunta neutralità del terapeuta. Innumerevoli studi metodologici ed epistemologici dimostrano che il terapeuta non è neutrale. Sostenerne la neutralità è semplicemente antiscientifico. E allora: non è forse più etico (ma direi semplicemente onesto) dichiarare le premesse antropologiche ed i presupposti epistemologici che sono dietro ogni modello terapeutico? Questo mi sembra un punto su cui debba essere promossa in Italia una ricerca autentica.
E infine: è vero, ho invitato Mancuso a passare con me una settimana, nel mio studio, per verificare se sia stato giusto prestarsi ad una operazione mediatica di linciaggio così, a mio parere, ingiusta. Rinnovo l’invito e alzo il tiro: potrà accedere, con il permesso dei pazienti, all’agenda degli appuntamenti, allo scambio di mail, alle innumerevoli telefonate, agli sguardi ed alle sofferenze dei pazienti stessi, insomma a tutto il lavoro svolto.

Unknown ha detto...

«Il presidente dell’Arcigay ascolti i miei pazienti»
Articolo pubblicato su Avvenire del 10 gennaio 2008-01-10 di Tonino Cantelmi
Difficile non condividere quanto recentemente affermato dal presidente nazionale dell’Ordine degli psicologi Giuseppe Luigi Palma, che invoca il rispetto per i codici valoriali dei pazienti che consultano uno psicoterapeuta e pone un altolà a discriminazioni di ogni genere. Difficile però leggere questo a senso unico e titolare, come fa Liberazione, «l’Ordine degli psicologi condanna Cantelmi» (e invece fa solo un comunicato che ribadisce alcuni principi a mio parere indiscutibili). Al di là dell’attacco strumentale e dal tono chiaramente intimidatorio, non avrei difficoltà neanche a sottoscrivere quello che afferma Mancuso, presidente dell’Arcigay, che in un altro precedente editoriale terminava anche con un passaggio omeletico in cui ricordava a me la misericordia di Dio. Il fatto: una presunta inchiesta di Liberazione riportava la vicenda di un giornalista che mi chiede, sotto mentite spoglie, aiuto e che poi strilla che quel medico cattolico e clericale lo voleva 'curare'. Inchiesta smentita nel dettaglio, grossolana, incompleta, strumentale. Da ciò nasce il caso, montato ad arte: esistono in Italia reti clandestine (davvero?) cattoliche di terapeuti che fanno terapie forzate ai gay. È inutile smentire ancora, si rischia di essere ripetitivi. Intanto riparte il tam tam mediatico con blog, siti, agenzie, ecc… Rinuncio a ristabilire la verità, ma raccolgo l’invito di Mancuso ad una discussione (pacata e serena mi auguro). E allora: quali sono i temi in gioco? Anche se ritengo che discussioni più tecniche vadano rimandate nelle sedi appropriate (quelle del dibattito scientifico), provo a semplificare, sperando che nessuno voglia strumentalizzare quello che dico.
Primo: nessuna terapia 'riparativa'. Da tempo sostengo che il termine 'riparativa' sia ideologico, come quello 'affermativa'. Esiste la terapia, secondo modelli convalidati scientificamente, ed esiste la domanda di psicoterapia. Esiste il lavoro di decodifica del terapeuta ed esiste il consenso del paziente. Si può discutere di questo?
Secondo: nessuna diagnosi di omosessualità. Questo non vuol dire non prendere in esame quella che l’ICD-X (cioè il sistema di classificazione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) chiama 'sessualità egodistonica' e la comprende nella categoria 'Psychological and behavioural disorders associated with sexual development and orientation'. Attenzione! L’ICD-X (il più ufficiale e recente sistema di classificazione) chiarisce che ciò vale per tutti: eterosessuali ed omosessuali e specifica che «l’orientamento sessuale da solo non riguarda questo disturbo». Sottoscrivo e credo che questo possa mettere a tacere ogni speculazione. Nessuna omofobia. Vogliamo mettere in discussione l’ICD-X? Si può fare, attiene alla ricerca scientifica, ma al momento questa è la posizione ufficiale dell’OMS.
Terzo: rispetto dei codici valoriali del paziente. Ottimo, ma anche questo vale per tutti. Che debbo rispondere alla lettera di denuncia che proprio oggi mi giunge da un uomo della Basilicata che si dice 'violentato' perché il suo terapeuta lo pressa per la separazione coniugale che invece contrasta con i suoi valori più profondi? Ne vogliamo parlare? Davvero nessuno ha mai preso in esame le lamentele di pazienti che aderiscono con convinzione a movimenti ecclesiali e che sono profondamente turbati da terapeuti che non rispettano il loro codice valoriale?
Quarto: la presunta neutralità del terapeuta. Innumerevoli studi metodologici ed epistemologici dimostrano che il terapeuta non è neutrale. Sostenerne la neutralità è semplicemente antiscientifico. E allora: non è forse più etico (ma direi semplicemente onesto) dichiarare le premesse antropologiche ed i presupposti epistemologici che sono dietro ogni modello terapeutico? Questo mi sembra un punto su cui debba essere promossa in Italia una ricerca autentica.
E infine: è vero, ho invitato Mancuso a passare con me una settimana, nel mio studio, per verificare se sia stato giusto prestarsi ad una operazione mediatica di linciaggio così, a mio parere, ingiusta. Rinnovo l’invito e alzo il tiro: potrà accedere, con il permesso dei pazienti, all’agenda degli appuntamenti, allo scambio di mail, alle innumerevoli telefonate, agli sguardi ed alle sofferenze dei pazienti stessi, insomma a tutto il lavoro svolto.