Secondo l’istanza, da parte del presidente della decima sezione del Tribunale di Milano sarebbero state fatte “reiterate manifestazioni di pensiero che appalesano una inimicizia grave nei confronti dell’imputato Berlusconi”. Già nella lettera a Schifani, Berlusconi aveva scritto: “Ho preso visione della situazione processuale e ho potuto constatare che si tratta dell’ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici, in ciò supportato da un Tribunale anch’esso politicizzato e supinamente adagiato sulla tesi accusatoria”. Per il presidente del Consiglio, in particolare, il giudice Gandus avrebbe “assunto posizioni pubbliche di netto e violento contrasto” contro il suo precedente governo.
Il procuratore della Repubblica di Milano, Manlio Minale, ha risposto con una nota, in cui spiega di dover “con forza respingere le illazioni” dopo aver letto “così come riportato sulla stampa” il testo della lettera di Silvio Berlusconi. Il capo della Procura aggiunge che “il procedimento per corruzione in atti giudiziari pendente dinanzi al Tribunale di Milano nei confronti dell’attuale presidente del Consiglio e dell’avvocato Mills, al quale evidentemente si fa riferimento nella lettera sopra ricordata, è stato iscritto a seguito di precise dichiarazioni rese dallo stesso avvocato Mills in data 18 luglio 2004, alla presenza del difensore nel corso di un interrogatorio quale persona indagata in altro procedimento. Le indagini sono state condotte nel più assoluto rispetto delle garanzie della difesa e nell’esclusiva ottica dell’accertamento della verità. All’esito delle indagini preliminari è stata esercitata l’azione penale e gli atti, superato positivamente il vaglio dell’udienza preliminare, sono pervenuti al Tribunale. All’esito di un dibattimento iniziato in data 13 marzo 2007 e prossimo alla conclusione”, conclude la nota, “il tribunale deciderà in ordine alla fondazione o meno delle accuse”.
I legali di Silvio Berlusconi, nel ricusare il giudice Gandus, sottolineano inoltre come la stessa Gandus, unitamente a uno dei due pm del processo Berlusconi-Mills, Sergio Spadaro, “è stata firmataria di un appello contro la decisione del governo Berlusconi di prorogare il procuratore nazionale antimafia. Infine”, si legge nell’istanza, “si deve porre in evidenza come la dottoressa Gandus appaia tra i soggetti potenzialmente danneggiati nel processo collegato (quello sui diritti televisivi, sempre in corso a Milano, ndr) da cui nasce il presente processo, avendo posseduto azioni Mediaset ed essendo quindi fra quei soggetti che potenzialmente avrebbero potuto costituirsi parte civile anche nei confronti dell’onorevole Berlusconi e che a tutt’oggi, anche dopo la declaratoria di prescrizione del reato possiedono legittimazione attiva per proporre azione civile contro il medesimo”.
Continuano gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo: “La personalizzazione dell’inimicizia non può essere negata sol con l’osservare che il giudice avrebbe contestato le leggi e non il presidente del Consiglio che le avrebbe ispirate o volute, perché in questi anni tutta l’opinione pubblica e tutti gli avversari politici hanno di questa personalizzazione fatto bandiera costantemente garrente. E allora la dottoressa Gandus non poteva non sapere, anche se avesse potuto diversamente divisare, che i suoi strali sarebbero stati, oggettivamente, indirizzati in via diretta alla persona di Silvio Berlusconi e che come tali sarebbero stati da tutti recepiti. La dottoressa Gandus quindi si trova in stato di grave inimicizia nei confronti della persona che dovrebbe giudicare. E se anche non lo fosse, certamente lo appare. E non occorre ricordare che per giurisprudenza costituzionale consolidata il giudice, a tacer di tutto, non deve apparire condizionato”.
“Chi governa il paese non può denigrare e delegittimare i giudici e l’istituzione giudiziaria quando è in discussione la sua posizione personale”. Così l’Associazione nazionale magistrati è intervenuta nel dibattito. L’Anm, che ha annunciato per domani pomeriggio una conferenza stampa sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio, parla di “accuse gravissime rivolte da Silvio Berlusconi ai magistrati del processo Mills. “Questi comportamenti”, continua il sindacato delle toghe, “rischiano infatti di minare alla radice la credibilità delle istituzioni e di compromettere il delicato equilibrio tra funzioni e poteri dello Stato democratico di diritto”.
Quelle di Berlusconi sono “invettive tanto veementi quanto ingiustificate”, affermano il presidente Luca Palamara e il segretario dell’Anm Giuseppe Cascini, che esprimono al pm e al presidente del collegio giudicante del processo Mills “piena solidarietà e sostegno. In uno Stato democratico ogni imputato può difendersi con tutti gli strumenti del diritto e con la critica pubblica; ma chi governa il paese non può denigrare e delegittimare i giudici e l’istituzione giudiziaria quando è in discussione la sua posizione personale. Purtroppo è già accaduto in passato. Ma non è possibile assuefarsi”. Nel sottolineare che questi comportamenti rischiano di minare la credibilità delle istituzioni e di compromettere l’equilibrio tra poteri dello Stato, il sindacato delle toghe chiede “alla politica ed al governo di non imboccare questa strada, di rispettare l’indipendente esercizio della giurisdizione nello spirito di un confronto sui temi della giustizia franco ed aperto e perciò capace di individuare proposte e soluzioni efficaci per il funzionamento della giustizia italiana”.
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