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venerdì 25 gennaio 2008

E alla Rai le «larghe intese» sono già cominciate.

Il cda di viale Mazzini. Nell'azienda la maggioranza è di centrodestra e il presidente di centrosinistra. Il dg Cappon: così si torna a correre. Unione e Cdl unite sul sì al piano editoriale. Cuillo (Pd): inciucio? No, responsabilità.

(Paolo Conti - Il Corriere della Sera) Ufficialmente si parla «solo» di un'azienda, la Rai: e di problemi organizzativi, come un piano editoriale o uno industriale. In realtà sono prove aperte di governissimo. O di politicissime larghe intese nell'unico luogo di potere pubblico pilotato da una maggioranza di centrodestra e presieduta da un uomo di sinistra, Claudio Petruccioli, notoriamente poco amato da Romano Prodi ed eletto a suo tempo col via libera di Silvio Berlusconi.
Per una volta (che fatalità) Sandro Curzi, consigliere Rai in quota Rifondazione, e Giorgio Lainati, esponente di Forza Italia in commissione di Vigilanza Rai, esprimono lo stesso concetto. Curzi: «In me ha prevalso il bisogno di dare il segnale di un'azienda forte, conscia del grave stato in cui versa il Paese». Lainati: «Credo che l'interesse generale sia che la Rai mantenga la leadership. Perché negli ultimi anni, al netto delle polemiche, non è andata affatto male...». Il messaggio comune non può sfuggire: la Rai è un'azienda che ha in sé una forza inespressa. Se vogliamo, possiamo guidarla insieme: centrodestra e centrosinistra.
Lo snodo di mercoledì scorso è stato il voto unanime destra-sinistra sul piano editoriale, con grande soddisfazione del presidente Claudio Petruccioli da sempre impegnato a ricercare i più ampi consensi possibili sulle scelte di fondo. Una tesi espressa a più riprese anche sul Corriere della Sera: «Il Cda Rai sarebbe finito se si dividesse su questioni che sono proprie del Parlamento e del dibattito politico. Invece è un organo amministrativo di società per azioni: non una commissione parlamentare».
Entusiasta del voto «trasversale» il direttore generale Claudio Cappon: «La Rai torna a correre». Però il dato politico è evidente. Lo conferma Roberto Cuillo, Pd, già responsabile della comunicazione dei Ds: «Non è un inciucio. Ogni tanto qualche scintilla di responsabilità brilla in questo Paese ».
La posta in gioco per viale Mazzini è altissima. L'eventuale gestione di elezioni anticipate da parte di un Consiglio di amministrazione destinato a scadere a maggio e che otterrebbe di fatto una proroga. Oppure, sempre in regime di proroga, il traghettamento della Rai sotto un governo istituzionale. Il Pd sa bene che il centrodestra non voterebbe mai i due disegni di legge Gentiloni, uno sulla riforma del sistema radiotelevisivo e l'altro sui criteri di nomina dei vertici Rai. E che quindi questo vertice avrebbe vita più lunga del previsto perché il Pd, parallelamente, non accetterebbe un rinnovo dei vertici Rai con un nuovo ricorso alla vituperata (dall'Unione) legge Gasparri.
Ancora Curzi: «La lunga elaborazione del piano editoriale da parte del vicedirettore generale Giancarlo Leone ha permesso l'accordo... Se ci distacchiamo dalle brutte tensioni della politica molti problemi possono essere affrontati insieme». Infatti è arrivato il segnale più importante e atteso: il voto favorevole del consigliere Angelo Maria Petroni, estromesso dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa- Schioppa e poi reinsediato dal Tar del Lazio. Sempre Lainati: «Petroni ha dimostrato un altissimo senso di responsabilità istituzionale. Bella risposta a Prodi e Padoa-Schioppa che l'hanno trattato alla stregua di un malfattore. E ora sono stati ripagati in Senato con la stessa moneta. Un saldo per la loro violenza politica».
Infatti Petroni si dice «soddisfatto del lavoro di oggi ma soprattutto sono lieto di aver contribuito ad evitare che la Rai rinunciasse ad avere un futuro ». Aveva perplessità sul piano industriale, ma ha deciso di chiedere (e Cappon ha accettato subito) un piano industriale rivisto dopo le sue osservazioni.
E qui siamo a un passo da un assoluto paradosso. Mentre Romano Prodi si dimette, Claudio Petruccioli continua a presiedere un Consiglio Rai dato a più riprese per morto, sepolto, dimissionario in massa. E non è escluso che l'accordo di mercoledì sia il primo di una lunga serie. Ma stavolta è difficile capire se il vecchio slogan (la Rai è lo specchio del Palazzo e ne anticipa sempre i cambiamenti) stavolta troverà l'ennesima conferma. Viale Mazzini potrebbe anche trasformarsi in una strana isola di pace. Magari obbligata dalle circostanze. Ma comunque, di pace. Chissà.

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