banda http://blografando.splinder.com

venerdì 28 dicembre 2007

Tra uno scandalo sessuale e l'altro. Usa, un anno di incertezze.

Lo stallo politico nel Congresso, lo stillicidio di morti nei teatri di guerra, la precarietà nell'economia, la mancanza di un sistema sanitario per tutti, il fronte caldo dell'immigrazione: gli americani sanno che nei prossimi 12 mesi tutto questo potrebbe non cambiare e perciò, forse, già sperano e sono proiettati al 2009 e ad una nuova presidenza.

(Stefano Rizzo - Aprile online) Come sarà il 2008 negli Stati Uniti? Sarà un anno di incertezza e di attesa. Da molti anni l'opinione pubblica è divisa e indecisa su quasi tutto: sulla guerra, che ha voluto a grandissima maggioranza e adesso ripudia; sull'economia, che tira ma non produce frutti apprezzabili per la gente comune; sulla politica, che promette cambiamenti, ma non si capisce bene quali e in ogni caso sono di là da venire; sulla natura stessa della collettività nazionale, del patto di convivenza tra cittadini, che non si sa più se deve ispirarsi al primato della religione, come pretendono gli evangelici, o al primato della ragione, come vorrebbero i laici.

L'incertezza regna sovrana in economia e durerà ancora a lungo. Secondo gli esperti finanziari la crisi dei mutui seguita allo scoppio della bolla immobiliare provocherà effetti negativi su tutto il mercato finanziario e azionario ancora per un paio d'anni. Se il governatore della Federal Reserve Fred Bernanke non si pronuncia e si limita ad abbassare i tassi, l'ex governatore Alan Greenspan annuncia che ci sono probabilità di recessione al 50 per cento.
I consumi tirano, trainati dagli acquisti natalizi, ma l'inflazione ha raggiunto il livello allarmante del 4,3 per cento, il doppio di un anno fa, e minaccia i già bassi salari. Decine di migliaia di famiglie sono costrette a rinunciare alla propria casa perché non possono pagare i mutui. Quaranta milioni di persone continuano ad essere senza assistenza sanitaria e a rivolgersi ai pronto soccorso per le cure di urgenza. Il ceto medio (il 58 per cento dei cittadini) è quello più colpito e ha sempre più difficoltà a pagare l'assistenza sanitaria per la famiglia e l'istruzione superiore per i figli. I poveri stanno sempre male, dal momento che il reddito del quintile più basso è aumentato in tre anni di soli 200 dollari (senza contare l'inflazione). Mentre i ricchi stanno sempre meglio: nello stesso periodo l'uno per cento più ricco della popolazione ha aumentato il proprio reddito di quasi 500.000 dollari. E questo grazie alla "riforma" fiscale voluta dall'amministrazione Bush nel 2003 che ha detassato i dividendi e i redditi da capitale, cosicché quell'uno per cento più ricco paga al fisco il 19 per cento del proprio reddito contro il 32 per cento di tutto il resto della popolazione.

Se l'economia sta male, la politica non sta meglio. I democratici hanno vinto le elezioni congressuali dell'anno scorso, ma non hanno la maggioranza per battere l'ostruzionismo sistematico dei repubblicani (il GOP, il Grand Old Party -il partito repubblicano- è stato ribattezzato il Gran Partito Ostruzionistico) e tanto meno per contrastare il veto presidenziale. Il risultato è la paralisi legislativa. A fine dicembre neppure il bilancio dello stato è stato approvato. I democratici hanno dovuto rinunciare ad attuare il loro programma di aumento delle spese sociali, e il loro ambizioso piano di risparmio energetico. Volevano fermare la guerra e fare tornare a casa i ragazzi, ma si sono dovuti acconciare a votare stanziamenti sempre maggiori per le truppe e per la "difesa".

Ma neppure Bush riesce più a fare molto. Aveva promesso all'inizio del suo secondo mandato grandi riforme - immigrazione, sicurezza sociale- per lasciare un segno della sua evanescente presidenza, ma ha dovuto rinunciare per le divisioni interne nel suo partito. Ormai si limita a porre o a minacciare il veto sulle proposte della maggioranza: spese di guerra, spese sociali, piano energetico, assistenza sanitaria per i bambini, lotta all'AIDS. In politica estera sta cercando di riconvertirsi a posizioni più dialoganti, ma i risultati delle timide aperture sul riscaldamento globale a Bali o della conferenza per la pace tra israeliani e palestinesi ad Annapolis si vedranno - se si vedranno - tra un paio d'anni.

C'è poi, ad aumentare l'incertezza e la disaffezione dell'elettorato, il capitolo corruzione. In questi ultimi anni gli Stati Uniti sono stati squassati da scandali finanziari, il fallimento di grandi e potenti società, come la Enron, la Worldcom, la Tyco, che foraggiavano il partito repubblicano; da scandali politici, come quello Abramoff-DeLay, che hanno messo in luce, ammesso che ce ne fosse bisogno, l'intreccio corruttivo tra le lobby economiche e il potere politico. I democratici avevano promesso di fare pulizia, ma a tutt'oggi si sono limitati ad una modesta legge che vieta ad un ex parlamentare di fare attività di lobby prima di due anni dalla fine del mandato.

Sul piano dei "valori morali", sui quali i repubblicani, spalleggiati dal mondo evangelico, avevano fondato la loro strategia di vittoria, il marasma è totale. Non solo gli scandali sessuali (omosessuali) che hanno coinvolto influenti parlamentari repubblicani (Mark Foley, Larry Craig) campioni dell'omofobia, ma anche la Chiesa cattolica (i numerosi e costosissimi processi per pedofilia) e perfino organizzazioni collaterali come i Boy Scouts of America. Da ultimo la fobia sessista dell'amministrazione ha ricevuto due duri colpi, consistenti l'uno in una lettera di un gruppo di generali che chiedono che finisca la discriminazione contro gli omosessuali nell'esercito, l'altro in un rapporto del National Health Institute che rivela come sia completamente fallita "la strategia dell'astinenza" propagandata a suon di centinaia di milioni dall'amministrazione, dal momento che nel 2006, per la prima volta in molti anni, le ragazze madri (sotto i 18 anni) sono aumentate del tre per cento.

Quanto alle due guerre, che tutti considerano ormai perdute, quella in Iraq e quella in Afghanistan, l'elettorato preferisce non pensarci più. Mentre qualche mese fa la guerra era al primo posto nelle preoccupazioni della gente, oggi viene considerata ancora un problema importante, ma molto meno rispetto ad altri più pressanti, come l'economia, l'assistenza sanitaria e l'immigrazione. Il fatto è che le polemiche hanno stancato tutti (e in questo la strategia di Bush di "tenere duro" ha funzionato). Ci sono state denunce di atrocità, denunce di torture, violazioni della costituzione, rivelazioni ogni giorno più sconvolgenti. Ci sono state condanne, inchieste parlamentari, sentenze della Corte suprema, ma nulla è cambiato. I democratici, timorosi di apparire antipatriottici, si sono rassegnati ad aspettare. I repubblicani non ne parlano, eccetto per ripetere la litania della "grande guerra globale al terrorismo", cui nessuno più crede (la preoccupazione per il terrorismo dopo sei anni senza attentati è scesa agli ultimi posti nelle preoccupazioni comune).
La famosa "surge" (montata), l'aumento delle truppe, ha prodotto in Iraq qualche risultato nel diminuire gli episodi di violenza e contenere le perdite americane, ma l'opinione degli esperti è che si tratta di un fenomeno transitorio, risultato di una tregua tra le varie fazioni sciite e sunnite, che sono pronte a riprendere le ostilità non appena gli americani se ne andranno. In ogni caso, se stabilizzazione ci sarà, sarà molto lontana dagli obbiettivi magniloquenti di "democratizzazione del Medioriente". In Iraq sarebbe già un successo avere un regime autoritario che mantenga un tappo sulla violenza in un paese spaccato in tre. Quanto all'Afghanistan, dopo sette anni di combattimenti i talebani controllano larga parte del territorio e la situazione in termini di sicurezza e di consolidamento delle istituzioni è semmai peggiorata.

Possono gli americani aspettarsi qualcosa di nuovo dalle elezioni, una svolta nella vita politica? Forse sì, ma certamente non prima del 2009 inoltrato. Per tutto il 2008 continuerà la campagna elettorale iniziata già da un anno. Per la prima parte del 2008 continueranno ad affrontarsi con toni sempre più acrimoniosi i candidati dei due partiti per conquistare la nomination che sarà formalizzata nelle convenzioni di fine agosto-primi di settembre. Poi ci sarà la campagna elettorale vera e propria che terminerà - forse- con le elezioni del 4 novembre, a meno che anche questa volta non ci sia uno strascico di polemiche, contestazioni, e ricorsi alla magistratura. In ogni caso volerà fango a palate, non diversamente da altre elezioni, ma forse di più quando i repubblicani si renderanno conto che stanno per perdere e i democratici che potrebbero non vincere.

Per tutto questo periodo in ogni caso continuerà la situazione di stallo nel Congresso, lo stillicidio di morti nei teatri di guerra, la precarietà nell'economia. Gli americani sanno (o dovrebbero sapere) che nei prossimi 12 mesi non avranno una legge sull'immigrazione che regolarizzi o decida qualcosa per i 12 milioni di immigrati clandestini; sanno che non ci sarà una riforma sanitaria che assicuri un minimo di assistenza a chi non ce l'ha; sanno che non ci sarà un piano energetico che riduca i consumi di petrolio e l'inquinamento e che metta sotto controllo il prezzo della benzina e del gasolio da riscaldamento; sanno, o dovrebbero sapere, che la criminalità rimarrà ai livelli più alti del mondo civile e che 30.000 uomini, donne e bambini moriranno a causa dei 200 milioni di armi da fuoco in circolazione. Sanno che tutto questo e molto altro non cambierà per tutto il 2008 e quindi, probabilmente, vorrebbero che il 2009 arrivasse presto.

Sphere: Related Content

Nessun commento: