Secondo un studio della Società Italiana di Andrologia la correlazione c'è. Infatti i maschi campani risultano essere i meno fertili, soprattutto quelli che vivono vicino a discariche e respirano sostanze inquinanti. Per gli esperti, i dati sulla fertilità sono al di sotto della media nazionale: gli spermatozoi, rispetto agli studi che si riferiscono agli anni Settanta in poi, sono diminuiti di molto.
“Negli uomini che vivono nei grandi centri urbani, in aree inquinate da rifiuti industriali o zone agricole dove si fa uso di pesticidi, gli spermatozoi sono meno mobili del 20 per cento rispetto a quelli di chi abita nelle piccole città – spiega Menchini Fabris dell'Università di Pisa - non solo, anche gli spermatozoi anomali sono il 15 per cento in più”.
La sua parte la fa anche il piombo, l'ossido di carbonio, le polveri sottili. “Li respiriamo ogni giorno e si accumulano nei testicoli — dichiara Giorgio Piubello, segretario della Società Italiana di Andrologia — con effetti sul liquido seminale; lo provano gli studi condotti su chi è molto esposto, come i vigili urbani o i casellanti”.
Lo studio fatto su diecimila uomini sani e giovani (età media 29 anni) che sarà presentato a settembre, al congresso della Società Italiana di Andrologia, rivela così come gli uomini italiani dagli anni Settanta ad oggi hanno visto diminuire gli spermatozoi, in un millilitro di sperma, da 71 milioni a 60.
Per gli uomini campani arriva così il triste primato. Nella classifica delle regioni, siciliani, pugliesi e toscani sono risultati i più sani. Male, oltre ai campani, anche i maschi che vivono nel Lazio, Lombardia e Veneto. Durante la settimana della prevenzione andrologica (dal 10 marzo) decine di specialisti saranno a disposizione per visite gratuite in tutte le regioni.
C'è da ricordare che se il rapporto, tra diossina e riduzione degli spermatozoi, è scientificamente provato, lo si deve all'analisi fatte da Paolo Mocarelli dell'Università Milano Bicocca, già direttore del Servizio di Laboratorio dell'ospedale di Desio (Milano), che per la prima volta ha dimostrato nell'uomo questo collegamento diretto, studiando 135 abitanti di Seveso che il 10 luglio del 1976 furono invasi da nubi tossiche uscite dallo stabilimento chimico dell'Icmesa di Meda.
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