(Affari Italiani) Sera del 29 novembre. Su RAI 1 lo spettacolo di Benigni, che guardo per un po’. L’SMS di un’amica mi invita a spippolare il telecomando su RAI 2, dove c’è Santoro. Cambio canale. Sta parlando una prostituta transessuale brasiliana. Si intravedono Luxuria e la Mussolini. Il taglio della serata mi sembra davvero fuorviante, con quell’insistere sull’equazione “le transessuali sono tutte puttane”. E anche Luxuria, con il look sempre più da “zia snob”, non mi pare nelle condizioni migliori per dare battaglia. Decido di dedicare la puntata di “Generi” a un commento sulla trasmissione, ma il 30 novembre l’amica Tiziana mi precede con questo messaggio.
«Ieri sera ero un poco indecisa se leggermi un libro, come quasi ogni notte, o dare uno sguardo tra i molti canali dell’unica, variopinta, tv statale. Provando un po’ di simpatia per Santoro ho pensato al suo programma, ho visto chi era invitato, ho seguito due battute e sono poi migrata ad ascoltare, un po’ incantata, un mio compaesano che diceva cose che sentivo molto più attinenti e reali, anche se prendevano spunto da una storia scritta quasi mille anni fa. Io so cosa pensare della vita di strada, e specialmente conosco, perché ne faccio parte, un certo tipo di peccaminose venditrici di quella rapida avventura. C’è una vecchia storia di strade forzate, di scelte che non sono scelte ma necessità, una vecchia storia un po' triste forse». «Per colpa di quella vecchia storia, qui in Italia, da sempre, quasi ogni trans, vera, fatta e compiuta, vende sesso, nei modi più disparati. Poi c’è una storia meno antica, che racconta di grandi esodi da paesi esotici, affrettati saluti a miserie devastanti, in età quasi infantile, salpando per l’eldorado che un tempo era la porta accanto, ma che ora si è trasferito oltreoceano, tra piogge e nebbie, dicono. Di sicuro senza spiagge e samba ad ogni ora del giorno. C’è poi un fatto che è cruda realtà: in entrambe le storie si parla di marchette. Nel primo caso era quasi un esame di laurea, o meglio, il visto, l’unico ottenibile, per raggiungere mete ansiogene ma inevitabili».
«Nella seconda storia è l’incosciente voglia di avere tutto, la necessità, forse, di due pasti al giorno, ma anche di balocchi e profumi, la voglia di stare nelle soap opera di terza mano che un tempo vedevano in tv, tra un carnevale e l’altro, dentro sgangherate baracche. Queste nuove, sfavillanti venditrici non hanno regole, perchè nessuno le ha loro insegnate e forse perchè le necessità le farebbero comunque ignorare. Non hanno regole e senza regole si prendono quello che necessita, una strada, un lampione, l’attenzione un po’ affamata ed un po’ purulenta di chi passa e ripassa ed alla fine spende due lire o tre, poco importa, purché dia loro quello che cercano. E nella loro voglia di soddisfare ogni sete ed ogni fame, poco importa se le tette sono sempre più grosse, gonfiate da colleghe più anziane, in improvvisati beauty center in sudici scantinati».
«Poco importa se anche la vigilia di Natale se ne stanno nude sotto alberi pieni di palline colorate, luci e cantilene; poco, anzi niente, importa se dalle finestre la gente guarda in strada e le vede, se il bravo padre di famiglia o la seriosa madre urla contro il loro andirivieni becero a tarda notte. Loro urlano più forte, che una notte in questura non è niente rispetto a certe notti per strada, nei lontani paesi natali. E così ecco cosa è accaduto. Bravi professori e dotti studiosi hanno, pian piano, scritto una formuletta algebrica: quelle cose nude che sono contro ogni legge, anche di natura, si chiamano trans e fanno le puttane per strada, fanno sesso senza pensare, senza cautele e senza rete quindi, per una sciocca proprietà transitiva, tutte le trans sono da internare in un nuovo gulag o lager perchè portano la peste, rapiscono i bambini e disturbano il sonno della gente per bene. Non c’è più distinzione, non c’è più volontà di distinguere, non c’è più necessità di farlo. Tutte dello stesso sesso distorto e contro natura, tutte puttane, tutte drogate, tutte diaboliche untrici. Quindi tutte, indistintamente, al rogo. Dio saprà distinguere... A chi interessa spiegare che c’è chi è nata nel paese vicino, che è andata nella stessa scuola, che sedeva negli stessi banchi e che è cresciuta imparando regole e leggi di vita che ancora rispetta e c’è, invece, chi di tutto ciò nemmeno conosce l'esistenza?».
«A chi giova fare la fatica di distinguere quando è così facile caricare tutte sullo stesso vagone, e sperare che il viaggio sia di sola andata? È più semplice, più esaustivo e meno faticoso. Ma noi viviamo nella patria del diritto, noi siamo gente per bene, che si riempie la bocca di belle parole e dona l’otto per mille per la santa associazione che accoglie i profughi dell’est e salva le povere donne di colore: già troppa fatica, già troppo bene elargito per mettersi la coscienza a posto. Dopo le donazioni di fronte all’altare maggiore, c’è da preoccuparsi della salute dei figli, non sia mai che magari uno diventi come quegli scherzi della natura o giaccia con una di loro in un peccaminoso amplesso. Tutte ugualmente pericolose, senza distinzioni, senza passaporti né storie, solo impronte digitali da schedare per bene, solo una stella da cucire sulle oscene minigonne. In fondo, sotto la neve polacca, il gas sterminava ebrei, e nessuno si preoccupava se fossero italiani, polacchi, russi o tedeschi, violinisti o panettieri, dentisti o falegnami, erano ebrei. E questo era più che sufficiente».
«Anni di berlusconismo ci hanno abituati a pensare che il mercato detta le regole della vita, anche quella dell’impiegato o del meccanico, che si sudano un po’ d’aria, mensilmente, e la vorrebbero sufficientemente priva di miasmi. Ma chi sta sulla torre dove si contano le vendite ed i guadagni, nemmeno lo conosce quel fetore che, pian piano, fa perdere la ragione a chi vive ai piani bassi, o nelle cantine appena affittate. Ed allora gustiamoci la ristrutturata Luxuria, sempre più bella e sempre più donna, ovvio, con tutti quei soldi che guadagna schiacciando un bottone e luccicando in tv, che racconta la lezioncina ben appresa sui banchi del partito che le ha dato tutto quello che le necessitava, e la signora Mussolini che fa un po’ la rivoluzionaria ed un po’ la kapò, ovvero fa per benino il verso a suo nonno, e poi, ancora, la puttana brasiliana, truccata come quando va in strada, mancavano solo le tette al vento ed il culo pieno di silicone da poco, ben in vista».
«Domani notte, frotte di inesistenti sconosciute esotiche torneranno sulle loro strade a mostrare carne, a rubacchiare orologi o cellulari di arrapati clienti, a spacciare o tirare, è lo stesso, coca tagliata male. Altre persone, nate e cresciute nel silenzio ed un po’ nella vergogna, almeno antica, torneranno a cercare un treno che le porti verso un po’ di vivere civile ed un po’ di dignità, senza disturbare, senza pretendere troppo. Ma, in fondo, quanto queste genti siano diverse a chi importa?».
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