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sabato 23 agosto 2008

Pdl: scene da un patrimonio.

Silvio Berlusconi, Raffaele Lombardo e Gianfranco Fini

(Carlo Puca - Panorama) Lo Statuto, la costituente, la leadership. Ma i soldi, la vile pecunia? Ufficialmente la questione è marginale. Eppure se ne parla, eccome, tra i fondatori del Popolo delle libertà, il nascente partito unico composto dai due giganti Forza Italia e Alleanza nazionale e da nanetti vari (quel che resta di democristiani, socialisti, repubblicani, radicali e liberali di centrodestra, più il movimento di Alessandra Mussolini). E però, per dirla alla Shakespeare, “nulla può andare male se viene insieme ai soldi”. Già, ma i denari chi ce li mette?

Arriviamo così al paradossale. Secondo la bibbia del lusso, la rivista americana Forbes, Silvio Berlusconi è l’uomo più ricco d’Italia e il 51esimo nel mondo con un patrimonio pari a 11,8 miliardi di dollari. Ma con circa 110 milioni di euro di saldo negativo, il suo partito, Forza Italia, è il più indebitato d’Italia (se si escludono i 180 milioni dei Ds, partito ormai virtuale, perché confluito nel Pd). Al punto che il Cavaliere, per evitare il default, ha garantito al tesoriere Rocco Crimi fideiussioni personali per 75 milioni di euro. Inoltre, Forza Italia è priva di un quotidiano di partito, mentre la brambilliana Tv delle libertà ha chiuso i battenti da poco più di un mese. Né il partito possiede immobili: tutte le sedi dei 4 mila circoli sono in affitto. Nessuna esclusa.
Gianfranco Fini, invece, ha dichiarato per il 2007 un reddito di 147.814 euro, inferiore, per dire, a quello del leader comunista Fausto Bertinotti (233.195 euro). Eppure la sua creatura, Alleanza nazionale, non ha debiti. Anzi, ha chiuso il bilancio in pareggio e vanta proprietà immobiliari invidiabili: circa il 30 per cento delle 14 mila sezioni, più case e palazzi, talvolta di lusso, sparsi in tutta Italia. Stando al racconto del senatore Franco Pontone, segretario amministrativo di An, “le sedi sono nostre perché fino agli anni Novanta nessuno affittava locali al Movimento sociale ed eravamo costretti ad acquistare per poterci diffondere in modo capillare in tutta Italia”. Il risultato? An ha costituito una immobiliare che proprio a causa della fusione con Forza Italia sta catalogando le proprietà del partito. Sul mercato immobiliare, quello vero, non segnato a bilancio secondo i parametri del catasto, i beni di An valgono almeno mezzo miliardo di euro. Un tesoretto niente male.
Poi c’è il Secolo d’Italia, il quotidiano di partito. Il deputato bolognese Enzo Raisi ne ha rimesso a posto i conti su mandato di Fini. A Panorama dice: “Con la fusione, il giornale ha la grande occasione di diventare il quotidiano di opinione del centrodestra, sulla falsariga dello stile di Foglio e Riformista”. Non solo: “Vogliamo affiancare al giornale una casa editrice per produrre libri e dvd di area”. Ma il Secolo rimarrà in mano ad Alleanza nazionale? “In queste settimane stiamo ragionando su una struttura societaria capace di allargare l’area degli azionisti. Sia chiaro però: a nuovi azionisti devono corrispondere soldi freschi”. Soldi azzurri, s’intende.
Dunque, è vero che sulla carta il Pdl sembra cosa fatta e finita, con numeri da paura: un potenziale elettorale superiore al 40 per cento, un capitale umano di 400 mila iscritti, una forza parlamentare di 273 deputati e 147 senatori. Ma non tutto è risolto. Nella riunione del 9 settembre si metteranno nero su bianco le decisioni prese il 18 agosto, anzitutto il rapporto percentuale tra Forza Italia (70) e An (30) nella dirigenza del nuovo partito. Ma restano aperte questioni vitali come quella del reggente o del comitato di reggenti e del tesseramento. Secondo Fi basta il reggente, secondo Alleanza nazionale ci vuole il comitato. E ancora: se non c’è il tesseramento, non ci sarà mai congresso vero. An, Fini e tutti gli altri sarebbero così condannati alla subalternità, vita natural durante. Magari rimettendoci pure gli immobili.
Una ipotesi che fa sobbalzare la vedova di Giorgio Almirante, padre fondatore della destra italiana. Donna Assunta, dall’alto del suo piglio di proprietaria terriera, così commenta il prossimo matrimonio, del quale non vorrebbe essere “né sensale né madrina”. Dice: “Forza Italia arriva a mani nude, le uniche proprietà sono personali di Berlusconi. An invece porta tante belle proprietà ereditate dal Msi. Proprio bella questa: per una volta faremo noi la figura dei ricchi dinanzi al Cavaliere”.
E invece no, An si sta cautelando. O Berlusconi mette mano al portafogli secondo il criterio del 70-30 (70 euro Fi, 30 An) oppure, in vista della fusione dei bilanci, prevista per atto notarile nel 2011, Fini punta sulla strada già intrapresa dai Ds al momento di confluire nel Pd. Riparare, cioè, il patrimonio del partito in una fondazione. Manca soltanto un dettaglio non secondario: quale fondazione?
Fini già presiede Farefuturo. I più audaci tra i suoi collaboratori vorrebbero piazzare qui i beni postmissini; altri, più romantici, in una fondazione ex novo di vago sapore almirantiano. Si vedrà.
Certo è che la manovra economica ha sottinteso un valore politico. Quando Italo Bocchino, Ignazio La Russa e compagnia chiedono, fin da ora, che il successore di Berlusconi sia Fini, recitano un discorso di chiarezza ai vari aspiranti leader: o comandiamo noi o dopo Berlusconi rifacciamo Alleanza nazionale. I soldi ci sono, insieme a giornali e casa editrice. Libro e tesoretto, partito perfetto.

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