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martedì 22 gennaio 2008

Da spettro a ectoplasma: rivogliamo il Comunismo.

(Noantri) Uno spettro si aggirava per l'Italia: era lo spettro del Comunismo. Ripercorrendo gli ultimi due anni della vita politica del Paese è facile imbattersi in dichiarazioni allarmate da parte dei politici nostrani che denunciavano ricatti della sinistra radicale, ideologie vetero-marxiste contrarie al progresso, partiti con la falce e martello che volevano rifondare il comunismo. Oggi che il Governo Prodi è arrivato al capolinea, vorrei sapere che fine ha fatto questo spettro, quali danni ha arrecato al Paese e soprattutto quali risultati ha ottenuto. Perché bene o male, qualcuno che ha votato per la sinistra radicale, per l'ala sinistra di quelli che sono gli ormai sciolti Ds, per i due partiti con la falce e il martello, magari lo aveva fatto in buona fede, con la speranza di portare a casa almeno qualche conquista sociale.

Lo spettro che si aggirava per l'Italia, dopo un anno e mezzo di Governo, sembra ridotto a un ectoplasma innocuo come lo Slimer dei Ghostbusters. L'Italia è l'unico Paese dell'Europa Occidentale dove non esiste più un partito di sinistra - non arrivo a dire comunista - che pesi. E i dirigenti delle fazioni citate sopra devono assumersi le loro responsabilità. Divisione ideologiche e livori personali tengono ancora separate due formazioni come quella di Rifondazione e del PdCI. Gli orfani dei Ds che non hanno aderito al Partito Democratico restano in vita in Sinistra Democratica che probabilmente la maggior parte dei cittadini con diritto di voto non sa nemmeno che esiste, il progetto de La Sinistra, quella che a sentire Mussi poteva contare su oltre 150 parlamentari, è sprofondato sotto l'Arcobaleno del ridicolo simbolo che è stato scelto. E poi dopo due-tre settimane di "nuovo soggetto, nuovo partito, federazione, soggetto aggregante, associazionismo dal basso, comunicazione orizzontale", oggi - di questa Sinistra che non c'è - non se ne parla proprio. Il futuro politico del Paese ha una certezza: la sinistra non esiste più.

E in nome di cosa? Di una fedeltà alla causa che ha permesso a questo Governo di portare avanti le stesse politiche di quello precedente, di rafforzare nuove corporazioni centriste e alleanze trasversali che un anno e mezzo fa ci avrebbero fatto sorridere (vero Uòlter?). I lavoratori sono stati lasciati soli nelle contrattazioni per i rinnovi dei contratti. Ieri dopo nove mesi è arrivato quello dei metalmeccanici, ma il merito va solo a loro e ai sindacati. E non certo a quelli confederali. I Pacs - poi Dico, poi Cus - sono scomparsi. Però i voti degli omosessuali e di tutti quelli che credono nella libertà di scelta hanno fatto comodo. Così come i voti dei giovani che speravano di votare un Governo contrario alla precarietà del lavoro.

Inutile ricordare i tanti bocconi amari mandati giù dall'elettorato di sinistra, perennemente accusato di volere il ritorno di Berlusconi: dall'Afghanistan, alle dichiarazioni sulla Legge 194, alla gestione dell'emergenza rifiuti, fino alla polemica con Benedetto XVI, ultimo capitolo di una sempre più pressante presenza dello Stato Vaticano nei laici affari del Paese. Oggi, in pieno caos post-Mastella (uno di quelli che pesava più degli oltre 150 parlamentari) il Governo è in ginocchio. Probabilmente l'Udeur, dopo le dichiarazioni di appoggio esterno, presenterà una mozione di sfiducia. Insomma, manco la soddisfazione de fallo cascà da sinistra. Almeno una volta ci chiamavano irresponsabili. Ma sempre con la coscienza pulita.

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