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martedì 22 gennaio 2008

Shangay: essere gay in Cina.

(Pasquale Quaranta e Iqbal Rustom via Sferalab) I differenti punti di vista si ritrovano nel sostenere che la Cina abbia conosciuto un’evidente trasformazione dei costumi grazie allo sviluppo finanziario ed economico degli ultimi anni. Kenneth Tan, titolare della boutique “manifesto”, parla di una vera e propria “metamorfosi” quando confronta la realtà odierna con quella di soli cinque anni fa. Malgrado questo progresso folgorante, la vita di molti gay e lesbiche a Shanghai, nel caso specifico, è soffocata dalla pressione sociale e dall’opinione pubblica.
Ma c’è una forte volontà, da parte dei giovani omosessuali cinesi, di essere liberi, come dimostra questa interessante indagine (vedi il video).
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Le due facce della medaglia

Due gruppi di persone si esprimono in questo video: da un lato troviamo gli adulti della generazione precedente. Essi hanno difficoltà ad esprimersi sul tema dell’orientamento omosessuale, talvolta sono evasivi, talvolta perplessi. Si può sottolineare la loro ignoranza sull’argomento (considerano l’omosessualità una malattia) ed è evidente l’ancoraggio di queste persone a un sistema dato di norme fisse e immutabili, un sistema permeato da omofobia ed eteronormatività (la convinzione che l’eterosessualità sia l’unica forma di sessualità “normale”). Ad una più attenta analisi si osserva che non è solo il dato generazionale ad influenzare le opinioni delle persone intervistate, ma anche l’interiorizzazione degli stereotipi derivanti da una cultura tradizionalista che fa breccia anche nelle menti più giovani. Dall’altro lato troviamo testimonianze di alcuni giovani che si esprimono con grande dignità: la ragazza lesbica e la coppia gay hanno l’aria di vivere con fierezza la loro sessualità, e fa tenerezza la testimonianza di uno dei due ragazzi, che afferma di sentirsi confuso rispetto al proprio stile di vita a causa dell’incomprensione della società in cui vive.

La speranza
Nella clip si sottolinea infine l’aspetto demografico della più popolosa città della Cina, che favorisce l’aggregazione di sempre più numerosi gay e lesbiche in bar e discoteche dedicate, o gay friendly: un’evoluzione favorita - secondo Peter Chorba, portavoce del gruppo lgbt (lesbico, gay, bisex e trans) di Shanghai - dalla presenza di molti espatriati che visitano per turismo e/o si trasferiscono stabilmente, magari per lavoro, nella cosiddetta “Parigi d’Oriente”. Che la Cina si stia pian piano (solo nel 2001 il governo ha tolto l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali) mettendo al passo con l’Europa nell’affermare una cultura delle differenze? C’è molto più di una semplice speranza negli occhi dei giovani omosessuali cinesi per sostenerlo

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