banda http://blografando.splinder.com

venerdì 5 settembre 2008

Settant'anni fa le leggi razziali. Una vergogna incancellabile per quell'Italia del duce e dei Savoia.

La vigilia della IX Giornata europea della cultura ebraica coincide con i 70 anni dall'entrata in vigore delle leggi razziali. Era il 5 settembre 1938.
Liliana Segre: «Avevo 8 anni. Papà mi disse che non avrei più potuto andare a scuola».
Settant'anni fa le vergognose leggi razziali: vittime 5mila milanesi. Lo storico Nissim: provvedimenti figli dell'opportunismo politico.

(Paola D'Amico - Il Corriere della Sera) Esclusi dalle scuole statali, esattamente settant'anni fa, gli studenti e gli insegnanti ebrei di Milano ricominciarono da via Eupili. In due palazzine poco distanti dal parco Sempione, dove oggi ci sono residenze e il Centro di documentazione ebraica, che vennero trasformate in fretta e furia in edificio scolastico. Il 5 settembre del 1938, quando venne promulgato il «Regio decreto per la difesa della razza nella scuola», cadde di lunedì. Due giorni dopo, il 7 settembre, un altro decreto avrebbe bandito dalla città cinquemila ebrei stranieri, bollati come «indesiderabili».

Una pagina di storia che non va dimenticata ma che lo storico e scrittore Gabriele Nissim, alla vigilia della IX Giornata europea della cultura ebraica, che si celebra domenica in 27 paesi europei e in 58 località italiane e che quest'anno vede Milano capofila, invita a rileggere sotto una nuova chiave. «Nel nostro paese non ci fu una cultura antisemita, e le leggi razziali del '38 nacquero da un opportunismo politico. Ma se mancò una reazione da parte della Chiesa e degli intellettuali, in compenso reagì la società. Ne sono testimoni quanti si misero in gioco per salvare gli ebrei. Un numero di "giusti", anche milanesi, altissimo, come non c'è stato in altri paesi ».
Gente comune che ebbe «il coraggio di sapersi scandalizzare e contrastare il male usando la propria testa». Cosa che oggi, dice Nissim, «sembra venir meno», sottolineando la contraddizione tra i tanti «mea culpa sul passato» e il «fastidioso silenzio sui ripetuti fatti di antisemitismo che avvengono fuori del nostro paese». E' una soddisfazione «essere protagonisti di questo evento internazionale» ha detto il presidente del Consiglio comunale, Manfredi Palmeri, che ha ospitato a Palazzo Marino la presentazione della giornata europea della cultura. Con lui Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche italiane (Ucei) il quale ha aggiunto: «In altri paesi europei si verificano ancora casi di antisemitismo, ma in Italia sono episodi rari e la convivenza è ottima».

Ottimismo che Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio, smorza. «Quando vennero promulgate le leggi razziali stavo per compiere 8 anni. Eravamo a tavola quando papà mi annunciò che non avrei più potuto andare alla scuola di via Ruffini. Lui, che era un ragazzo del '99 e che con mio zio era stato ufficiale nella prima guerra mondiale, fino all'ultimo aveva creduto che qui non sarebbe stato come in Germania. Tutti quelli come loro fino all'ultimo non hanno creduto. Quando ad entrambi hanno ritirato la tessera di ufficiali in congedo hanno sofferto moltissimo. Eppure, fuori, le piazze piene erano vere. Il pericolo, oggi come ieri, è l'indifferenza. Che giustifica tutto», conclude la Segre. «A distanza di tanti anni una compagna di classe ancora al mondo mi ha confidato di non aver mai capito perché ero sparita». Liliana Segre aggiunge che «il fatto che la mia famiglia fosse laicissima, integrata, aveva dato a questa espulsione da scuola un'aggravante per me. Solo in casa mia potevo essere me stessa. Fuori avevo subito imparato a tacere. Noi non potevamo avere la donna di servizio, ci bloccavano la radio su una stazione, ricevevamo telefonate anonime e minacciose. A otto anni vivevamo in un altro mondo. Non basta celebrare una giornata senza far capire la violenza dell'indifferenza che, allora come oggi, è il male assoluto».

Sphere: Related Content

Nessun commento: