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martedì 2 ottobre 2007

La legge anti-violenza che fine ha fatto?

Il decreto da dieci mesi fermo alla Commissione giustizia. Bloccato da uno schieramento trasversale.

(Anna Tarquini - L'Unità) Se il decreto contro la violenza sessuale fosse già legge forse nessuno avrebbe dovuto leggere la storia di Sara, uccisa con un pugno in testa dopo anni di persecuzioni da parte di chi si sentiva rifiutato. Non l’avrebbe letta nessuno perché la nuova normativa voluta dal ministro Pollastrini e da dicembre 2006 in discussione alla Commissione Giustizia preveder questa nuova fattispecie di reato. Ma quella legge è ferma al palo. Anzi, rischia di non trovare mai la strada maestra perché c’è chi vuole fermarla. E non è solo l’opposizione a disseminare mine: anche all’interno della stessa maggioranza c’è chi preferirebbe scorporare alcune norme troppo avanzate - come ad esempio quella che prevede il reato di stalking o tutta quella parte di norme che riguarda la prevenzione e l’accompagno delle vittime di abusi sessuali - e procedere in via spedita all’approvazione delle sole norme che prevedono un inasprimento delle pene. Dopo un anno di lavori a rilento l’ultima seduta della Commissione presieduta da Pisicchio ha fatto accendere la spia: troppe norme estranee, il testo di legge si occupa di troppe altre cose. Come ha affermato Paolo Gambescia dell’Ulivo: «...la Commissione deve scegliere se trattare della violenza sessuale ovvero del contenuto del disegno di legge governativo, che va ben oltre il tema della violenza sessuale, disciplinando altri ed eterogenei fenomeni di violenza e prevaricazione che, probabilmente, dovrebbero seguire un percorso autonomo...». Si riferisce forse Gambescia alla Bindi, che ha imposto nel ddl l’iserimento di un reato per proteggere gli anziani dalle truffe. Ma non solo questo.

Il là, la pietra dello scandalo, è la norma che punisce come aggravante l’omofobia e l’odio di genere. Scoppia in agosto, il primo agosto. Parte della commissione è per scorporare questi reati dal pacchetto antiviolenza, l’arcigay lo denuncia. Ma non sono solo queste nuove regole e non è solo l’opposizione a fare ostruzionismo. L’obiettivo è quello di scorporare il ddl antiviolenza in tre per dare precedenza alle norme penali e affiancare, in un iter indipendente che dovrebbe poi procedere con le norme sull’omofobia, anche tutte le innovazioni che riguardano la prevenzione, l’accompagno della vittima. Le norme che - appunto - dovrebbero contribuire a cambiare la cultura da dove nasce lo stupro e la violenza contro le donne.

Così scorporato il terzo pacchetto antiviolenza porterebbe con se ad esempio l’obbligatorietà da parte delle amministrazioni locali di fare campagna di informazione e sensibilizzazione, il registro dei centri antiviolenza, l’assistenza sanitaria alle vittime, il sostegno sociale con protezione e supporto anche economico la dove fosse necessario. E ancora l’equiparazione dei maltrattamenti familiari alla violenza e l’estensione di questi reati anche per chi coinvolge i minori e per chi li sottrae portandoli all’estero. Sarebbe stralciato anche l’articolo 612 bis che punisce «chiunque ripetutamente molesti o minacci qualcuno in modo da turbare le sue normali condizioni di vita». Se qualcuno avesse deciso che il reato di atti persecutori dovesse essere costituito e regolamentato in fretta Sara Washington forse avrebbe potuto denunciare il suo molestatore che la perseguitava da tre anni. C’è però chi non vuole questa legge che per la prima volta affronta in maniera organica l’intero tema della violenza e degli abusi sessuali. Di ieri l’ultimo appello di Barbara Pollastrini: «La Finanziaria segna passi importanti per le donne. Abbiamo scelto di mettere al centro del confronto due grandi capitoli: quello per i diritti umani (con la richiesta precisa di un investimento per il contrasto alle molestie e alle violenze contro le donne), e la conferma dei finanziamenti per le azioni contro l’infibulazione e la tratta. Su questo fronte la risposta è stata positiva. Ora cerco un sostegno bipartisan».

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