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lunedì 11 febbraio 2008

Pedofilia, omosessualità e chiesa svizzera. A modo loro ne parlano i cattolici.

Mons. Bernard Genoud, vescovo di Losanna-Ginevra-Friburgo.

Svizzera, dalla negazione e rimozione, al riconoscimento e assunzione delle responsabilità.

Il suicidio di un prete svizzero, che si riteneva vittima di "caccia alle streghe", ha rilanciato la discussione da una parte sulla pedofilia del clero cattolico, dall'altra sul modo di parlarne nei media. Il vescovo Genoud parla alla televisione.

(Korazym.org) Sospettato di pedofilia, un prete cattolico 45enne, domenica scorsa, in Svizzera, si è tolto la vita. E' quanto ha riferito nei giorni scorsi l'agenzia di stampa elvetica ATS. La notizia, data dalla radio locale RTN, è stata confermata da fonti ecclesiastiche del cantone. Il caso del curato di Neuchâtel, ma di origini friborghesi - archiviato dalla giustizia perché gli atti di pedofilia commessi nel canton Friburgo negli anni risalenti agli anni Ottanta, denunciati nel 2001, erano caduti in prescrizione - era stato citato dalla stampa a più riprese la scorsa settimana. Il sacerdote si occupava delle relazioni con le altre parrocchie, un compito che escludeva contatti con i bambini. Il responsabile di un Blog romando aveva chiesto alla Chiesa locale di Neuchâtel di identificare il prete della regione sospettato di pedofilia: "Non aspettate che diventi un recidivo per parlare!", aveva scritto nel suo sito Internet. Il prete non avrebbe sopportato la campagna mediatica di cui era oggetto da diversi giorni, soprattutto in un momento in cui la Svizzera è stata scossa da alcuni scandali di pedofilia relativi a sacerdoti. La spiegazione del gesto è stata affidata ad una lettera d'addio nella quale il prete ha detto di "non farcela più", denunciando la pressione mediatica. Cappellano nell'esercito, il 45enne si è sparato una pallottola al cuore, come ha confermato la polizia cantonale.

"In realtà - fa notare Carlo Silini sul Corriere del Ticino - il suo caso ha ben poco a che vedere con la pedofilia. Molti anni fa, prima di diventare prete, quando era ventenne, aveva avuto una relazione omosessuale con un 17enne (tecnicamente un minorenne, ma la differenza di età era di soli tre anni)". Inoltre, Silini rileva un altro pericolo: "Il fatto che il prete suicida avesse dei trascorsi omosessuali può invece indurre ad un altro grave errore dal punto di vista dell’informazione: il rafforzamento di alcuni dei più abusati luoghi comuni sulla pedofilia e sul clero. Come, ad esempio, la confusione tra omosessualità e pedofilia. Ma non esiste nessuna evidenza scientifica che un omosessuale rappresenti un rischio maggiore per un bambino di quanto lo sia un eterosessuale per una bambina. Se si vestono i panni dell’inquisitore alla rovescia (mettendo i religiosi sul banco degli imputati) - conclude Carlo Silini sul Corriere del Ticino -, si rischia poi di divulgare l’assurda equazione prete=pedofilo, dimenticando, o forse ignorando, che la maggioranza dei casi di pedofilia coinvolge uomini eterosessuali sposati".

1998: condanna di un parroco ticinese per atti sessuali con bambini.
1999: un sacerdote di Chiasso è riconosciuto colpevole di atti sessuali con minorenni.
2000: un prete bernese è condannato per abusi nei confronti di una donna.
2001: nel canton Jura un parroco è condannato per pornografia.
2003: un prete del canton Sankt Gallen è condannato per atti sessuali con bambini; durante il processo, emergono fatti analoghi commessi dal suo predecessore.

Malgrado la bufera che si è abbattuta sulla diocesi di Losanna-Ginevra-Friburgo, per gli abusi sessuali di due preti su minori, recentemente venuti alla luce a seguito di inchieste giornalistiche nella diocesi da lui retta, dopo i suoi "mea culpa" - di cui Korazym.org ha riferito - il vescovo mons. Bernard Genoud non ha mai pensato di rassegnare le dimissioni. "Sarebbe come fuggire", ha dichiarato mercoledì sera nel corso del programma "Infrarouge" alla televisione romanda TSR. Il vescovo, che è apparso stanco e provato, ha difeso l'istituzione di una commissione destinata a esaminare i casi di abusi sessuali, ma l'avvocato Charles Poncet, con tono cortese e deciso, ha affermato che si tratta di "una pessima idea". Secondo lui una simile commissione non può far altro che perpetuare ciò che è avvenuto fin qui, ossia la mancanza di trasparenza e il segreto.

Il vescovo Genoud si è impegnato a fare tutto il possibile affinchè le vittime degli abusi si rivolgano alla giustizia civile, riconoscendo tuttavia più volte che ci sono vittime per le quali è assai difficile compiere un tale passo. La prevista commissione può essere loro di aiuto, ha affermato, dicendosi "triste e scioccato" per il suicidio di un sacerdote avvenuto nel canton Neuchâtel. "Non potrò neppure essere presente al suo funerale, poiché deve sottopormi a una seduta di chemioterapia", si è rammaricato. Alla domanda del giornalista che gli chiedeva se ce l'avesse con la stampa, mons. Genoud ha risposto: "No, ma dico ai media, basta! Le voci uccidono". Gli ha risposto l'avvocato: "Non sono le voci, ma il segreto".

Sulla questione delle presunte "colpe" della stampa nei casi dei preti pedofili denunciati recentemente in Svizzera, il Corriere del Ticino ha pubblicato il 5 febbraio un "Commento" di Carlo Silini dal titolo "Tra «gogne mediatiche» e «mea culpa»": "È possibile, ci si può chiedere, che un uomo si tolga la vita per il timore della diffusione selvaggia di accuse, per giunta infondate, sul suo conto? A rispondere, purtroppo, sono i fatti. E di fronte a simili esiti è normale interrogarsi sul tipo di informazione che circonda la questione della pedofilia del clero. Dobbiamo osservare - si legge sul Corriere del Ticino - che in questo caso ad essere messi in discussione non sono solo i media tradizionali, ma le nuove forme di comunicazione, come i ‘blog’ appunto, che possono essere voci libere di informazione, oppure, come in questo caso, strumenti nelle mani di persone irresponsabili. Il titolare del ‘blog’ ha colpevolemente creato un ‘mostro’ da stanare". Però, tenendo presente questo, continua Carla Silini sul Corriere del Ticino, "gli errori brutali" - di blogger, ma anche di quei media che affrontano l’argomento senza le dovute sfumature - "non dovrebbero spostare dalla Chiesa cattolica ai media le responsabilità per il problema della pedofilia del clero. Casi reali di abusi di sacerdoti sui minori - sottolinea Silini -, per quanto rari, esistono". Comunque, la strategia scelta da mons. Genoud "è probabilmente tardiva", perché la Chiesa ha taciuto fino a pochi giorni fa. Ma, "nella misura in cui verrà applicata" viene giudicata assai più radicale di quanto gli riconoscano alcuni media romandi. Non si limita infatti a meste parole di circostanza, ma propone misure pratiche per tutelare le vittime ed evitare nuovi abusi. L’istituzione di una "hotline" a disposizione di eventuali abusati, ma anche dei preti, gestita da una commissione indipendente, ha già raccolto due segnalazioni che sono state trasmesse alla magistratura. Il proposito di rinforzare uno scambio di informazioni tra diocesi a livello mondiale per impedire che i preti pedofili possano spostarsi in incognito da un luogo all’altro del pianeta, mostra l’intenzione di non ripetere l’inveterata prassi di trasferire un potenziale molestatore da un luogo in cui era conosciuto ad un altro dove non lo conosce nessuno senza impedirgli di nuocere e senza aiutarlo dal punto di vista psicologico. E la possibilità, che il vescovo romando ha fatto balenare, di togliere la prescrizione nei casi più gravi per prendere provvedimenti interni alla Chiesa, dimostrerebbe la volontà delle gerarchie di andare anche più in là della giustizia civile nella ricerca dei colpevoli e nel ristabilimento del diritto delle vittime. "Se tutto questo verrà davvero attuato - conclude il Corriere del Ticino - si realizzerà un capovolgimento epocale: dall’era della negazione e della rimozione del fenomeno a quello del riconoscimento e dell’assunzione delle responsabilità da parte della Chiesa cattolica".

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