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martedì 22 gennaio 2008

Roma. Liceo diviso per Moccia e Bova. "Diseducativi" "No, niente scandalo".

Al Giulio Cesare la proiezione del film "Scusa ma ti chiamo amore". Discussione con i protagonisti in aula.

(Cecilia Gentile - La Repubblica, edizione di Roma) Liceo classico Giulio Cesare, per 120 fortunati studenti, quanti ne entrano nell´Aula Magna, al posto delle lezioni in classe c´è la proiezione di "Scusa, ma ti chiamo amore", da venerdì prossimo nelle sale, tratto dall´omonimo libro di Federico Moccia, che ha anche diretto il film.
Non è una scelta casuale il luogo dell´anteprima: è qui che sono state girate molte scene di questa storia d´amore tra un pubblicitario quasi quarantenne e una studentessa di 17 anni, alla vigilia degli esami di maturità. Atmosfera in ebollizione. C´è Raul Bova, idolo delle ragazzine, c´è la protagonista femminile, Michela Quattrociocche, che scatena le tempeste ormonali dei maschietti. E c´è una rumorosissima protesta degli studenti esclusi dalla proiezione, che per mezz´ora urlano e fischiano nel cortile della scuola finché non sono rispediti in classe, loro malgrado.
Contestazione fuori e polemica molto accesa dentro. Perché subito dopo la proiezione arriva l´intervento censorio del giornalista dell´Avvenire, Paolo Stocchi, che attacca la preside: «Il film non doveva essere proiettato a scuola, è altamente diseducativo, racconta una storia d´amore tra una minorenne e un quasi quarantenne ai limiti della pedofilia». La preside, Carla Sbrana, si sa difendere: «La politica della scuola la determina solo la scuola e non lei». E ancora: «Chi si arroga il diritto di decidere cosa è educativo e cosa no? Non entro nel merito del film di Moccia, ma i ragazzi devono essere abituati ad ogni esperienza culturale. Nella mia scuola tutti hanno la possibilità di esprimere le loro opinioni, saranno la classe dirigente di domani, devono sviluppare uno spirito critico».
E i ragazzi, sollecitati dai giornalisti presenti nell´Aula Magna, non si fanno problemi a dire la loro, con naturalezza. «Il segreto di Moccia è che in fondo ci riconosciamo nelle sue storie e nei suoi personaggi, per questo ci piace», dichiara Matteo della I A. «Il film m´è piaciuto. È una commedia carina, che parla di noi, della maturità che a breve dovremo affrontare, delle questioni amorose che fanno parte della nostra vita», gli fa eco Marco Valerio, sempre della I A. «Ma per carità - interviene Federico della IV A - noi non siamo così. I ragazzi di Moccia vengono fatti passare per degli sciocchi assoluti. Non mi ci riconosco e non mi ci voglio riconoscere». «Non ho mai letto un libro di Moccia e me ne vanto - aggiunge Licinia della II H - Non che il film sia brutto, è una commediola carina. Ma non è vero che nel sogno di ogni ragazza c´è solo l´amore disperato. In questo caso, poi, la storia tra una diciassettenne e un quasi quarantenne non regge proprio. I miei genitori hanno dieci anni di differenza e già sono al limite». «Io non ho mai avuto una storia con un uomo così grande e non conosco amiche con storie del genere - dice Beatrice della II A - la storia è inverosimile». La compagna di banco, Emanuela, aggiunge: «Non sono una fan di Moccia e non lo ritengo proprio un guru dei giovani, però il film è carino».
«La differenza d´età non è un grosso problema - interviene Raul Bova - le diciassettenni di oggi sono molto più mature di una volta, così come i quarantenni di oggi sono meno adulti di un tempo. L´amore lo vedo privo di confini. La storia di Federico Moccia è solo profondamente romantica, un sogno, una favola raccontata come parlano i giovani». Anche l´autore dice la sua: «Sul blog del mio sito - racconta Moccia - ci sono tanti ragazzi che testimoniano situazioni simili alla storia. Volevo anche raccontare i miei trentasettenni, le loro difficoltà a consolidare i rapporti di coppia, in balia di matrimoni che vacillano».

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