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giovedì 24 gennaio 2008

Tutti a casa. Cronache marziane dal Senato: Voto di fiducia tra battute e svenimenti.

(Panorama) Lo diciamo con rispetto, sia chiaro. Ma i forzati del Senato, da giorni nell’occhio del ciclone, da ore chiusi a Palazzo Madama per decidere le sorti di Prodi (e del Paese), starebbero cominciando a dare i numeri.

Sì, insomma si sente di tutto, aggirandosi in queste ore nelle stanze del Palazzo. Voci, spesso surreali e inconsapevolmente comiche, ovviamente anonime, che bene riassumono il quadro (umano, politico e istituzionale) che nel Palazzo sta via via prendendo forma.
Per esempio, ci sono due senatori siciliani che alla buvette si punzecchiano in rigoroso dialetto siculo: “Hai mangiato troppo e ora come farai a non addormentarti, con Prodi che parla?”. Risposta: “Farò come fai sempre tu: cercherò di tenermi sveglio leggendo i giornali”. A proposito di pranzi e portate. Chi ha assistito a quello dell’ex ministro Mastella (l’origine di tutti i mali prodiani) lo descrive come molto abbacchiato. Quasi ci stesse ripensando. Cioè? Vuol dire che entra in Aula, chiede scusa a tutti, abbraccia il premier, ridà il suo voto e riprende la sua poltrona in Via Arenula? No, non esageriamo… Ma pare che non direbbe di no a un Prodi bis (o ter). E i diniani? “Aho, se so’ spaccati pure quelli”, dice uno fuori dalla buvette. “Allora non è vero che è impossibile spaccare l’atomo”, risponde un altro. Non mancano poi ipotesi tra le più strampalate. Come quella che vorrebbe un Prodi pronto a dimettersi per varare poi un governo composto da soli dieci ministri con i “nemici” Mastella e Di Pietro come vicepremier.
Quando poi il premier entra in Aula, si soffia il naso, si schiarisce la voce e inizia il suo discorso, tra i banchi cala il silenzio, ma non è che lo spettacolo cessi. Anzi. Per esempio, si scopre l’esistenza di uno che ci ha ripensato per davvero. Si tratta del senatore Nuccio Cusumano che dissociandosi dall’Udeur, sta per dire che darà il suo contributo alla fiducia. Ma non riesce nemmeno a finire il suo intervento, visto che il collega Tommaso Barbato (anche lui del Campanile) lo apostrofa così: “Pezzo di m… ora vengo a prenderti…”. E piomba in Aula, causando lo svenimento del “traditore”.
E poi la scena di Fisichella. L’ex di An (ed ex Margherita), ricevuta la parola dal presidente Marini (per dire il suo no alla fiducia) perde i fogli del discorso. Con il microfono aperto, resta seduto al suo posto e continua a frugare nella borsa. In un crescendo di concitazione e imbarazzo. Fino a quando lo stesso Marini lo tranquillizza: “Cerchi, cerchi con calma, noi aspettiamo”. Perché la crisi dura da otto giorni, ormai. E qualche minuto in più non cambia molto.

Nemmeno per Prodi, che (ma questa è realtà, non fantascienza) nel suo discorso dice letteralmente: “Vi chiedo la fiducia assicurandovi che sono ben consapevole che il governo stesso dovrà rafforzare le sue capacità decisionali, snellire le sue procedure, migliorare la sua resa, forse ridefinire le sue strutture e la sua composizione”. Tradotto: un rimpasto. Ci mancava questa ulteriore ipotesi, nella ridda di interpretazioni, a alimentare una giornata di puro delirio parlamentare.
Nuccio Cusumano, dopo aver detto in aula che voterà la fiducia al governo Prodi ed essere stato aggredito verbalmente dal capogruppo dell’Udeur al Senato Tommaso Barbato, si sdraia tra i banchi colto da malore


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