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giovedì 3 gennaio 2008

Santiago Calatrava. Meglio noi o la Spagna? «Vi manca la visione». «Ma restate i más sexy».

Due Paesi una sfida. I giudizi degli iberici amati dall'Italia.

(Corriere della Sera) «Questione di vertebre. Quando sono staccate bisogna ricomporre lo scheletro ». Sarà forse per le sue architetture zoomorfe, per i ponti, gli auditorium, le stazioni ferroviarie, gli stadi che ricordano i profili di animali preistorici, dinosauri o pterodattili, ma l'«archistar» Santiago Calatrava (nella foto) dipinge la situazione dell'Italia con un'immagine da museo di scienze naturali. Rifacendosi però a un libro del filosofo Ortega y Gasset, «España invertebrada», che spiegava il malessere del Paese iberico negli anni '20 con la mancanza di «un progetto suggestivo di vita comune».
Ricorsi storici e destini rovesciati? «No, per carità, ogni paragone è spiacevole e inopportuno. Voi peraltro avete in molti campi una propensione per l'eccellenza che vi riscatterà sempre. Però è vero: soffrite di una mancanza di visione globale. Proprio quella che ha lanciato la Spagna. Dopo la dittatura abbiamo creato una democrazia esemplare e capillare. In un Paese con forti identità regionali, che parla quattro lingue, tutte le tensioni si sfogano in Parlamento. Poi si agisce. Inoltre l'università, che non si era fatta seppellire dal franchismo, ha creato il sostrato per le nuove classi dirigenti. L'apertura all'Europa, sfruttata al meglio, ha fatto il resto. È stata questa compattezza a rivoluzionare il Paese negli anni '80 e '90, a creare i fenomeni di città come Barcellona e Siviglia ma anche le svolte silenziose di Madrid e Valencia».
Sarà anche per la moglie veneta, eppure Calatrava nutre un amore sconfinato per l'Italia.
«Non posso mai dimenticare, all'inizio di ogni ragionamento, che voi possedete il 50% del patrimonio dell'umanità». Proprio quell'eredità che ci àncora al passato... «E invece noto quei segni di rinnovamento che abbiamo vissuto noi nei decenni scorsi. C'è più stabilità politica, soprattutto a livello locale.
E un grosso fermento di progetti». Il segno di Calatrava è nei due ponti sull'autostrada A1 nei pressi di Reggio Emilia dove l'architetto è impegnato anche nella nuova stazione dell'Alta Velocità. «Mi ha colpito che un comune abbia deciso in totale autonomia di darsi una costruzione di tale importanza. E mi hanno chiesto di illustrare l'opera al Teatro Valli: un momento di partecipazione collettiva, di senso civico ».
Positive anche le polemiche a Venezia riguardanti il suo ponte sul Canal Grande. «Le preoccupazioni per l'impatto su quel contesto storico sono un segno di attenzione della società. E il tempo sta facendo maturare le cose».
A Roma realizzerà il nuovo stadio del nuoto per i Mondiali del 2009. «Lì ho trovato una stretta intesa tra Comune e Università che porterà alla risistemazione del quartiere Tor Vergata. Un obiettivo non troppo ambizioso ma raggiungibile. Realismo e concretezza, lo spirito nuovo di cui parlavo».
«Noi spagnoli siamo sovraeccitati perché eravamo poveri e siamo diventati velocemente ricchi.
Un po' come voi negli anni Sessanta. Ma non so quanto durerà ancora la fiesta », dice la stilista Agatha Ruiz de la Prada, emblema della Spagna della movida: colorata, ironica, provocatoria. «E invece in Italia, il Paese mas sexy, quello con cui noi abbiamo sempre avuto zero concorrenza e massima simpatia, trovo una tristezza diffusa. Dov'è finito il miracolo di stile e allegria degli anni '80?». La Ruiz de la Prada individua nella Spagna due carte vincenti: «La grande architettura che serve molto al morale collettivo e una moda giovane e a buon prezzo. I vostri stilisti sono troppo cari, Zara ha trionfato ovunque perché ha capito la crisi della classe media». Resta in Italia «quel primato nel mescolare grande capacità artigianale e relazioni umane. Il Salone del Mobile o Pitti Bimbo per me sono insuperabili in quell'arte del commercio che è nel vostro Dna».
Ci salverà la duttilità? La designer Patricia Urquiola, da 24 anni milanese adottiva, che firma i divani più seducenti delle grandi ditte italiane, non ha dubbi: «Trovo straordinario che quando illustro le mie idee ai costruttori, anche le più stravaganti, la risposta è: "Vediamo cosa si può fare". Altrove invece rischio spesso un: "No, impossibile". Nel settore dei mobili, il vostro sistema produttivo è imbattibile. Il problema è piuttosto nel mercato: vi state troppo imborghesendo ». La Urquiola lancia l'allarme giovani. «Ne arrivano molti nel mio atelier: gli italiani sono in generale culturalmente meno reattivi, poco orgogliosi. E il nuovo made in Italy ha sempre di più una creatività straniera».
Un esempio virtuoso spagnolo viene dallo sport. «I miei giocatori aspettano con ansia che si scrivano le parole dell'inno nazionale, finora inesistenti, per poterlo cantare», racconta Sergio Scariolo, da un decennio trasferitosi in Spagna, uno degli allenatori di basket più blasonati, prima al Real Madrid oggi al Malaga. «In un campo di pallacanestro come in ogni campo della società ho sempre notato che l'atteggiamento è: prima risolviamo i problemi, poi litighiamo in santa pace». Così Scariolo continua a restare in Spagna.

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