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sabato 23 agosto 2008

Un autogol? L'Arcigay: perbenismo sullo steward morto.

La deputata del Pd Concia: quando riusciremo a chiamare le cose con il loro nome?
"Troppi silenzi sull'italiano e il compagno". Ma Galan: omofobia è parlarne.

(Gianni Fregonara - Il Corriere della Sera) Quali sono le parole per dirlo? Si doveva raccontare la storia personale di Domenico Riso (nella foto), lo steward siciliano morto nel disastro aereo di Madrid, insieme al suo compagno francese e al figlio di lui? I dettagli della nuova vita parigina, come riferita dal cugino dell'unica vittima italiana della sciagura, sono un fatto di cronaca o un'ingerenza inutile nella privacy di Riso, di Pierrick Charilas e di suo figlio Ethan?

Ad aprire il dibattito sono state le associazioni gay. Indignate non per i racconti ma per i silenzi e le omissioni sulla storia dello steward: «La vita di Domenico Riso è stata avvolta da una cortina di fumo tragicamente ridicola: quando questo Paese avrà il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome?», scrivono i vertici dell'Arcigay, in una nota firmata anche dalla parlamentare pd Paola Concia. E non solo. Si scandalizza per il motivo opposto il governatore del veneto Giancarlo Galan (Pdl), che considera «omofobo» mettere la lente sulla vita di Riso: «Sono ripugnanti le cronache pubblicate da alcuni giornali penosamente impegnate a dare il massimo risalto al fatto che Domenico Riso fosse in viaggio assieme al suo "compagno". Che pena per un giornalismo così scadente e morboso».

Le reti tv hanno scelto di non raccontare nulla. «E' tabù in Italia parlare di questo tipo di famiglie», si lamenta il radicale Sergio Ravasio, segretario dell'Associazione Certi Diritti. I giornali hanno usato diversi toni e termini: delicatezza, vista la situazione tragica? «Ipocrisia», accusa il presidente di gaynet Franco Grillini: «Amico del cuore», «un amico», hanno scritto i più. «Compagno», ha scritto il Corriere in prima pagina. La storia è stata anche ignorata o «omessa», da alcuni quotidiani. Quelli francesi che hanno dato la notizia della morte di Pierrick Charilas e di suo figlio Le Parisien e L'Équipe fanno un solo fugace cenno alla presenza di «un amico italiano, di cui non si hanno altre notizie»: per il resto raccontano il dolore dell'ex compagna di Charilas, che è una celebrità sportiva nazionale. Ecco che cosa ne pensano i lettori, che si sono divisi sulla scelta di raccontare la storia: «Il Corriere è stato l'unico giornale nazionale a trattare con rispetto la memoria di Riso descrivendo le persone con cui viaggiava come "il compagno e il figlio di tre anni" invece di nascondere la loro identità con formule generiche », scrive un lettore. «Ma come si possono scrivere certe cose sulla vita privata di una persona appena deceduta? Questa è informazione???», protesta un'altra mail. «Dopo la tragedia in Spagna, ho dovuto notate l'arretratezza del nostro Paese, il modo triste con cui alcune testate hanno cercato di evitare il discorso dell'omosessualità di Domenico», scrive un collega che lo ha conosciuto.

Angelo Pezzana, storico animatore della libreria Luxemburg di Torino, non getta la croce sui giornali. Sta scrivendo un libro in cui affronterà anche il tema della difficoltà di trovare le parole per definire «l'identità omosessuale»: «Senza un riconoscimento giuridico delle coppie gay non si riesce a codificare una realtà che sarebbe accettata in gran parte della società italiana. I termini usati dai giornali non sono tanto offensivi quanto indicativi dell'arretratezza linguistica del nostro Paese ». Pezzana ricorda infatti: «Persino nel mondo della moda non si riesce a definire senza ipocrisie il compagno di Valentino o l'identità di Armani, e per Versace si seppe del suo compagno solo dopo la morte...».

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