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domenica 11 novembre 2007

Vi racconto mio nonno Ernest Hemingway e le sue ambiguità.

Il nipote John ha scritto la storia della sua famiglia. Gli eccessi, l'alcol, una sessualità "bipolare" sotto la patina di machismo.

(Donatella Milani - La Gazzetta del Sud) «Non sono uno scrittore ma ho sentito il dovere di fare qualcosa per ristabilire una certa verità storica quando mio padre è morto, nel 2001, da trans, stroncato dalla stampa mondiale come la pecora nera della famiglia... ». John Hemingway ha lo stesso sorriso del celebre nonno Ernest, ma appare molto lontano dagli eccessi di una famiglia la cui storia è costellata da genio ma anche da alcolismo, depressione e suicidio.

Sposato ad un'italo-canadese conosciuta a Milano, dove ha vissuto per vent'anni «e dove – fa notare – è nato il primo Hemingway italiano, mio figlio Michael», John è arrivato a Perugia sulla scia della rassegna "Bagliori d'Autore", che in questa edizione era interamente dedicata al nonno, per illustrare i contenuti del suo libro "The strange tribe". «Un libro che trae il titolo da una frase che Ernest disse a mio padre Gregory, che a dieci anni venne sorpreso a Cuba mentre si provava i collant della madre Pauline Pfeiffer: "Gig, io e te apparteniamo a una strana tribù..."».

Suo padre è morto d'infarto a 69 anni mentre si trovava rinchiuso in un carcere femminile dopo una notte di eccessi finita con una passeggiata in strada senza vestiti. «Per questo il mio – spiega John Hemingway – è un libro di memorie sulla famiglia in cui cerco di evidenziare i lati oscuri di nonno Ernest ma anche in qualche modo riabilitare di fronte al mondo la controversa figura di papà. Il primo osannato come virile scrittore, l'altro troppo frettolosamente rimosso come depravato per le sue stranezze sessuali».

Certo è però che suo padre, dopo una vita in bilico fra cacce all'elefante, bevute epiche, battute di pesca e matrimoni, ha finito col decidere di sottoporsi ad un'operazione per cambiare sesso, facendosi anche impiantare un seno solo, come le Amazzoni. «Una figura solo apparentemente diversa da quella di Ernest, al quale in realtà somigliava molto – dice John – . Mio padre era in tutto e per tutto figlio di mio nonno, la cui personalità era assai complessa, poco riconducibile agli stereotipi maschili occidentali che gli sono stati affibbiati. Ho lavorato sodo per raccogliere del materiale anche inedito. Quando mio nonno si suicidò avevo 11 mesi, ma ho raccolto le confidenze di mio padre, e trovato carteggi inediti fra lui e Ernest».

Un libro per certi versi scandalistico il suo...
«Mio zio, l'unico fratello vivente di Ernest, lo ha trovato veritiero. Cerco solo di spiegare le ragioni di certi eccessi di famiglia, perché sono convinto sia giusto che i miei due figli sappiano come sono andate le cose».

Insinua l'idea che anche suo nonno fosse gay?
«No, anche se ho le prove che ha avuto almeno un rapporto omosessuale. Diciamo che aveva un modo di vivere la propria identità complesso e ambiguo, in cui accanto ad una spiccata parte maschile aveva un'altrettanto spiccata parte femminile. Una sorta di sessualità "bipolare". Forse questo deriva dal fatto che la mia bisnonna, delusa per non aver avuto un'altra femmina, vestì mio nonno fino a quasi sei anni con abiti femminili, con fiocchi nei capelli a boccoli come la sorella maggiore d'un anno. Credo che questa esperienza abbia lasciato una traccia profonda nella sua psiche, in bilico fra rigetto e attrazione. Il che risulta evidente, a mio avviso, ma anche la critica lo ha riconosciuto, in certi suoi scritti degli anni '30 o degli anni '50 come "Il Giardino dell'Eden", dove emerge una visione ambivalente della sessualità, o alcuni testi mai pubblicati che la dicono lunga sulla sua ossessione per una sessualità indifferenziata». E suo padre? «È sempre stato considerato la pecora nera della famiglia, ma in realtà somigliava molto a mio nonno. Nato nel 1931 dalla seconda moglie di Ernest, Pauline, risentì certo dell'atteggiamento di mio nonno che dopo due maschi avrebbe voluto una femmina; cosa che gli fece sviluppare una doppia personalità che lo portò sia ad essere macho come il padre che adorava, da cui i quattro matrimoni, gli otto figli, le battute di caccia all'elefante e la pesca d'altura, sia femmina per non sentirsi comunque rifiutato da lui».
«Mio nonno e mio padre – continua John – erano simili anche se vennero percepiti dagli altri come così diversi. La differenza sostanziale sta nel fatto che mio nonno, che era un grande artista, risolse le sue ossessioni interiori attraverso la letteratura, attraverso cui "esplorò" la sua parte femminile; mio padre invece, che era medico e che pure fu capace di grandi imprese mascoline, visse le sue contraddizioni fino ad incarnarle sul suo stesso corpo».

«Gregory però – conclude John Hemingway – in una cosa era diverso da Ernest: era il tipico eroe hemingwayano che sopporta fino allo stremo, una sorta di "Vecchio e il mare" in carne e ossa, mentre mio nonno cedette alla vita e si suicidò».

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