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lunedì 30 giugno 2008

Impronte ai rom, Maroni non retrocede e chiede più controlli.

impronte

(Panorama) Nessun passo indietro sulle impronte digitali per i bambini nomadi. Anzi, il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, va avanti spedito e chiama al Viminale i tre prefetti di Roma, Napoli e Milano - nominati un mese fa commissari all’emergenza - per catechizzarli sulla linea da seguire. Nel mirino il prefetto della Capitale, Carlo Mosca, che nei giorni scorsi si era dissociato dall’indicazione del ministro.

Sulle impronte, ha spiegato Maroni, si sono scatenate polemiche “totalmente infondate, frutto di ignoranza, nel senso di scarsa informazione, o di pregiudizio politico: in entrambi i casi sono polemiche che non mi toccano e non mi faranno retrocedere neanche di un millimetro”. C’è, ha ricordato: “Un’emergenza nomadi definita dal precedente governo che noi vogliamo affrontare e risolvere, naturalmente nella salvaguardia di tutte le norme di diritto italiano, europeo e internazionale, ma vogliamo affrontarla e risolverla una volta per tutte. Deve finire” ha ribadito “l’ipocrisia per cui sono tutti a favore dei bambini però tutti accettano che i bambini vivano in questi campi dividendo lo spazio coi topi”. Quanto al metodo, il ministro ha precisato che “noi interveniamo con la Croce Rossa, tutelando i diritti di tutti, ma vogliamo sapere chi c’è, chi abita le nostre città, chi abita le nostre regioni e chi ha diritto di stare e chi non ha diritto di restare”.
Per questo, ha convocato al ministero coloro che questa linea la devono applicare concretamente, cioè i tre commissari delegati. A presiedere la riunione Giuseppe Procaccini, il capo di Gabinetto del ministro, che ha ricordato ai prefetti - in particolare a Mosca - che l’ordinanza di nomina affida loro il compito di identificare i nomadi, anche i minori, “attraverso rilevi segnaletici”, come le impronte digitali appunto. Il prefetto di Roma, pochi giorni fa, aveva invece detto che “così come non si prendono le impronte digitali per il passaporto ai minori italiani, così non si vede il motivo per cui bisogna farlo con i bambini rom”.

Dichiarazione che, naturalmente, non è piaciuta a Maroni, il quale ha chiesto a Procaccini di convocare i prefetti per stabilire una linea comune tra le tre città, in modo da evitare posizioni discordanti come quella di Mosca.
La riunione è durata circa due ore e Mosca ha avuto modo di spiegare il suo punto di vista. Al termine, il Viminale ha fatto sapere che si è trattato della “prima di una serie di verifiche periodiche, che ha consentito di mettere a punto una completa e condivisa linea tecnica nell’applicazione delle ordinanze”. È stato quindi rilevato che il censimento nei campi nomadi “sta procedendo regolarmente, secondo le indicazioni contenute nelle ordinanze, con l’obiettivo di riconoscere l’identità personale, anche a coloro che non sono in grado di dimostrarla, attraverso il ricorso alle tipologie di rilievo segnaletico necessarie, comprese le impronte digitali”.
E sostegno a Maroni è arrivato dal suo compagno di partito, nonché ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli. “Se rilevare le impronte per qualcuno può rappresentare una discriminazione” ha detto “io lancio una proposta: tutti i cittadini italiani si facciano rilevare le impronte”. Il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, ha definito l’iniziativa del ministro dell’Interno: “Sacrosanta. Meraviglia che qualche prefetto non conosca le leggi vigenti in Italia e in Europa, che impongono procedure di identificazione certa soprattutto dei minori privi di documenti e vittime di chi li manda a rubare”.

Critiche, invece dall’opposizione. “È un segno di barbarie” ha osservato l’europarlamentare del Pd Gianni Pittella “che il governo Berlusconi, a 70 anni dalle leggi razziali, decida che la questione rom si risolve prendendo le impronte digitali ai bambini”.

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