Ndr. Pubblichiamo questo areticolo in quanto sottoscriviamo parola per parola ed anche noi come Andreas, domenica non ci saremo.
(Il blog di Andreas Martini) Domenica prossima alla commemorazione di Alfredo Ormando non ci sarò.
Chi mi consoce può immaginare che questo gesto per me non sia dovuto a problemi contingenti, impegni improrogabili o al morettiano dilemma. Non ci sarò per scelta.
È il decimo anniversario del suo suicidio in Piazza San Pietro e per questo, lo so, sarebbe ancora più importante partecipare, ma non lo farò.
La commemorazione di Alfredo Ormando non è mai stata centrale per il movimento GLBT, ma negli ultimi anni ho sempre cercato di esserci: perché da quando ho scoperto la sua figura e il suo gesto, l’ho sentito molto vicino a me, giovane studente ancora alle prese con il difficile percorso d’accettazione, complicato proprio da una ancora fervente fede cattolica.
Una vicinanza, dicevo, che ho sempre voluto dimostrare con la partecipazione alla commemorazione nella piazza antistante il Colonnato di San Pietro. Per me era simbolico esserci, aldilà dei numeri, aldilà della visibilità della manifestazione stessa.
Ora sono stanco. Stanco di partecipare a manifestazioni deprimenti e per pochi intimi (per usare un eufemismo). Stanco perché quest’anno, che ricordo di nuovo è il decimo anniversario della morte, un sit in, che a conti fatti è il solito pro forma non è più, per me, tollerabile. Si pensa già e solo alla manifestazione del 15 marzo, l’ennesima – per quanto possiamo vedere noi semplici membri della comunità – organizzata per l’idea di qualcuno, lanciata prima ancora che altri potessero proporre altre idee. Arcigay (e pochi altri) propone, se gli altri vogliono sostengono.
L’importanza della ricorrenza, la delicatezza del momento storico, la necessità di essere continuamente visibili, di entrare nel dibattito pubblico e di farci conoscere e far conoscere la storia del nostro movimento e dei singoli personaggi, avrebbe dovuto prevedere una manifestazione più forte, organizzata, partecipata.
Molti, anzi la stragrande maggioranza, non sanno nemmeno chi sia Alfredo Ormando. A loro per primi va fatta conoscere la nostra storia.
La colpa di questa diffusa lacuna non è di nessun’altro se non di chi la sua memoria ed il suo ricordo non li hanno saputi mantenere vivi, eccezion fatta per il preziosissimo, ormai scomparso, Massimo Consoli. Mi auguro, a questo punto, che non tocchi a lui lo stesso oblio!
Per altre manifestazioni, più politiche e quindi contingenti, a cui si teneva di più, si è partiti con molto anticipo, sapendo che per muovere più gente è necessaria un’organizzazione pianificata e preventiva. Per fare due soli esempi: Diritto Ora e il Roma Pride.
Quest’anno come tutti gli altri anni Arcigay Roma si sta arrabattando per ricordare Ormando con qualcosa all’ultimo minuto. A poco servirà il dibattito collaterale su omosessualità e religioni, che prevedibilmente sarà desertico. A poco serve il richiamo formale di Fabrizio Marrazzo: “L'iniziativa per il decennale della sua morte sarà una grande occasione di confronto e di crescita culturale”. Parlare di grande occasione è pura ipocrisia quando si è fatto poco per fare in modo che fosse tale.
La memoria di Alfredo richiedeva e meritava, già negli altri anni, qualcosa di più. Si può non condividere il suo gesto, ma non si può nascondere che è stato un precursore dei tempi: chissà cosa avrebbe fatto in questo periodo di recrudescente omofobia cattolica; chissà cosa sta pensando ora che ci guarda incapaci di contrastarla.
Proprio su queste pagine con i primi editoriali del 2008 si discute e ci si interroga sulla definizione di movimento, sulla sua reale e concreta presenza. E di conseguenza su queste stesse pagine si è trasposto il dibattito asfittico tipico delle associazioni GLBT, con l’unica differenza che qui a farlo sono singoli militanti o cittadini: ci si accusa reciprocamente di mancata coerenza, si denigra chi si affaccia con timidezza all’impegno per la comunità, si millanta una presunta, e non meglio specificata, superiorità di chi ha partecipato a tutte le manifestazioni o di chi usa il proprio nome o la propria faccia.
Ci si dovrebbe impegnare a far conoscere e ad unire per convincere anche chi, per varie ragioni, percorre lentamente sia il percorso sia di accettazione di sé, sia quello verso un impegno concreto e visibile all’interno del movimento e invece, ancora una volta, si sta sprecando tempo in un confronto, forse stimolante, ma tutt’altro che produttivo.
Chi andrà, farà la solita magra conta e sarà pronto a sentenziare la “vigliaccheria” di chi non c’era. Chi non andrà, vedrà come al solito, un movimento allo sbaraglio, un gruppetto sparuto di attivisti – che visti da fuori possono sembrare anche un po’ patetici. Percepirà un qualcosa che non lo attraeva prima e che continuerà a non attrarlo. Qualcosa che non lo spingerà a fare lo scatto in più: nulla spingerà il dubbioso a provare a sentirsi parte di un soggetto sociale più grande, unito, visibile. Forse perché questo soggetto sociale non esiste?
Esiste, invece. Ne sono convinto: basta riuscire finalmente e definitivamente a mettere da parte i propri interessi particolari e cominciare a lavorare per qualcosa che interessi tutta la nostra comunità.
Continuerò a lavorare per un movimento organizzato e unito, senza porgere il fianco a coloro che, stretti nella loro superbia e nel loro protagonismo, preferiscono andare in piazza e ergersi a giudici tra buoni e cattivi.
Contatemi tra coloro che non saranno in piazza, io sarò a onorare la memoria di Alfredo cercando di conoscerlo e cercando di farlo conoscere al numero maggiore possibile di persone. A partire da quelle che mi hanno appena letto e che, spero, incuriosite cercheranno qualcosa su di lui.
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