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giovedì 27 settembre 2007

Ahmadinejad alla Columbia.

Libertà di espressione? No, autolesionismo.
(Dimitri Buffa - L'opinione delle Liberta'
) Esistono politici e pensatori peggiori dei nostri Oliviero Diliberto, Alberto Asor Rosa, Gianni Vattimo? Certo che sì. E sono tutte "zecche" americane. Come Gore Vidal, Noam Chomsky e da ultimo l'editorialista dell'Herald Tribune International, James Carroll. Che ieri si rammaricava del fatto che Bush non avesse permesso al presidente Mahmoud Ahmadinejad di sostare in raccoglimento a Ground Zero. Arguendo altresì che se i rapporti con l'Iran erano peggiorati, "dopo la solidarietà espressa da Khatami all'indomani delle Twin towers" e se "ormai Ground Zero aveva perduto la sua simbologia sacrale riducendosi a vessillo nazionalista americano" tutto era per colpa del sempre più orrido “George Dabliu”.


Non c'è che dire: questi signori sanno farsi benissimo del male da soli. Non sono secondi a nessuno in questa "noble art".
Nella galleria degli orrori invece, secondo un pensiero occidentally correct, dovrebbero rientrare quelle risate di scherno per gli omosessuali e quegli applausi che ieri hanno sottolineato i passaggi più provocatori dell'incontro di Ahmadinejad con gli studenti.
L'uomo è astuto, sa condurre uno spettacolo ammiccando ai peggiori sentimenti, pure presenti nei campus americani: dall'odio anti ebraico a quello per i diversi. La tecnica della battuta paga sempre. E così quando qualcuno fa una domanda imbarazzante sul genocidio degli omosessuali che in Iran rischiano la pena di morte, proprio come sarebbe successo alla povera Pegah, la lesbica iraniana salvata all'ultimo momento da un'assurda estradizione in patria dalla Gran Bretagna (che solo in zona Cesarini le ha dato lo status di rifugiata politica) per reati contro la morale sessuale, il dittatore ha potuto agevolmente svicolare ricorrendo al suo macabro sense of humour: "da noi non è come da voi in America, in Iran non esistono gli omosessuali". E certo che no, avrebbero dovuto dirgli, "li ammazzate tutti". Esattamente come non esistono o quasi gli ebrei e quei pochi che esistono vivono come i "dhimmi" all'epoca del califfato.

Ieri poi c'era chi discettava sul fatto se il rettore della Columbia University, il certo non irresistibile Lee Bollinger, avesse fatto o meno bene a presentare Ahmadinejad come un crudele dittatore, così infrangendo la peraltro non proverbiale ospitalità dei campus americani. Un altro finto problema dietro il quale gli struzzi insabbiano la propria testa che non vuole vedere il vero affronto che è stato fatto a tutti gli ebrei d'America e del mondo: invitare un boia simile e dargli un palco da cui esternare le proprie assassine teorie. La vulgata politically correct, fatta propria persino da Bush, è che l'America ha le spalle forti ed è l'unico paese al mondo in cui una cosa del genere poteva avvenire. E che a quel punto l'ospitalità verso Ahmadinejad era sacra e bisognava lasciarlo parlare come presidente dell'Iran senza presentarlo in una maniera che faceva trasparire tutta l'enorme coda di paglia del rettore della Columbia.

Tutti questi principi “voltairiani” però cozzano contro la realtà: in verità c'è anche chi si domanda perché un qualche cecchino pazzo alla Jack Ruby non sia stato opportunamente ipnotizzato per fare quel lavoro sporco che potrebbe forse persino evitare una guerra di ben più ampia portata e forse presto ineluttabile. Un paese che ha subito il cambiamento dei propri destini grazie a chi aveva armato la mano di Shiran Shiran, di John Mdc Hinkley Junior e di tanti altri killer venuti dal nulla se non dalla propria follia e dalla facile reperibilità sul mercato di armi micidiali, ci si domanda perché diventi così sicuro solo quando a rischiare sono i personaggi come Ahmadinejad. Il quale ha fatto anche la morale sull'ospitalità: “In Iran, quando invitiamo qualcuno a parlare, lo rispettiamo, e rispettiamo i nostri studenti che sanno cosa pensare, non cerchiamo di vaccinarli, l’introduzione del signore che mi ha preceduto è un insulto al pubblico che può decidere da solo cosa pensare di me”.

Tutto vero, ma se l'Onu non fosse quella istituzione farsa che è diventata, forse oggi non dovremmo tutti torturarci tra sensi di colpa e istinti omicidi verso un personaggio come lui. L'America avrà anche fatto la solita figura della nazione più libera del mondo, d'altronde i maggiorenti della Columbia hanno persino detto che avrebbero invitato anche Hitler, ma l'umanità intera non ci ha guadagnato un granché dallo spettacolo del dittatore che fa la predica alla più grande democrazia del pianeta in quel Palazzo di vetro che fu costruito perché gente come lui non dovesse mai più andare al potere in nessun paese del mondo. Inoltre il vero problema è che le guerre né si combattono né si evitano con le petizioni di principio. Bensì con pallottole e missili intelligenti che a volte risolvono i problemi molto meglio di inutili e ipocriti balletti diplomatici.

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