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venerdì 28 dicembre 2007

Le "cure" per guarire dall'omosessualità. La lettera del Prof. Tonino Cantelmi che difende il suo operato.

«Nessun pregiudizio o terapia "forzata". Solo professionalità per chi chiede aiuto».

(Liberazione) Caro Davide,
sarebbe bastata una richiesta di intervista e ti avrei spiegato tutto, senza che nascesse questa inutile caccia alle streghe (vedi quello che dichiara Mancuso sulla base delle tue affermazioni).
Mi spiace ma, permettimi di dirlo, l'articolo è davvero squallido: forzature, anche nel linguaggio, falsità, deformazioni della realtà, ironia sulla sofferenza, danno un quadro distorto della realtà. In questa sede mi preme comunicarti il dispiacere di chi, come me e come i miei collaboratori, lavorano con passione e con onestà. Ripeto, sarebbe bastata una richiesta di intervista (non mi sono mai sottratto alla stampa ed al dialogo): tutto avviene alla luce del sole. E' facile, forzando e storpiando la realtà, ridicolizzare le persone, ma oltre che non rispettoso, è anche oltraggioso per professionisti che ogni giorno lottano contro la sofferenza con tutto se stessi. Non riconosco alcune affermazioni che mi attribuisci, trovo che alcune frasi hanno un linguaggio che non mi appartenga e che decontestualizzate assumano significati persino opposti. Mi sembra che trattiamo tutti i pazienti con rispetto e dignità. Alcune tue affermazioni sono del tutto false, come avremo modo di dimostrare. Ho trovato poi davvero offensivo le illazioni su terapie "forzate" su minorenni: abbiamo dati per disconfermare tali illazioni e per mostrati quanti ragazzi (non c'entra l'omosessualità) ci consultano per il disagio che vivono (vorrei farti notare che i pazienti con omosessualità, che mi contattano per vari motivi, sono davvero la minoranza) e che invece nessun minorenne ha avuto accesso a terapie "forzate".
Quell'articolo nel complesso offende me, i miei collaboratori ed i pazienti. Mi auguro che tu voglia anche tranquillizzare Mancuso: non ci sono persecutori, nè "psicosantoni fanatici" (basterebbe leggere i libri e le pubblicazioni scientifiche che ho fatto), nè ultracattolici e non c'è alcun pregiudizio, ma solo la voglia di aiutare chi chiede liberamente aiuto. Infatti persone omosessuali che richiedono il nostro aiuto e non intendono mettere in discussione il loro orientamento sono accolti, rispettati ed aiutati rispettando la loro dimensione valoriale e la loro scelta. Sono sicuro che un gran numero di persone omosessuali che ho avuto in terapia potranno confermarti il rispetto per le loro scelte. Come ti ho ben chiarito nei nostri colloqui, diamo aiuto e sostegno anche a coloro che vogliono invece verificare aspetti inerenti la loro omosessualità, senza avere alcuna preclusione ed adottando percorsi terapeutici ben accetti dalla comunità scientifica. Non ritengo corrette un mucchio di cose da te scritte, che ti saranno contestate in modo adeguato. Tuttavia, poichè spero nella tua onestà intellettuale, mi attendo una rapida ed onesta valutazione da parte tua di questa mia richiesta di rettifica, anche dando alla stessa il rilievo pari al tuo articolo.
Professor Tonino Cantelmi

Gentile Professor Cantelmi,
per rigore professionale pubblichiamo la lettera da Lei inviataci. Per quanto mi riguarda, ribadisco di aver raccontato fedelmente quello che ho vissuto in quei sei mesi provando a mettermi nei panni di chi si sente dire che la propria omosessualità può essere "riparata" anzichè accettata e vissuta con serenità. Ma il Medioevo, è noto, fatica a lasciare alcune "coscienze" del nostro Paese.
Davide Varì

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1 commento:

Unknown ha detto...

«Il presidente dell’Arcigay ascolti i miei pazienti»
Articolo pubblicato su Avvenire del 10 gennaio 2008-01-10 di Tonino Cantelmi
Difficile non condividere quanto recentemente affermato dal presidente nazionale dell’Ordine degli psicologi Giuseppe Luigi Palma, che invoca il rispetto per i codici valoriali dei pazienti che consultano uno psicoterapeuta e pone un altolà a discriminazioni di ogni genere. Difficile però leggere questo a senso unico e titolare, come fa Liberazione, «l’Ordine degli psicologi condanna Cantelmi» (e invece fa solo un comunicato che ribadisce alcuni principi a mio parere indiscutibili). Al di là dell’attacco strumentale e dal tono chiaramente intimidatorio, non avrei difficoltà neanche a sottoscrivere quello che afferma Mancuso, presidente dell’Arcigay, che in un altro precedente editoriale terminava anche con un passaggio omeletico in cui ricordava a me la misericordia di Dio. Il fatto: una presunta inchiesta di Liberazione riportava la vicenda di un giornalista che mi chiede, sotto mentite spoglie, aiuto e che poi strilla che quel medico cattolico e clericale lo voleva 'curare'. Inchiesta smentita nel dettaglio, grossolana, incompleta, strumentale. Da ciò nasce il caso, montato ad arte: esistono in Italia reti clandestine (davvero?) cattoliche di terapeuti che fanno terapie forzate ai gay. È inutile smentire ancora, si rischia di essere ripetitivi. Intanto riparte il tam tam mediatico con blog, siti, agenzie, ecc… Rinuncio a ristabilire la verità, ma raccolgo l’invito di Mancuso ad una discussione (pacata e serena mi auguro). E allora: quali sono i temi in gioco? Anche se ritengo che discussioni più tecniche vadano rimandate nelle sedi appropriate (quelle del dibattito scientifico), provo a semplificare, sperando che nessuno voglia strumentalizzare quello che dico.
Primo: nessuna terapia 'riparativa'. Da tempo sostengo che il termine 'riparativa' sia ideologico, come quello 'affermativa'. Esiste la terapia, secondo modelli convalidati scientificamente, ed esiste la domanda di psicoterapia. Esiste il lavoro di decodifica del terapeuta ed esiste il consenso del paziente. Si può discutere di questo?
Secondo: nessuna diagnosi di omosessualità. Questo non vuol dire non prendere in esame quella che l’ICD-X (cioè il sistema di classificazione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) chiama 'sessualità egodistonica' e la comprende nella categoria 'Psychological and behavioural disorders associated with sexual development and orientation'. Attenzione! L’ICD-X (il più ufficiale e recente sistema di classificazione) chiarisce che ciò vale per tutti: eterosessuali ed omosessuali e specifica che «l’orientamento sessuale da solo non riguarda questo disturbo». Sottoscrivo e credo che questo possa mettere a tacere ogni speculazione. Nessuna omofobia. Vogliamo mettere in discussione l’ICD-X? Si può fare, attiene alla ricerca scientifica, ma al momento questa è la posizione ufficiale dell’OMS.
Terzo: rispetto dei codici valoriali del paziente. Ottimo, ma anche questo vale per tutti. Che debbo rispondere alla lettera di denuncia che proprio oggi mi giunge da un uomo della Basilicata che si dice 'violentato' perché il suo terapeuta lo pressa per la separazione coniugale che invece contrasta con i suoi valori più profondi? Ne vogliamo parlare? Davvero nessuno ha mai preso in esame le lamentele di pazienti che aderiscono con convinzione a movimenti ecclesiali e che sono profondamente turbati da terapeuti che non rispettano il loro codice valoriale?
Quarto: la presunta neutralità del terapeuta. Innumerevoli studi metodologici ed epistemologici dimostrano che il terapeuta non è neutrale. Sostenerne la neutralità è semplicemente antiscientifico. E allora: non è forse più etico (ma direi semplicemente onesto) dichiarare le premesse antropologiche ed i presupposti epistemologici che sono dietro ogni modello terapeutico? Questo mi sembra un punto su cui debba essere promossa in Italia una ricerca autentica.
E infine: è vero, ho invitato Mancuso a passare con me una settimana, nel mio studio, per verificare se sia stato giusto prestarsi ad una operazione mediatica di linciaggio così, a mio parere, ingiusta. Rinnovo l’invito e alzo il tiro: potrà accedere, con il permesso dei pazienti, all’agenda degli appuntamenti, allo scambio di mail, alle innumerevoli telefonate, agli sguardi ed alle sofferenze dei pazienti stessi, insomma a tutto il lavoro svolto.