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mercoledì 19 dicembre 2007

I laici ridotti a minoranza rumorosa Un pericolo che il Pd non deve correre.

(Andrea Benedino* - Il Riformista) Apprendiamo con un certo stupore da una lunga intervista rilasciata al Foglio che a Walter Veltroni «piacciono le cose concrete» e non quelle che hanno valore puramente simbolico. Con un certo stupore, in quanto tali dichiarazioni arrivano da un esponente politico che nel corso degli ultimi anni si è fortemente caratterizzato per una pratica politica strettamente legata alla simbologia e ai gesti evocativi. Cosa che di per sé, tanto più nella società della comunicazione, non è un male, anzi. Ma è di tutta evidenza che non basterà una strada intitolata a un giovane gay ucciso a causa dell'omofobia o la costituzione parte civile in un processo per aggressione a cancellare il valore - quello sì fortemente simbolico - del voto in consiglio comunale di Roma di lunedì sera, dove il Pd ha votato compatto con il centrodestra contro l'istituzione del registro delle unioni civili. Compattamente contro, senza che i laici sollevassero questioni di coscienza. Senza nemmeno preoccuparsi, peraltro, di garantirsi una solida maggioranza sul proprio ordine del giorno, quello che rinviava alle decisioni del Parlamento invitando all'approvazione di una legge nazionale e che avrebbe salvato almeno un po' la faccia al povero Veltroni, nella sua duplice veste di sindaco della capitale e di segretario nazionale del Pd.

Il Pd ha votato contro punto e basta, recependo fedelmente il diktat di Oltretevere, lasciando le tante persone in attesa di un riconoscimento pubblico da sole con se stesse e senza diritti. Lasciando che i gerarchi vaticani potessero festeggiare allegramente il loro successo, come monsignor Sgreccia, che si permette addirittura di infierire sulla dignità delle coppie omosessuali attraverso insulti gratuiti, laddove afferma nella sua intervista a Repubblica che «chi ha particolari tendenze sessuali, come gli omosessuali, non va discriminato, ma aiutato con interventi di tipo psicologico e con terapie adeguate. Sempre nella discrezionalità e nell'accoglienza e soprattutto senza battaglie ideologiche». Come se i gay fossero solo dei poveri malati da curare con discrezione e da trattare con cristiana misericordia. E alla faccia di chi dice che in Italia non esiste l'omofobia.
Sembra che questo Pd nei confronti dei diritti degli omosessuali sappia ormai solo definirsi in negativo. L'ultimissimo ad adeguarsi a questo andazzo è il ministro Vannino Chiti, che ha pensato bene, nel giorno in cui sui giornali domina la debacle sul registro al consiglio comunale di Roma, di dichiarare a Radio Vaticana la propria personale avversione ai matrimoni gay e all'ipotesi di adozione per i genitori omosessuali. Da questo punto di vista, Chiti è solo l'ultimo in ordine di tempo, in quanto è stato anticipato qualche giorno fa dal vicepremier Massimo D'Alema, poi costretto a parziale rettifica sull'Unità . Ma dichiarazioni simili furono quelle di un anno fa di Piero Fassino, allora segretario nazionale dei Ds, che suscitarono grande clamore e che portarono il leader dell'Arcigay Aurelio Mancuso (e tanti altri meno noti purtroppo) a stracciare la tessera dopo 25 anni di militanza.
Si parla dei diritti dei gay solo per dire quelli che non si sarà mai disposti a riconoscere (matrimonio e adozione in primis), oppure per dire che non bisogna fare di questi temi battaglie ideologiche (come se la vita delle persone e le discriminazioni quotidiane che gli omosessuali devono subire in questa società fossero classificabili sotto la voce «ideologia»), ma mai per «fare delle cose - come direbbe Veltroni - che abbiano una loro concretezza nella vita delle persone», mai per annunciare che nel nome della tutela dei diritti di tutti i cittadini si è disposti a uno scontro anche acceso con l'ideologia (quella sì) vaticana. Mai per fare di questi temi delle battaglie di civiltà che sappiano far avanzare la nostra società verso degli standard di democrazia e di giustizia più avanzati.
E allora viene da dire che ha davvero ragione Gianni Cuperlo quando afferma che «il problema non è la Binetti, ma il Pd». Il problema è un partito che vuole affermare nella sua Carta dei Valori, proposta dal relatore Ceruti, «il riconoscimento della rilevanza nella sfera pubblica e non solo privata delle religioni e delle varie forme di spiritualità» senza al contempo affermare con nettezza il principio conseguente dell'autonomia della politica. Il tutto con i seguenti risultati: 1) che sui temi etici l'unico principio che varrà nel Pd rischia di essere non tanto il dialogo e il confronto mirante a una sintesi avanzata, quanto piuttosto la pura e semplice libertà di coscienza; 2) che rientreranno nella definizione di «temi etici» non solo quei temi che attengono alla vita e alla morte, ma tutti quei temi su cui l'opinione della maggioranza del partito non collimerà con quella della senatrice Binetti (o del senatore Tonini stando alle sue più recenti dichiarazioni); 3) che i laici dentro al futuro partito rischiano di essere soltanto più una minoranza rumorosa a stento tollerata in quanto scomoda.
Il sospetto che viene, più passano i giorni e si susseguono gli eventi, è che questo Pd che stiamo costruendo più che a una grande e moderna forza democratica e riformista assomigli a qualcosa che nel passato del nostro paese abbiamo già vissuto e sperimentato, e cioè una nuova e rinnovata Democrazia cristiana. Non è un caso, infatti, che lo stesso Veltroni, richiesto di dare un parere sull'eventuale nascita della Cosa Bianca, risponda: «Francamente ho dei dubbi sul fatto che la chiesa italiana che ha avuto come riferimento politico un grande partito come la Dc voglia avere come riferimento politico una forza dell'otto o del nove per cento».
Naturalmente essendo tra coloro che su questo progetto hanno voluto investire molte speranze e molta passione, mi auguro che non sia così, anche perché sono certo che questa linea non incontrerebbe i consensi della nostra gente. Ma a questo punto c'è bisogno urgente di un segnale forte che dimostri dove vogliamo andare e la responsabilità politica di dare questo segnale, volenti o no, è tutta sulle spalle di Walter Veltroni. Scelga lui se attraverso un gesto concreto o un atto simbolico, ma lo faccia: rassicuri i laici che la linea del Pd non sarà dettata dagli incontri con i cardinali di turno o dagli editoriali di Avvenire e si impegni perché si costruiscano sedi ufficiali di confronto e di sintesi nel partito tra chi porta avanti posizioni diverse su questi temi. E soprattutto, se proprio vuole ispirarsi alla vecchia Dc, prenda esempio da tanti vecchi leader di quel partito che hanno saputo far stare la Chiesa al suo posto, garantendo negli anni al nostro paese una laicità dello Stato fondata su una rigorosa autonomia della politica.
Altrimenti il rischio concreto è che molti laici riformisti presto si stanchino di essere una minoranza rumorosa e tollerata, e abbandonino questo progetto politico al suo destino.

*componente commissione nazionale per il Manifesto dei Valori del Pd.

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