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domenica 21 ottobre 2007

Vendola, il governatore rosso e triste "Ho il potere ma non cambia quasi nulla".

Da due anni guida la Puglia e Bertinotti lo vuole leader della Cosa Rossa: oggi in piazza sarà il più "alto in grado". Il mio mestiere è entusiasmante quando ribalta la prospettiva Ma si porta dietro un dubbio atroce: come essere sicuri di avere intorno solo gente perbene?

(Antonello Caporale - La Repubblica) Oggi in piazza il più alto in grado a marciare (un po´) contro Romano Prodi, è il governatore di Puglia, Nichi Vendola. Comunista, cattolico, omosessuale, poeta. Vasta e complicata biografia. Vendola è il nome che adesso spunta nella gara che sta per aprirsi per la leadership della Cosa Rossa, quelli a sinistra del Partito democratico.
Nichi, la magia del nomignolo.
«Chiamatemi Nichi, è il titolo di un cortometraggio dedicato a me».
Nikita Vendola, detto Nichi, adesso è un potente: governa la Puglia, quattro milioni di persone.
«Questo mestiere è un calvario. Ti senti responsabile di tutto. E´ entusiasmante quando riesci a indicare un ribaltamento, una prospettiva. E´ però insopportabile il suo ritmo travolgente, la solitudine. E il potere poi...».
Che inferno il potere.
«Come faccio a sapere che ho gente perbene intorno a me? Sono migliaia! E se anche tutte fossero perbene, come faccio a sapere che rimarranno tali in futuro? L´unica difesa è impiantare meccanismi di trasparenza, e vigilare affinché siano sempre pienamente funzionanti».
Non è mai stato allegro. Ma il potere sembra averla proprio incupita.
«Alterno momenti di esplosiva allegria ad altri di profonda tristezza. E´ una doppia tristezza: quella frutto del potere e l´altra, più autobiografica».
Recentemente ha esternato la sua voglia di paternità.
«Ricevendo commenti schifosi in cambio. Devi sempre essere ridotto a un´icona piccante»
E´ stato due volte sul punto di sposarsi, ha detto.
«Ho amato due donne molto intensamente, e c´è stato questa idea, malgrado la mia storia la si conosca tutta».
Le stanno per chiedere di lasciare Bari e tornare a Roma. La Cosa rossa ha bisogno di lei.
«Io anzitutto la chiamerei la Casa rossa. Ma non mi ritengo la persona più indicata. Ho molti difetti, sono cattolico, sono eterodosso, e sono vecchio».
E vanitoso.
«La vanità la tengo a freno con l´autoironia».
E fifone.
«Mi faccia ricordare».
Ricorda quando lei e Franco Giordano abitavate insieme a Roma? Appartamento a piano terra, Franco in una stanza, lei in un´altra. A un tratto lui urla: Nichi, sono entrati i gatti dappertutto. Sono decine!
«Gli dissi di abbaiare».
Glielo disse richiudendo subito la porta. E lui fece bau bau ai mici?
«Così».
Era giovane. Però a cinquant´anni non può sentirsi vecchio.
«Il mio mondo è stato molto segnato dal Novecento. E la modernità spinge ancor di più sulla velocità dei cambiamenti. Quelli della mia generazione dovrebbero lavorare per gli eredi».
E´ una civetteria.
«Non lo è. Adesso bisogna mettere in campo un processo di unificazione, un assemblaggio di storie, prima di un nome».
No all´estremismo rivendicativo.
«Dobbiamo eliminare il rosario di atteggiamenti simbolici iper ideologici».
Eliminare.
«Il radicalismo senza politica è una colpa grave».
Lei sarà il leader.
«Assolutamente. Voglio ritirarmi, ritrovare le mie letture, e, dico di più: sono stato per 35 anni totus politicus. Mi è venuta voglia di staccare la spina».
E´ un´altra delle sue civetterie.
«Mi turba molto l´immeschinimento, la fiction permanente della contesa politica prigioniera dei talk show, ring dove affrontarsi come pitbull. Mi mancano tanto le vecchie tribune politiche».
Il futuro è suo. Lei - ha scritto Francesco Merlo - è il primo Masaniello delicato e un poco effeminato della storia d´Italia.
«Certo, ho interpretato qualcosa che ha a che fare con le viscere di questa terra, ho evocato una narrazione popolare del Mezzogiorno. Ma c´è un tempo della semina e uno del raccolto».
Adesso siamo nel tempo del raccolto.
«Infatti».
Buona raccolta, allora.
«Grazie».

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