(Alberto Giannino - ImgPress) Monsignor Tommaso Stenico, 60 anni, originario di Borgo Valsugana (Trento), dottore in teologia e laureato in psicopedagogia, collaboratore di Telepace e di Petrus, docente di Catechetica e Psicologia, autore di 42 libri, membro della Curia Romana nel ruolo di Capo dell'Ufficio Catechistico della Congregazione per il Clero, è stato sospeso dal suo prestigioso incarico. Non perchè gay, come è stato scritto da più parti, ma per la sua ortoprassi (comportamento) molto, ma molto discutibile. Egli, infatti, ha invitato un ragazzo conosciuto in una chat erotica dentro le mura del Vaticano per una prestazione sessuale. Non solo: mons. Stanico, che non sapeva di essere ripreso da telecamera e registratore,durante l'incontro con il giovane, ha fatto pure delle pesanti dichiarazioni contro il Magistero della Chiesa sconfessando apertamente il suo ruolo di ministro di Dio e di alter Christus.
Senza contare il contenuto della conversazione che definire triviale e scurrile è poco. Questo comportamento inqualificabile ha indotto i suoi Superiori a sospenderlo dall'incarico che ricopriva in Curia. Ora, ci sarà un processo canonico, dove lui potrà discolparsi e difendersi. Nel frattempo tutti attaccano la Santa Sede perchè, a loro, dire, l'avrebbe sospeso in quanto gay. No, monsignor Stanico, dopo le scandalose e offensive riprese televise del suo incontro ad "Exit" con questo giovane non poteva restare in Vaticano come se niente fosse. Egli, col suo comportamento, ha procurato delle ferite alla Chiesa che dice di amare (e noi gli crediamo), ha deturpato l'immagine della Sposa di Cristo che è "santa e immacolata,senza macchia e senza ruga" (San Paolo) ma anche peccatrice perchè composta da uomini e donne. Ha, infine, creato grave scandalo, sconcerto e disorientamento tra i fedeli della comunità cattolica per il contenuto forte delle sue affermazioni fatte in Tv di fronte a milioni di persone e per il suo scandaloso comportamento tenuto verso un giovane che era stato pagato per tendere un agguato a don Tommaso.
Monsignor Stanico, a sua difesa, dice che ha fatto tutto ciò per studiare i comportamenti dei sacerdoti nella sua qualità di psicologo, ma se l'avesse concordato con i suoi superiori gli crederemmo. Purtroppo, al momento, non risulta a nessuno questo suo studio personale e del tutto privato. La Santa Sede ha reagito con prontezza. Si potrebbe dire tolleranza zero, per usare un'espressione che oggi va di moda. Tolleranza zero, che noi condividiamo appieno, e cercheremo di motivare le ragioni spiegando in maniera esauriente ed asaustiva il ruolo e la funzione del sacerdote nella Chiesa e nella società. I sacerdoti, sia diocesani che religiosi, ci insegna il magistero della Chiesa, sono partecipi dell’unico sacerdozio di Cristo, sommo sacerdote, “costituito in favore degli uomini in ciò che riguarda Dio, affinché offra doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5, 1). La loro presenza dà grande gioia e aiuto fraterno a tutto il Popolo di Dio. In loro riconosciamo il buon pastore, il servo fedele, il seminatore che esce per spargere il buon seme, il lavoratore nella vigna, il pescatore che getta la sua rete.
Loro sono gli amici intimi di Cristo: “Vi chiamo amici, non più servi, perché il servo non sa quel che fa il padrone” (Gv 15, 15). Come sacerdoti essi devono riconoscere il mistero della grazia nelle loro vite. Come afferma san Paolo, sono stati investiti di tale ministero “per mezzo della misericordia di Dio” (2 Cor 4, 1). Esso è un dono. È un atto di fiducia da parte di Cristo, che ci chiama ad essere “amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). È una configurazione sacramentale con Cristo, sommo sacerdote. Il sacerdozio non appartiene ai chierici per fare quello che vogliono. Non possono reinventare il suo significato secondo il loro punto di vista. Esso deve essere fedele a Colui che li ha chiamati. Il sacerdozio gli è stato dato come dono. Ma in loro e attraverso di loro il sacerdozio è un dono per la Chiesa. Non separino mai la vita sacerdotale e il ministero dalla comunione piena e generosa con la Chiesa intera. Che cosa si aspetta dai sacerdoti la Chiesa? La Chiesa si aspetta che essi, e i loro fratelli e sorelle, i religiosi, siano i primi ad amarla, ad ascoltare la sua voce e a seguire le sue aspirazioni, così che le persone del nostro tempo possano essere di fatto servite. I sacerdoti, sono a servizio di Cristo, il Maestro (cf. Presbyterorum Ordinis,1, Conc. Vat. II). Una parte molto importante del loro ministero è pregare e insegnare il messaggio cristiano. Nel passo sopra citato, san Paolo descrive la propria attitudine a tale ministero: “Noi ripudiamo di falsificare la Parola di Dio; manifestando invece chiaramente la verità, ci raccomandiamo alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio” (2 Cor 4, 2). Non possono modificare la Parola di Dio. Devono sforzarsi di applicare la Buona Novella alle mutevoli condizioni del mondo e resistere, coraggiosamente e a tutti i costi, alla tentazione di alterare il suo contenuto, o reinterpretarla in modo da renderla confacente allo spirito dell’epoca attuale. Il messaggio che pronuncino non è la saggezza di questo mondo (cf. 1 Cor 1, 20), ma le parole della vita, parole che sembrano follia agli uomini mondani (cf. 1 Cor 2, 14) “Nel loro caso - afferma san Paolo - il dio di questo mondo ha accecato le loro menti, perché non rifulga ad essi lo splendore del Vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio” (2 Cor 4, 4).
E continua: “Perché ciò che noi predichiamo non è noi stessi, ma Cristo Gesù, il Signore” (2 Cor 4, 5). Non dovremmo essere sorpresi, quindi, se il loro messaggio di conversione e di vita non è sempre ben accetto. Facciano ogni cosa in loro potere per presentare la parola tanto fedelmente quanto possibile, credano nel potere della parola stessa, e non si scoraggino mai: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra: dorma o vegli, notte e giorno, il seme spunta e cresce senza ch’egli sappia come” (Mc 4, 26-27). Tuttavia, in un altro senso, essi sanno come cresce il seme: “È Dio che lo fa crescere” (1 Cor 3, 7). In tal senso sono “gli operai di Dio” (1 Cor 3, 6). Quanto devono essere solleciti nella loro predicazione! Essa dovrebbe essere il proseguimento della preghiera. I sacerdoti sono partecipi del sacerdozio di Cristo. Sono suoi ministri, suoi strumenti. Ma è Cristo che nei sacramenti, specialmente nell’Eucaristia, infonde la vita divina al genere umano (cf. Presbyterorum Ordinis, 5). Con quale cura, con quale amore devono celebrare i sacri misteri! Il carattere sacro di ciò che ha luogo nelle loro celebrazioni liturgiche non deve essere oscurato. Tali celebrazioni devono essere un’esperienza di preghiera e di comunione ecclesiale per tutti coloro che vi prendono parte. Tutti noi siamo a conoscenza dei molti sforzi che si compiono per assicurare un rinnovamento ecclesiale secondo le direttive del Concilio Vaticano II. Continuino a sviluppare tra i laici un senso di responsabilità partecipata della vita liturgica ed apostolica delle loro parrocchie. Attraverso il loro sacerdozio spirituale, i laici sono chiamati a prendere il proprio posto nella vita della Chiesa secondo la grazia e il carisma dati a ognuno di loro. Essi devono condotti alla fede. Devono essere ispirati e incoraggiati a lavorare per il benessere e la crescita della famiglia ecclesiale. I sacerdoti incoraggino i giovani, specialmente, ad “aspirare ai doni più elevati” (1 Cor 12, 31). Lavorino vicino ad essi e mostrino loro, inoltre, la sfida e l’attrazione del sacerdozio e della vita religiosa.
Spendano la loro vita al servizio del Popolo di Dio; con la parola e il sacramento: questo è il loro difficile compito, la loro gloria, il loro tesoro. Ma è san Paolo di nuovo che ci ricorda: “Noi portiamo questo tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4, 7). L’esperienza personale di ognuno di essi è che la loro gioia e la loro fertilità nella vita sacerdotale provengono da una completa accettazione della loro identità sacerdotale. Devono amare la loro vocazione e la loro missione. Ma devono anche essere visti ad amare il loro sacerdozio. Lasciate, amici sacerdoti, che le persone vedano che voi siete uomini di preghiera. Lasciate che vedano che voi trattate i sacri misteri con amore e rispetto. Lasciate che vedano che il vostro impegno verso la pace, la giustizia e la verità è sincero, incondizionato e audace. Lasciate che ognuno veda che amate la Chiesa e che siete un cuore ed una mente sola con essa. Ciò che è in gioco è la credibilità della vostra testimonianza cristiana! Poiché i sacerdoti nella consacrazione religiosa hanno portato la loro grazia battesimale a un grado di “totale donazione a Dio sommamente amato” (cf. Lumen Gentium, 44), essi sono diventati segno di una vita superiore, una “vita che vale più del nutrimento e il corpo più del vestito” (Lc 12, 23). Attraverso la professione dei consigli evangelici essi sono diventati un segno profetico del regno eterno del Padre. In questo mondo essi guardano “all’unica cosa necessaria” (Lc 10, 42), al “tesoro inesauribile” (Lc 12, 33). I sacerdoti la cui vocazione è un lavoro attivo nel servizio ecclesiale, devono congiungere tra loro la contemplazione e l’ardore apostolico. Per mezzo della contemplazione aderiscono a Dio con la mente e col cuore; con l’amore e l’ardore apostolico voi collaborate all’opera della redenzione e alla dilatazione del regno di Dio (cf. Perfectae Caritatis, 5). Nel loro servizio alla famiglia umana devono essere attenti a non confondere il “Regnum Dei” con il “Regnum hominis”, la liberazione politica, sociale ed economica con la salvezza in Gesù Cristo (cf. Giovanni Paolo I, Allocutio, die 20 sept. 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 74). Il loro ruolo profetico nella Chiesa dovrebbe condurli a scoprire e a proclamare il significato più profondo di tutte le attività umane. Solo quando l’attività umana preserva la sua relazione con il Creatore essa preserva la sua dignità e raggiunge l’adempimento.
Le loro comunità sono state impegnate nel processo di rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano II. Essi stanno cercando di essere sempre più fedeli al loro ruolo che si svolge nella comunità ecclesiale secondo i loro particolari carismi. Partendo dall’ispirazione originale dei loro fondatori e seguendo il magistero della Chiesa, sono in una eccellente posizione per discernere i suggerimenti dello Spirito Santo riguardanti la necessità della Chiesa e del mondo attuale. Con un esteriore appropriato adattamento, seguito da una costante conversione spirituale, la vostra vita e la vostra attività, nel contesto della Chiesa locale ed universale, divengono una felice espressione della vitalità e della giovinezza della Chiesa. Essi tutti i giorni dovrebbero pronunciare le bellissime parole di san Paolo: “Ringrazio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo a causa di tutti voi, perché la vostra fede è magnificata in tutto il mondo” (Rm 1, 8). Ecco, questo dovrebbe essere il modello di sacerdote a cui noi guardiamo con fiducia e con speranza, al di là di episodi isolati che purtroppo fanno notizia. Mentre, il tanto bene che compiono quotidianamente i 400 mila sacerdoti cattolici sparsi in tutto il mondo, non viene mai (stranamente) citato dai media.
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