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lunedì 19 novembre 2007

Storytellers, i cantastorie italiani si raccontano così.

(Panorama) Una volta li chiamavano “cantastorie”. Oggi va di moda usare il termine inglese, “storytellers”, ma la sostanza resta quella: sono gli artisti che raccontano al pubblico un’avventura, una favola, un’emozione. Alcuni lo fanno in musica: salgono sul palco, spesso con la chitarra al collo, e riempiono l’aria di note e parole.

Ma finita la canzone, finisce anche il contatto con l’artista: lui scompare dietro le quinte, al massimo si affaccia per inchinarsi agli applausi o per fare qualche bis. Come scoprire qualcosa di più della sua anima? Facendolo parlare. Ma non in un’intervista staccata dal contesto musicale, magari registrata nel salottino di un albergo di lusso. No, in un’intervista che rimanga costantemente intersecata alla musica. Una nuova formula: un concerto piccolo, acustico, e il pubblico o un giornalista a chiacchierare col cantante, tra un pezzo e l’altro.

Il format Storytellers, partito in sordina sul canale tv americano Vh1 a metà degli anni Novanta, fu un successo. Tra i protagonisti ci furono ad esempio Bruce Springsteen, Elton John, Alanis Morisette. Gli ascolti furono altissimi, la trasmissione divenne un cult. Nel 2005 a qualcuno venne in mente di portare il programma anche in Italia. Quel qualcuno era Luca De Gennaro, responsabile del dipartimento Talent&Music di Mtv. E per realizzare il progetto decise di coinvolgere la più istrionica delle giornaliste musicali italiane: Paola Maugeri, già vj di Mtv e conduttrice di 105 Night Express su RaiUno.

Per chi si fosse perso la trasmissione, oggi De Gennaro trasferisce in libreria quell’esperienza televisiva, in un libro (scritto naturalmente a quattro mani con la Maugeri, e pubblicato da Tea) che raccoglie quegli incontri con Jovanotti, Giorgia, i Subsonica, Ligabue, i Marlene Kunts, Vinicio Capossela, Cesare Cremonini, Carmen Consoli e Ivano Fossati (nella gallery alcuni scatti degli eventi). Il libro, facile intuirlo, si intitola Storytellers, sottotitolo: “La musica si racconta - le storie, il mondo, le idee dietro le canzoni che amiamo”.

Qualche assaggio? Giorgia che ricorda la sua sonora bocciatura all’esame di compositore alla Siae, da cui poi scaturì il pezzo M’hanno bocciato (contenuto nell’album Giorgia del 1994). La cantante romana racconta che se la legò al dito: uno dei commissari le disse “Guardi che lei non ha tanta musicalità”, salvo poi cambiare repentinamente idea, dopo averla sentita cantare in un club. Ligabue invece teorizza l’importanza dell’incipit in una canzone per arrivare “a bomba nell’atmosfera”. E affinché non rimangano ulteriori dubbi, specifica: “Le canzoni non hanno tempo per le pippe”! Vinicio Capossela che confida la ragione che lo ha spinto a iniziare a creare canzoni: l’invidia. Un’invidia nei confronti “di chi ha scritto qualcosa di grande”, un sentimento simile all’emulazione che gli ha fatto nascere il desiderio di “riuscire a scrivere un pezzo che abbia qualcosa di quel grande soffio di vita e di mito che sento negli artisti che amo”. Lorenzo “Jovanotti” Cherubini che cita i suoi più famosi strafalcioni, da quel “non c’è niente che ho bisogno” dentro Ragazzo Fortunato alla consecutio temporum tutta sbagliata della canzone La valigia.

LA GALLERY

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