(Lampi di pensiero) Nel 2007 si è celebrato il 35 anniversario della nascita del movimento italiano per il riconoscimento e l’affermazione delle istanze e dei diritti delle persone che vivono un’affettività ed una sessualità soggetta a discriminazioni sociali, giuridiche e politiche.
Ho intenzionalmente abbandonato la “putrida” definizione di GLBT(etuttoilresto) poiché comincio a rifiutare questo approccio per categorie di minoranza. Questi problemi non sono solo della comunità glbt(etuttoilresto), ma di tutti coloro che a causa della propria affettività e della propria sessualità soffrono discriminazioni giuridiche, sociali, economiche e politiche. Giusto per fare un esempio, faccio riferimento ai diritti di affettività e sessualità per gli anziani, i portatori di handicap, gli intersessuali (altrimenti noti come middlesex), unigenitorialità, ecc. E’ quindi, spero, abbastanza chiaro che tali diritti e tali istanze appartengono solo in parte alla comunità glbt(etuttoilresto), poiché sono (o dovrebbero essere) in maggioranza appannaggio di tutti coloro che tali discriminazioni le soffrono indipendentemente dall’essere omosessuali, trans o bisessuali.
Ebbene, si diceva, 35 anni sono trascorsi e, andando al sodo, il movimento glbt italiano non ha ottenuto nessun risultato degno di rilievo sul piano economico e giuridico. Nessuno. Diversamente, sul piano sociale e del costume si possono registrare favorevoli progressi, seppur non si possa parlare di piena emancipazione, poiché la piaga dell’omofobia diffusa non ha ancora cessato di provocare vittime.
Per riassumere il senso delle affermazioni tranchantes che ho fatto, è opportuno vedere quali sono i principali fronti aperti e i relativi risultati:
- riconoscimento dei diritti di unione (matrimoniali o meno): è rimessa ai singoli Comuni la possibilità di istituire registri delle unioni affettive con alcune conseguenze sul piano pratico e giuridico (non sostanziali);
- introduzione dei reati contro la persona per motivi di discriminazione sessuale: non ce n’è traccia e non si prevede a breve che la materia sia regolamentata;
- genitorialità per le coppie omosessuali o per i singoli: non c’è;
- matrimonio omosessuale: la questione sembra definitivamente archiviata con un no che appartiene a quasi tutto l’arco costituzionale;
- supporto delle persone transessuali nel cambiamento di sesso: regolato, anche se con notevoli rigidità e inapplicabilità di soluzioni più leggere.
Questo è il succo. Vuol dire che il movimento ha fallito? No, semplicemente che deve continuare a muoversi, a costruire presenza politica e rivendicazione. E lo dovrebbe fare seguendo questo direttrici:
- Coscienza e consapevolezza: non solo visibilità, ma comprensione del fondamentale ruolo sociale che possiede chi “non è nel coro”, quello di essere propulsore del cambiamento. Una volta si sarebbe detto “rivoluzionario”, oggi questa parola spaventa, ma il concetto è lo stesso. La società si muove se si innesca una dinamica di opposti che si confrontano, altrimenti si avvita su sé stessa e diventa conservatrice ed egoista e perde il senso del futuro.
- Solidarietà e cultura: lavorare per costruire una rete di solidarietà materiale e per costruire un interscambio culturale fra le numerose realtà territoriali costituisce un elemento essenziale di umanità. Senza solidarietà non si fa la politica, senza la cultura non si sa dove si va e alla fine non si cambia nulla.
- Vision: il movimento si deve costituire nazionale e con una prospettiva internazionale. La pur importante dimensione locale deve necessariamente trovare una sua collocazione estesa, coordinata e partecipata a livelli territorialmente più estesi. La politica dei Comuni non può determinare cambiamenti sostanziali, ma solo particolari e comunque difformi sul territorio, acuendo, piuttosto che risolvendo, la disparità fra uguali.
- Inclusione: i referenti sociali del movimento non possono essere solo i soggetti che appartengono storicamente all’area glbt(etuttoilresto). Occorre continuare ad estendere la rete e a rivolgersi a chi fa parte delle categorie interessate.
- Lobbying: molti parlano della necessità di fare lobbying. E’ innegabile che questo possa portare grandi risultati: il principale avversario che abbiamo (il tradizionalismo cattolico e religioso in genere) ne è un eccellente esempio. Ma non si parte dal lobbying, ci si arriva quando si può contare su una massa di persone che costituisce un referente economico o politico in grado di “muovere” denaro, voti o consenso. Tutto il resto sono chiacchiere.
Senza la pretesa di essere profetico, queste potrebbero essere delle “linee strategiche di azione” da cui far discendere programmi e attività coordinate e condivise. Magari sono discutibili, emendabili, da riscrivere, ma questo è un punto di partenza. O si discute da questi elementi oppure ci saranno altri 35 anni di risultati 0.
Nessun commento:
Posta un commento