Si può dire tutto degli Stati Uniti, ma non che quando decidono di fare una cosa non la facciano in grande e con profusione di mezzi. Lo stesso vale per le campagne a sostegno dei diritti civili.
Il caso più recente è la proposta ribattezzata Enda, Employment Non-Discrimination Act, cioè una legge sulla non discriminazione nei posti di lavoro, che aiuti a prevenire le discriminazioni basate su sesso, genere e orientamento sessuale.
A sostegno di questa campagna, il Congresso degli Stati Uniti si è visto recapitare una lettera firmata da una coalizione di piccole e grandi imprese, fra cui 52 grossi calibri dell’economia mondiale, che già al loro interno applicano norme non discriminatorie. È impressionante leggere l’elenco di queste aziende che si impegnano con il proprio nome e marchio a sostegno dei diritti civili. Lo fanno per ottenere un ritorno di immagine, è chiaro, ma menomale che lo fanno.
Si parla di nomi come Coca Cola, Bristol-Myers Squibb, Chevron, Google, Yahoo, Microsoft, General Motors, Gap, Nike; e colossi della finanza da Merrill Lynch a Morgan Stanley a Bank of America. Un po’ come se in Italia chiedessero una legge a tutela dei dipendenti lgbt tutti i grandi dell’economia, da Fiat a Eni, Enel, Telecom Italia, Vodafone, Trenitalia, Finmeccanica, Unicredit e l’intero gotha dell’economia.
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