(Reuters) La probabilità che i maschi omosessuali contraggano il virus dell'Hiv è di 19 volte maggiore rispetto al resto della popolazione, eppure -in moltissimi paesi- il problema non viene affrontato.
A denunciarlo è il rapporto della American Foundation for Aids Research (Amfar), secondo il quale il gruppo originariamente più a rischio di infezione - gay e bisessuali - lo è ancora, anche se il contagio si è comunque allargato a donne e bambini.
Amfar ha analizzato i rapporti inviati da 128 paesi all'agenzia dell'Onu che si occupa di Aids, la Unaids, e ha scoperto che il 44% dei paesi non forniscono dati che riguardano gay e bisessuali.
Secondo lo studio, diffuso in occasione della conferenza mondiale sull'Hiv in Messico, i governi e le agenzie che si occupano di sanità a livello mondiale non sono riuscite ad affrontare il problema delle crescenti infezioni tra gli omosessuali maschi.
Nonostante l'impegno comune che tutti i membri Onu hanno sottoscritto nel 2001 per monitorare il contagio da Hiv nei gruppi a rischio, il rapporto denuncia che il 71% dei paesi non conosce la percentuale di gay e bisessuali raggiunti dalle campagne di prevenzione.
"Il fallimento (di diversi organismi internazionali) di devolvere risorse per ridurre il contagio da Hiv (tra gay e bisex) è imperdonabile", ha commentato il presidente Kevin Frost.
Secondo l'Amfar sono Kenya, Giamaica, Benin, Thailandia e Ghana i paesi con la maggior percentuale di gay e bisessuali malati di Aids.
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