(Agi) "La decisione del Comune di Firenze di costituirsi in giudizio contro di noi, con le motivazioni espresse dalla sua avvocatura, ci sconcerta" affermano Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro. "Un comune che dovrebbe garantire diritti e doveri a ogni cittadino - che per altro contribuisce al progresso sociale come ogni altro - dovrebbe rappresentare lo spirito democratico di un Paese civile, non andare contro in un'aula di tribunale a chi come noi rivendica semplicemente i propri diritti, sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione". "L'asserzione del Comune di Firenze e' priva di fondamento" affermano i legali della coppia. "Tra i requisiti di validita' del matrimonio, all'articolo 84 del Codice Civile non c'e' alcuna traccia di un riferimento alla necessaria diversita' di sesso degli sposi, e tale circostanza non viene smentita ne' dal Tribunale di Firenze, ne' dal Comune. "Il Comune di Firenze si e' limitato a ribadire che le espressioni 'marito' e 'moglie' in alcune norme del Codice rinviano implicitamente alla diversita' di sesso dei contraenti. Queste norme sono del tutto inconferenti a desumere una diversita' di sesso dei coniugi", ribattono, "in quanto sono state scritte in un periodo in cui non era immaginabile dal punto di vista giuridico un matrimonio tra persone omosessuali, al contrario della societa' attuale, dove e' invece ben concepibile". "Il giudice non avrebbe alcuna difficolta' a operare un'interpretazione evolutiva delle norme che regolamentano l'istituto del matrimonio". "Nessun Paese al mondo, fino a qualche decennio fa, aveva creato norme che prevedevano l'unione di persone dello stesso sesso, e negli Stati che hanno ampliato il matrimonio agli omosessuali - o in quelli che hanno creato istituti equivalenti con il solo nome diverso - vi erano norme che usavano termini analoghi a quelli italiani di 'marito' e 'moglie'". Quanto alla circolare ministeriale che vieterebbe la trascrizione e la richiesta di pubblicazioni di un matrimonio omosessuale, i legali affermano che "una circolare ministeriale non si puo' assolutamente ritenere produttiva di norme: a fondare un divieto dev'essere una norma di legge, non un provvedimento amministrativo. Dunque "questa circolare non ha alcuna efficacia esterna". Infine, "visto che si parla di 'contrarieta' dell'ordine pubblico' nell'azione di Matteo e Francesco, ci si dovrebbe chiedere come sia possibile al giorno d'oggi che lo stare insieme di due persone omosessuali sia ritenuto una minaccia per la societa' italiana".
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