(Giuseppe Morello - Affari italiani) Si fa fatica ad attribuire alle banche d’affari motivazioni etiche, risulta per questo inspiegabile la scelta di istituti come Credit Suisse, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch e Ubs di reclutare nell’area asiatica personale gay.
La cosa, ovviamente, non ci dispiace per nulla, anche perché contribuisce a sfatare il mito per cui essere gay comporta carriere professionali obbligate: parrucchieri, stilisti, ballerini, arredatori e poco altro. Il fatto però resta curioso, perché le banche non si sono limitate a dire “assumeremo i migliori senza discriminazioni”, ma si sono messe specificamente alla ricerca di gay e lesbiche.
È il caso di Lehman, che ha organizzato un evento all'Università di Hong Kong per reperire personale, invitando esclusivamente gay e lesbiche.
Ora, siccome è vero che gli omosessuali non hanno nulla in meno rispetto a chi pratica una sessualità “classica”, è anche vero che non hanno nulla in più. A meno che i manager delle banche non ragionino per banali luoghi comuni pensando che i gay “sono più sensibili”, che “sono più sinceri degli eterosessuali” e che magari saranno più gentili con i clienti e addobberanno lo sportello con deliziosi ninnoli colorati.
Forse gli stessi manager prendendo la decisione hanno concluso la riunione dandosi cameratesche pacche sulle spalle mentre ripetevano la vieta battuta: “Prendiamoli, è gente che sul lavoro si fa il culo”? E giù tutti a ridere. Resta comunque bizzarro che l’omosessualità, un tempo fonte di discriminazioni, in questo caso diventi addirittura un privilegio. Meglio così: consideriamolo una sorta di risarcimento.
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