(Flavia Amabile - La Stampa) E allora, eccoci. E' il momento di darsi gli auguri: un buon Natale per chi ci crede, visto che quest'anno crederci è più difficile del solito. Il 25 dicembre è la consacrazione della famiglia, delle cene 'tutti insieme', del volersi bene, ma mai come stavolta la famiglia arriva alla sua festa acciaccata, piena di ferite, dolorante e zoppicante. Quest'anno per credere nella famiglia bisognerebbe non aver nè scritto nè letto i giornali per mesi, bisognerebbe guardare solo a quello che accade dentro le proprie mura di casa. Nei casi più fortunati.
Per quel che mi riguarda per credere in questo Natale non dovrei per esempio sentire il litigio furibondo dei miei vicini, che va avanti da mezz'ora intervallato da strani tonfi. Sono in ascolto, pronta a chiamare il 113 se dovesse degenerare ma non so con che animo loro due si daranno gli auguri a mezzanotte. Così come non dovrei pensare a Chiara che potrebbe essere stata uccisa dal fidanzato-studente modello o a Meredith vittima di una notte di sesso.
Per credere in questo Natale avrei dovuto vedere solo in televisione la tenera invasione di uomini, donne e bambini, il milione (???) e oltre di persone del Family Day. Invece li ho seguiti, intervistati e mi sono parse famiglie, sì, ma con una nota troppo alta rispetto alla media. Avevano tutti stuoli di figli in un Paese che ormai bambini ne fa con una certa fatica. Avevano tutti troppi crocefissi e stemmi di appartenenza ad associazioni cattoliche: troppi e troppo ostentati persino per l'Italia.
Per credere in questo Natale non dovrei aver letto la storia di Loredana che si è impiccata a 16 anni l'11 dicembre, quando ragazzi e ragazze della sua età in genere non pensano ad altro che alle vacanze in arrivo, ai regali, alle feste. Loredana si chiamava Paolo, ma si sentiva donna e si vestiva da donna. Il padre aveva avuto la felice idea di aggiungere la giusta dose di maltrattamenti e violenze alla sua situazione già abbastanza difficile. Loredana l'aveva denunciato e era finita in un centro di assistenza. Viveva insieme con 35 ragazzi tra i 15 e i 17 anni: tutti extracomunitari, tutti clandestini, perché nessun altro centro l'aveva voluta. Ma non era questo a pesarle davvero. Era il padre. Dopo averlo denunciato, aveva ritrattato ma l'udienza del Tribunale incombeva. Probabilmente all'idea di dover affrontare la vergogna, gli sguardi dei genitori, Loredana non ha retto, ha preferito defilarsi.
Per credere in questo Natale, dopo aver letto di Loredana, non avrei dovuto parlare con Vladimir Luxuria, l'onorevole di Rifondazione Comunista, che mi ha ricordato come ogni mese in media muoia una persona transessuale o transgender e che la maggior parte di loro 'viene ammazzata in casa'. Nè avrei dovuto dare uno sguardo alle statistiche per scoprire che l'Italia è il Paese con il maggior numero di vittime al mondo se si considera il rapporto fra trans uccisi e popolazione: come se ogni anno venissero uccise 80 mila donne per il solo fatto di essere donne. Il tutto, va ripetuto, avviene soprattutto fra le mura di casa.
Per credere in questo Natale non avrei dovuto leggere nemmeno quello che ha scritto Enza Panebianco sul suo blog a proposito della vita di un gay o delle persone trans in Sicilia, avendo capito che il tutto avviene nell'assoluta indifferenza di associazioni quali l'Arcigay come la vicenda di Loredana sta a dimostrare. Nè avrei dovuto scrivere tutti i post che troverete nell'archivio di questo blog, nella sezione donne.
Comunque sia, visto che per fortuna qualcuno che ci crede ancora c'è, buon Natale.
Vignetta 'Arcigay' - Copyright Blog 'Diritto di Cronaca'
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