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lunedì 1 ottobre 2007

No, non è la BBC.

Far dimettere i rappresentanti ulivisti del cda significherebbe lasciare la Rai al centrodestra. Il consigliere risponde a Travaglio.


(Carlo Rognoni - L'Espresso) Caro direttore, Marco Travaglio scrive di Rai. E si capisce che non è molto addentro alle leggi, alle procedure e ai tempi parlamentari. Nella sua rubrica 'Signornò' mi ha invitato a dimettermi per primo dal cda della Rai, dando il buon esempio. Per cui devo ai lettori de 'L'espresso' una risposta. Travaglio ha un ritaglio di giornale del 6 ottobre 2005 che riporta una mia dichiarazione: il governo cambi subito i criteri di nomina del cda e stacchi la spina che collega le segreterie dei partiti al servizio pubblico. Lo scrivo e lo dico da sempre. E ne sono assolutamente convinto anche oggi.

E allora? Perché resto al mio posto? Travaglio cerca maliziosamente di far capire che non solo non sono coerente ma evidentemente sono attaccato alla poltrona. Perché oggi, scrive, "l'Unione ha la maggioranza, può far dimettere i suoi cinque consiglieri, sciogliere il cda e seguire il modello Bbc, o Zapatero". Mi interessa aiutare quelli che hanno letto Travaglio a capire come stanno i fatti. Che succede se mi dimetto io? Se nessun altro si dimette, vengo sostituito da un voto in Vigilanza con un altro consigliere. Si intende forse che tutti e quattro i consiglieri di maggioranza si dimettano. Già, e allora resterebbe un presidente con quattro consiglieri di centrodestra. Non credo che sia quello che vuole Travaglio.

Dovrebbe dimettersi anche il presidente. Il quale è a quel posto perché votato da più dei due terzi della Vigilanza. Non può quindi essere il governo a far dimettere Petruccioli. Certo il presidente non potrebbe ignorare un invito esplicito del governo Prodi a dare le dimissioni. Ma sia chiaro che non è il governo a poter imporre alcunché a chi è stato indicato dal Parlamento. Si dà il caso però che una società per azioni non può essere lasciata senza guida. E allora, se il presidente e i quattro di maggioranza se ne vanno, a governare la Rai restano i quattro del centrodestra. Presidente pro tempore diventerebbe per anzianità Giuliano Urbani.
Fumisterie? Ammettiamo allora l'impossibile, che i quattro del centrodestra si dimettano anche loro. Bene! Fin che vige la legge Gasparri, toccherebbe alla Vigilanza votare sette nuovi consiglieri, al governo nominare un consigliere indicato dal Tesoro. Dulcis in fundo il Tesoro dovrebbe indicare un presidente che poi dovrebbe avere i due terzi dei voti in Vigilanza. Visto lo scenario politico, c'è qualcuno dotato di buon senso che può ipotizzare tempi stretti?

Come se ne esce? Con una nuova legge. Quella proposta dal ministro Gentiloni va sostanzialmente bene. Questo cda scade a maggio 2008. C'è il tempo per fare in modo che la nuova legge sia approvata prima. Ci sono le condizioni politiche? Certo che no se si comincia a disquisire sul fatto che la Fondazione voluta da Gentiloni nasce comunque con troppi politici (sei su undici consiglieri). Non va bene? Si può sempre emendare in Aula. Ma attenzione! A volte pensando di fare il meglio, si fanno solo danni. A dar retta a quello che scrive Travaglio, pensate che cosa sarebbe successo se non avessimo accettato esponsabilmente di partecipare al primo cda voluto dalla Gasparri. Scrive infatti il Signornò: "Ds, Dl e Rifondazione, anziché tenersi fuori delegittimando il metodo Gasparri, si accontentarono del piatto di lenticchie: 4 poltrone su 9". Quello che non dice è che grazie alla presidenza Petruccioli le elezioni 2006 hanno potuto svolgersi con il massimo rispetto della par condicio. Quello che poi non dice è che il cda fatto anche di quelli che "si sono accontentati di un piatto di lenticchie" ha fatto tornare Michele Santoro su RaiDue. E consente a Travaglio di collaborare tutte le settimane a questa Rai. Che sicuramente va riformata e migliorata! Ma questo è un altro discorso.

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