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lunedì 29 ottobre 2007

Odifreddi: lettera al "Foglio"

Da qualche mese il suo giornale mi onora regolarmente di attacchi ad personam: oltre all’”Odifreddi non ce l’ha solo con i cristiani, il suo digrignar di denti dilaga” di sabato scorso, anche (in ordine temporale inverso) “Un’opera musicale come ultima prova dell’esistenza di Odifreddi” (27 settembre), “Odifreddi, lo scienziato illuminato prêt à porter che vuol zittire tutti i din don dan” (21 settembre), “Una domanda a W: che ci fa il matematico impertinente capolista per lei in Piemonte?” (21 settembre), “Big Bang: per Odifreddi è una teoria che ‘puzza’ di Genesi, cioè di creazione. E’ vero” (31 agosto), “Perché non possiamo non dirci cretini leggendo Odifreddi” (28 marzo), e “Per Odifreddi il compito della scienza è sfottere cristiani ed ebrei” (13 marzo). Spero che mi permetterà, per una volta, di rispondere personalmente e in blocco a tutti questi attacchi, anche per correggere gli errori (colposi o dolosi) in essi contenuti.

Incominciamo dal più recente, la lettera di Giorgio Israel: un “collega” (tra virgolette, perché lui è uno storico e io un matematico, e dunque facciamo mestieri diversi) che sembra essere vittima di una vera e propria ossessione nei miei confronti, visto il numero e il tono degli interventi che mi dedica non solo sulla carta stampata, ma anche in rete.
Non sto a indagare i suoi motivi, che sono più di pertinenza di uno psicologo che di un matematico, ma temo di doverlo deludere per quanto riguarda un mio simmetrico interesse nei suoi confronti. La supposta recensione a un suo libro su von Neumann, da lui citata, era infatti in realtà un indipendente saggio su quell’ottimo matematico e pessimo uomo, che La Rivista dei Libri decise di pubblicare (nel gennaio 1996!) con un riferimento editoriale al suo libro, che io non avevo letto allora, né ho letto in seguito. E il mio articolo su Repubblica (16 ottobre) che l’ha fatto infuriare non era affatto, come ha scritto sul suo blog, scritto “essenzialmente allo scopo di sparare una serie di insulti diffamatori” su di lui: come mostrava chiaramente il richiamo editoriale, era invece un inquadramento storico dell’argomento dello spettacolo di Lucia Poli
al prossimo Festival della Scienza di Genova. Le notizie le ho tratte (non “saccheggiate”, visto che ho doverosamente citato la fonte) da un libro di Israel e Nastasi, e tutto il can can si riferisce a due (!) righe finali, che riporto integralmente: “uno degli autori (Israel), oggi [è] purtroppo passato, in un tragico contrappasso, Corretta”.
Non contento di aver pubblicato la sua lettera non solo su Repubblica (finalmente!), ma anche sul Foglio, Israel rincara la dose sul suo blog, dicendo che io avrei “fatto il finto tonto, rispondendo sul giornale al seguente incredibile modo”: “E’ singolare che Israel mi accusi di pura e semplice aggressione al nemico per un articolo basato su un libro (non solo suo, anche di Pietro Nastasi) di qualche anno fa, sul quale sono completamente d’accordo”.
In realtà, la mia risposta continuava con la seguente frase, che Repubblica ha ritenuto per motivi suoi di dover tagliare: “E’ sulle sue idee di oggi che ho espresso un ‘purtroppo’ nella riga finale, per niente aggressivo: invito comunque i lettori a visitare il sito Informazione Corretta nel quale ziose e violente’, oltre che a valutare i nostri rispettivi stili”.
Passo ora alle varie critiche che Israel mi rivolge in altri due degli articoli citati agli inizi. La prima è che “picchio duro soltanto su due religioni: ebraismo e cristianesimo”, il che dimostrerebbe che “non sono un cuor di leone, ma l’espressione del più comune conformismo”. Ora, in un libro intitolato “Perché non possiamo essere Cristiani (e meno che mai Cattolici)” di cos’altro avrei dovuto parlare, secondo lui, senza andare fuori tema? Il fatto è che Israel teme che la mia avversione per quelle due religioni non si estenda a un’altra delle sue ossessioni: l’islam.
Mi dispiace deluderlo di nuovo, ma se oltre a criticarmi avesse anche letto ciò che scrivo, si sarebbe accorto che già nel mio primo libro, “Il Vangelo secondo la Scienza” (Einaudi, 1999), avevo trattato della religione in generale, e dell’islam in particolare, nello stesso modo in cui ho trattato ora dell’ebraismo e del cristianesimo: a differenza di Israel e altri, io sono contro tutte le religioni, e non solo contro quelle diverse dalla mia. Dubito comunque che, in Italia, essere laici e anticlericali sia espressione di conformismo! Non sarà che il nostro storico, per quanto esimio, non abbia mai sentito parlare di Patti Lateranensi, articolo 7 della Costituzione, ora di religione, otto per mille, finanziamenti alle scuole cattoliche, esenzioni dall’Ici, culti a san Gennaro e Padre Pio, serial televisivi su papi e santi, e via dicendo? Il sospetto è legittimo, visto che nel suo sito egli confessa di “non saper nemmeno cosa voglia dire contrappasso”, rivelando di non aver mai sentito parlare nemmeno della Divina Commedia. Quanto al “cuor di leone”, non so quali meriti abbia Israel per poterne assegnare o rifiutare patenti, ma mi limito a fargli notare che, durante una mia permanenza di studio in Unione Sovietica negli anni Ottanta (per evitare illazioni o fraintendimenti, dico tra parentesi che ho passato molti più anni negli Stati Uniti), sono incappato nel famigerato Articolo 4 contro la “attività antisovietica” e mi sono guadagnato una condanna a 14 anni: in quello stesso periodo lui, come molti altri che oggi fanno mostra del loro anticomunismo (da Bondi a lei, signor direttore) erano invece ancora comunisti o, peggio ancora, socialisti. E qualcosa tutto ciò vorrà pur dire. Un’altra delle critiche di Israel, così come di altri degli articoli citati all’inizio, ha a che fare con la mia attività di divulgatore scientifico. Ora, è naturalmente sempre facile criticare e affermare che si potrebbe fare qualcosa di diverso o di meglio: soprattutto quando non si fa niente al proposito, com’è il caso di tutti questi critici, anonimi e non. Ma è patetico prendersela con una manifestazione come il Festival della Matematica che si è tenuto all’Auditorium di Roma a marzo, chiamandolo “una sagra della porchetta” o “uno spettacolo circense”, solo perché vi hanno partecipato umanisti come Dario Fo o Nicola Piovani. Naturalmente, non sono cosí ingenuo da non capire che ciò che dà fastidio in quei nomi è la loro appartenenza politica. Se comunque Israel o altri collaboratori del Foglio hanno da proporre premi Nobel o premi Oscar italiani di destra che mi sono sfuggiti, me li segnalino: il prossimo anno inviteremo anche loro. Ma non dimentichino nel frattempo che al Festival c’erano altri due premi Nobel scientifici, uno dei quali il famoso John Nash del film “A beautiful mind”, due medaglie Fields e altri matematici del calibro di Andrew Wiles: cioè, il meglio che si può trovare sulla piazza. E infatti, a parte Israel e compari, l’hanno capito tutti: dalle 53.000 persone che hanno affollato l’Auditorium in quei giorni, ai giornali che hanno pubblicato non solo servizi di ogni genere, ma persino le lezioni magistrali di matematici come Alain Connes, Michael Atiyah e Douglas Hofstadter, con un’attenzione per la matematica mai vista prima. A proposito di divulgazione, due degli articoli citati sbandierano una frase (la stessa, in entrambi i casi) tratta da una mia rubrica su Le Scienze dello scorso marzo, come supposto esempio della mia incompetenza matematica o letteraria (o entrambe), chiamando i lettori a testimoni della sua incomprensibilità. Ma se anche tutti dicessero che “non ci hanno capito nulla”, come l’articolista afferma essere stato il caso di un fisico sperimentale un po’ tonto e di qualche suo collega, evidentemente della stessa risma, che cosa dimostrebbe l’esperimento? La frase è tratta da una rubrica specialistica (di matematica) che tengo su una rivista specialistica (di scienze): la maggior parte delle citazioni della rubrica e della rivista farebbero lo stesso effetto su un pubblico non specialistico come quello di un quotidiano, e l’unica conclusione che si può trarre è la prevenuta malafede di certi attacchi, che non potendosi appigliare a niente, si appigliano appunto al nulla.
Non sto a commentare un ultimo problema che sembra assillare i suoi collaboratori, e cioè come sia mai possibile che il sindaco Veltroni mi abbia affidato l’incarico di organizzare il Festival di Matematica, e mi abbia voluto come candidato nelle liste del nuovo Partito democratico: mi limito a ringraziarlo della fiducia accordatami, e ad assicurare a lui, che probabilmente non se ne preoccupa, ma anche a lei e ai suoi collaboratori, che invece ve ne crucciate, che non appena questa fiducia venisse meno, mi ritirerei in buon ordine.
Spero comunque di averle dimostrato che la definizione da lei data ieri della mia attività, come di un “digrignar di denti” e uno “scomporso condursi, e incivile, di un polemista che cerca gloria nell’impiccagione in effigie dei suoi contradditori [?]”, sia stata dettata dalla sua ignoranza dei miei argomenti e dei miei modi. Ma se cosí non fosse, me ne dispiaccio, e la ringrazio cordialmente in ogni caso.

Piergiorgio Odifreddi

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