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giovedì 10 gennaio 2008

Bruno Vespa: Il 2007 è stato veramente l'anno dell'inizio della decadenza.

Un minimo di onestà intellettuale mi impone di dire che l’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato quello in cui la decadenza dell’Italia è stata più percepibile.

(Bruno Vespa - Grazia) Un giorno il cane è venuto dalla campagna in casa. I due gatti sono stati chiusi a lungo nello studio. Quando il cane è andato via, loro sapevano che sarebbe potuto tornare e che la loro vita, in ogni caso, era cambiata. I due gatti convivevano da dieci anni, ma non si erano mai sopportati. Lei bellissima, aristocratica e insofferente. Lui randagio, furbissimo e affettuoso. La notte dopo che il cane era andato via, i gatti sono venuti nella nostra camera, sono saliti sul lembo estremo del letto e hanno dormito con noi. La gatta, in particolare, che quando ha sete viene a svegliarmi per chiedere acqua fresca, è rimasta immobile fino a quando io non ho provveduto spontaneamente. Mi spiace che un episodio sgradevole abbia migliorato il grado di saggezza dei miei gatti, ma anch’io spero d’imparare qualcosa da questo episodio. Lo cito nel primo articolo del nuovo anno perché la direzione di «Grazia» mi ha chiesto se me la sentivo di aprire il nuovo ciclo con una parola di ottimismo.
Sono ottimista per carattere, ho visto sempre il bicchiere mezzo pieno, ma un minimo di onestà intellettuale mi impone di dire che l’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato quello in cui la decadenza dell’Italia è stata più percepibile.
Non voglio ripercorrerne le ragioni perché - come mi diceva l’avvocato Agnelli - nei momenti difficili bisogna sempre guardare avanti. Ma guardare avanti senza dimenticare.
Qualche anno fa, incontrando l’allora primo ministro spagnolo José Maria Aznar, gli feci i complimenti per il sorprendente sviluppo del suo Paese. «Magari avessi l’economia dell’Italia…», mi rispose lui. Bene, adesso lo spagnolo medio è più ricco dell’italiano medio. E il greco - dico il greco - incalza. Pochi giorni fa ho scambiato qualche battuta a Istanbul col primo ministro turco Recep Erdogan: non sapevo che da loro il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo è la metà del nostro. La Turchia ha perfettamente in regola le carte economiche per entrare in Europa. Noi, in teoria, non abbiamo quelle per restarci. Il cane ci è piombato in casa dalla campagna e noi gatti dobbiamo chiarirci le idee. Attingo dalla saggezza di Massimo Catalano (Quelli della notte, con Renzo Arbore, 20 anni fa). Se non produciamo ricchezza, saremo più poveri. Se non studiamo meglio, resteremo ignoranti. Se continuiamo a bloccare cantieri, centrali elettriche, rigassificatori, resteremo paralizzati e presto anche al freddo. Se non vogliamo termovalorizzatori, saremo sommersi dai rifiuti. Se aumenteremo i prezzi dei nostri negozi con la scusa dello sciopero degli autotrasportatori, i clienti ci puniranno. Se non paghiamo le tasse, contribuiremo all’ingiustizia sociale. Se le paghiamo, costringeremo il governo a deliberare aliquote più sostenibili. Per 15 anni ci siamo rifiutati di usare chemioterapia e bisturi per affrontare il tumore dell’Alitalia e siamo arrivati alla metastasi. Se continueremo ad avere 30 partiti (o quanti sono, è difficile contarli), avremo il sistema più inefficiente del mondo sviluppato. Noi siamo davvero un grande Paese, e lo scrivo con la maiuscola. Gli italiani hanno fatto nel mondo cose che nessuno avrebbe osato immaginare. E se guardiamo in casa nostra ai primi 15 anni dopo la guerra, c’è da commuoversi. Abbiamo perciò la possibilità di farcela. E abbiamo il dovere di provarci subito, per noi stessi e soprattutto per i nostri figli. Per quanto mi riguarda, spero davvero di imparare dai miei gatti.

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