In platea Donna Assunta raggiante, per la Santanchè in arrivo il ruolo di portavoce.
Raggiante Teodoro Buontempo, in lacrime l´editore Ciarrapico.
All´ingresso del Cavaliere parte un "Duce, duce", che poi si trasforma in "Silvio Silvio".
(Carmelo Lopapa - La Repubblica) La fiaccola arde di nuovo, almeno nel simbolo stilizzato della "Destra" sullo sfondo azzurro-forzista che campeggia alle spalle del palco. Quella vera, enorme, stile olimpico, Teodoro Buontempo che qui tutti si ostinano a chiamare sempre "Er pecora", proverà pure ad accenderla, con un giornale arrotolato, ma resterà tristemente spenta. Presagio infausto? Macché. Francesco Storace è già lì alla tribunetta ad abbracciare con lo sguardo fiero i 3-4 mila (6 mila diranno gli organizzatori) che affollano il Palazzo dei congressi dell´Eur. Missione compiuta. E ora sventola raggiante le 20 euro che poco prima - come ognuno dei militanti venuti da tutta Italia - gli ha consegnato Daniela Santanché.
Eccola la sorpresa annunciata alla vigilia della kermesse, quell´«alto esponente di An, uomo molto noto e popolare» pronto a voltare le spalle a Fini per l´aspirante Le Pen italiano. «Che grande uomo sei, uno che le palle ce le ha e non di velluto» sarà il delicato complimento che il senatore le rivolgerà dal palco parafrasando l´altrettanto elegante frase della Santanchè sul Fini che ormai si circondava di colonnelli con quegli attributi, appunto, di velluto. E proprio in abito di velluto, un tre quarti rigorosamente nero su camicia bianca, l´ormai ex responsabile di D-donna di An si è presentata ai nuovi «fan» della Destra. È proprio lei, con tanto di marchio di fabbrica: tacco altezza 10. Dice «Sarà una grande avventura e io l´affronto con il coraggio di chi ci crede». «Hai avuto coraggio? No, il coraggio ci vuole a restare in An» la rincuorerà poi lui strappando l´ennesima standing ovation. La lettera di dimissioni l´ha recapitata a Gianfranco Fini solo in mattinata. Un finale annunciato, dopo molteplici scontri. Oggi l´atteso intervento, poi il ruolo di portavoce. La notizia non fa in tempo a rimbalzare fuori dal Palacongressi, che per conto del capo (silente) Fini è Ignazio La Russa, collega di scorribande nella Milano salottiera fino a non molto tempo fa, a liquidare l´abbandono con un laconico: «È un bene per noi, non ci perdiamo nulla, anzi ci dà più serenità». E lei che subito si sfoga: «Se avevo qualche dubbio, dopo le sue parole ho solo certezze».
Ma la Santanché finisce con l´essere la ventata di nuovo e perfino di glamour - ponte impensabile tra Storace "epurator" e il mondo del "Billionaire" - in un´arena che per il resto trasuda amarcord. E non è solo per quei «boia chi molla è il grido di battaglia», per il «Duce, duce» all´ingresso del Cavaliere che subito viene tramutato in «Silvio, Silvio» o per quelle braccia tese (neanche tante, per la verità) che, immancabili, scattano all´inno nazionale. O quando viene riesumato il canto «Il domani appartiene a noi» della "Compagnia dell´anello". È l´atmosfera nel suo insieme, diciamo, che crea l´effetto "nostalgia". Tutti in piedi mentre scorrono le strofe «La terra dei padri, la fede immortal/nessuno potrà cancellar», Berlusconi compreso. Poco più in là, l´editore Giuseppe Ciarrapico in occhiali scuri e la vecchia guardia Msi Antonio Rastrelli. Mentre sul maxischermo scorrono le immagini del pantheon destrista: Ezra Pound e Giovanni Gentile, Gabriele D´Annunzio e perfino un neo "arruolato" Papa Ratzinger. Ma è quando compare Giorgio Almirante che il viso di Donna Assunta si riga di lacrime. C´è pure lei in prima fila, altro fiore all´occhiello dell´assemblea costituente. «Qui sei a casa tua» le può urlare dal palco. E lei, ossequiata con baciamano, fotografata ben più della Santanché, a casa si sente per davvero. «Quanto entusiasmo - commenterà alla fine - Sono contenta per Francesco. Ma la destra si riunirà, quando sarà il momento». Benedisce la "Destra", ma non è venuta certo a prendere le distanze da An, «la grande mamma di ciascuno di noi», come la chiamerà Storace. E siccome tra i cori e l´entusiasmo caciarone del Palazzo, neanche a dirlo, aleggia soprattutto l´ombra di Fini e della sua vita privata catapultata di nuovo nel gossip, Donna Assunta confessa: «L´ho sentito cinque giorni fa, ma che attendesse un figlio non lo sapevo, gli farò gli auguri». Ha tradito, azzarda dal palco Buontempo. «Mai malediremo il fascismo» urla Storace invece evocando lo "strappo" di Gerusalemme dell´allora ministro degli Esteri. I suoi erano venuti fin qui per ascoltare proprio quello. Standing ovation. Porte chiuse alla Turchia in Europa, sarà l´altro motto di successo. Gelo quando un esaltato gli fa eco dal loggione: «E anche ad Israele». E no, questo no. Perché "epurator" lo è stato per davvero, il senatore, raccontano. Nel senso che ha voluto e ordinato che si facesse piazza pulita di croci celtiche e pericolose rievocazioni, prima dell´inizio. L´ambizione è un partito da 150 mila adesioni, roba seria. Pulizia, dunque, ma «mai maledire il fascismo».
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