(Edmondo Berselli - L'Espresso) Sono anni che non si sa più che cosa dire del Festival di Sanremo. Questa volta, giunti alla cinquantottesima edizione, e alla tredicesima conduzione di Pippo Baudo, secondo Festival nell'era del centrosinistra con tanti saluti a Povia (l'uomo dei bambini che fanno oh e del piccione che fa uh), abbiamo provato a recensire interpreti e canzoni prima di averli ascoltati. Proprio così, prima. Un Sanremo a prescindere. Basterà attendere la settimana fatale del Festival per valutare se l'operazione di giudizio preventivo era troppo distante dalla realtà. Cioè per giudicare se i vecchi e i giovani leoni della musica leggera italiana hanno tenuto fede alle aspettative. Intanto, ecco le recensioni: prendere o lasciare.
Little Tony 'Non finisce qui'. Rieccolo il vecchio leone, l'emulo nazionalpopolare di Elvis, il compare giovanile di Adriano Celentano, con il suo tipico ruggito. Fin dalle prime battute si sente il ritmo di 'Cuore matto', nonché qualche traccia melodica di 'Riderà'. "Non finisce qui-i, no no non finisce qui-i", e siamo per incanto all'ombra del ciuffo, nello stile che si colloca fra "la spada nel cuore" e "bada bambina già signorina sei". Musicalmente, 'Non finisce qui' è quel che è. Un po' prevedibile il ritornello, un po' scontata la strofa, l'arrangiamento così così, ma insomma, Little è sempre Tony, e viceversa. Voto: 6.
Loredana Bertè 'Musica e parole'. Nuova provocazione di Loredana, che osa presentare a Sanremo una canzone fatta di musica e parole, una innovazione assoluta per la Riviera dei fiori. Non abbiamo parole, e forse neanche musica: stupefacente. La Bertè tuttavia, a dispetto di chi le vuole male, infila un vero capolavoro popolare, con una melodia che si situa fra Enrico Ruggeri e Ivano Fossati, evitandoli. Non potrà puntare al primo posto, e forse neanche al podio, perché le casalinghe la detestano, ma la vecchia leonessa ruggisce ancora. Nella melodia c'è un sentore di anni Settanta e Ottanta, richiamati dalla voce graffiata di Loredana. Echi di 'Il mare d'inverno', tracce di 'E la luna bussò'. Con un po' di coraggio si poteva intitolare la nuova canzone 'Non sono una signora'. Voto: 9.
Eugenio Bennato 'Grande Sud'. Giù il cappello di fronte al ruggito del vecchio leone della musica tradizionale. Quando parte l'invocazione, o l'evocazione, 'Grande Sud', è difficile non avvertire gli echi emozionanti della 'Tammurriata', unita alle tracce della tradizione che si deposita nella melodia come nel ritmo. Le parole "Grande Sud, Grande Sud" richiamano alla memoria i sedimenti di Mediterraneo e Oriente accumulati nella grande cultura meridionale. Ed è suggestivo l'accompagnamento della canzone, con le voci femminili all'unisono, i tamburelli, gli strumenti tradizionali come il clavicombolo, il cetrancolo e il pizzicagnolo, che lasciano nella memoria il commovente riscatto di una lingua e di una sonorità. Voto: 7.
Toto Cutugno 'Un falco chiuso in gabbia'. Il ritorno di Cutugno era atteso, e bisogna ammettere che il vecchio leone della canzone-popolare-all'italiana-ma moderna-e-aperta-ai-nuovi mercati non tradisce le aspettative. Già l'immagine del rapace chiuso in gabbia è fortissima e molto nuova (molto meglio il falco dello scontatissimo canarino), ma ciò che impressiona è la musica: in cui si sentono echi di Celentano e si avvertono tracce dello stesso Cutugno. 'Un falco' è una canzone fatta con tre accordi, ma si sa che Toto ha sempre sostenuto che il genio produce capolavori popolari con "gli accordi del barbiere". Certo, si nota l'assenza di una ouverture new age firmata Ludovico Einaudi, o almeno Giovanni Allevi (inoltre la copertina del disco non è firmata da un artista come Wainer Vaccari). Ma quando parte il pianoforte e dopo alcune battute entrano i violini, molti penseranno: effettivamente Cutugno ha bucato la mia vita. Senza voto
Gianluca Grignani 'Cammina nel sole'. Era attesissimo anche il ritorno di Grignani dopo le note traversie (e anche quelle ignote); e bisogna ammettere che il giovane leone del post-battistianesimo non tradisce le aspettative. Il verso "Cammina nel sole, se vuoi, tu lo puoi" ricorda per certi aspetti una canzone semidimenticata che cominciava dicendo: e se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante, e concludeva volando fra boschi di braccia tese. Gianluca riesce a fare sentire echi di 'Il nostro caro angelo', ma al secondo ascolto si avvertono anche tracce di quel pezzo che diceva: bevendo un brodo caldo, che follia. Trattasi di un tipico pezzo melodico moderno, con influssi rock e una chitarra che fa il verso ad Alberto Radius. Grignani è maturato, e da idolo delle ragazzine si candida a esponente adulto del pop nazionale: difficilmente potrà candidarsi alla vittoria, perché le casalinghe odiano anche lui, ma di sicuro la sua canzone sarà fra le più gettonate (sempre ammesso che qualcuno trovi ancora dei gettoni). Voto: 6.
Mietta 'Baciami adesso' e Amedeo Minghi, 'Cammina cammina'. L'ex coppia diabolica del trottolino amoroso non ha avuto la forza di ricomporsi. Mietta presenta una canzone molto anticonvenzionale, con quel verso stupefacente, "Baciami adesso, baciami subito, baciami stupido", che rappresenta una innovazione assoluta, con echi dell'America negli anni Cinquanta-Sessanta, e tracce dei giovani leoni Allen Ginsberg e Jack Kerouac. Non è una canzone, è un urlo, un blues che si stende 'on the road'. Il vecchio leone Minghi invece inanella una sua tipica melodia: se Grignani cammina nel sole, Minghi cammina e basta, accompagnato dal suo suggestivo pianoforte, in un brano quasi senza batteria, assimilabile per certi versi a una ouverture new age di Ludovico Einaudi (anche se Minghi suona decisamente meglio, solo sui tasti neri, con un tocco migliore e un'intensità irripetibile, da vero trottolino della tastiera). Voto: 10 a Mietta, 5 a Minghi.
Sergio Cammariere 'L'amore non si spiega'. La sua canzone rappresenta uno dei vertici del Sanremo 2008, perché lo stile di Cammariere contamina generi e tendenze con una capacità onnivora. Si avvertono in questo artista echi del vecchio leone Paolo Conte e tracce di quella sonorità jazzy che potremmo far risalire fino al miglior Bruno Martino (e anche al Bruno Martino qualsiasi, magari). Candidato al premio della critica, sempre ammesso che Baudo mantenga in vigore questo riconoscimento, Cammariere questa volta ha scritto una canzone semplice, accattivante, per rivolgersi al grande pubblico: bisognerà vedere se il grande pubblico lo ascolterà, perché il grande pubblico se ne fotte degli echi bluesy e delle tracce jazzy (se per caso li sente, cambia canale). Voto: 7.
Tiromancino 'Il rubacuori' e Max Gazzè, 'Il solito sesso'. Attenzione, la multiforme band del giovane leone Federico Zampaglione potrebbe sbancare Sanremo. Perché lo stile è come al solito sofisticato, ma questa volta 'Zampa' è riuscito a infilare echi e sonorità popolari, che grazie all'influenza della sua compagna Claudia Gerini richiamano il miglior Renato Zero (e anche il Renato Zero normale), con finalmente una ouverture new age alla Ludovico Einaudi. Invece Max Gazzè propone una canzone ideologica: 'Il solito sesso' è una tipica filastrocca alla Gazzè, in cui il bravo cantautore si lamenta per un erotismo diventato abitudinario. Max è bravo e divertente, ma non sembra in grado di scalare le vette della classifica (in certi momenti la sua canzone sembra un madrigale secentesco, in qualche passaggio ci sono echi e tracce di Rino Gaetano: il pubblico potrebbe restare disorientato). Voto: bene bravi.
Gli altri Bene tutti gli altri, a partire da Frank Hi Enrg. Benissimo, Anna Tatangelo, guagliona favorita per via delle tragedie di Napoli, con una canzone intitolata evocativamente 'Il mio amico' (parla di gay, genere melodico-progressista, tendenza ovviamente trash). E anche Fabrizio Moro, quello che l'anno scorso sbancò il settore giovani con il rap impegnato contro la mafia intitolato 'Pensa': con 'Eppure mi hai cambiato la vita' punta al grande successo. Anche perché la sua canzone contiene echi e tracce: "Mi hai cambiato la vita" non può non ricordare "Hai bucato la mia vita" di Celentano. Occorrerà controllare se c'è un'intro new age di Einaudi o di Allevi. Se c'è, allora non ce n'è per nessuno.
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