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martedì 5 febbraio 2008

Elezioni Usa. L'orgoglio gay dei repubblicani.

San Francisco. Il confronto nel partito. La comunità è spesso vicina ai valori conservatori I diritti degli omossessuali non sono più un fattore chiave nella scelta elettorale Portabandiera. Chris Bowman, leader dell'organizzazione dei repubblicani gay a San Francisco.

(Daniela Roveda - Il sole 24ore) Mike Huckabee ha equiparato il sesso tra gay a un «atto bestiale », Mitt Romney vuole un emendamento costituzionale per proibire il matrimonio tra omosessuali, persino un repubblicano progressista come Rudy Giuliani si era messo a corteggiare gli evangelici prima di gettare la spugna.

Eppure un gay su quattro vota repubblicano negli Stati Uniti, nonostante la retorica anti-gay, le crociate a favore dei valori familiari, l'invocazione della Bibbia per giustificare la santità del matrimonio tra uomo e donna.

«Mi sento fiero di essere membro del partito che ha liberato gli schiavi, che si è battuto per dare il voto alle donne, che ha passato la prima legge contro il linciaggio, che ha eletto il primo senatore nero nel lontano 1964. Gli evangelici rappresentano una minoranza che fa molto rumore, ma sta perdendo importanza ». È Chris Bowman che parla, solitario esponente nella progressista San Francisco della Log Cabin Republicans, l'organizzazione nazionale dei repubblicani gay.

Bowman ce l'ha con quei repubblicani che tradiscono la lunga tradizione di lotta per i diritti civili del partito di Abraham Lincoln, è determinato a emarginare Huckabee e la fazione di bigotti di cui è portavoce, è inferocito contro i "cosiddetti gay progressisti" che perdono tempo a combattere la battaglia per cui il Paese non è ancora pronto, dice del matrimonio tra omosessuali; si batte per eliminare la discriminazione dei gay sul posto di lavoro e nell'esercito. E dal prossimo presidente degli Stati Uniti vuole disciplina fiscale e il pugno di ferro contro i terroristi. È impegnato,è combattivo,ha settant'anni ma s'infervora come un ragazzino.

Chris Bowman appartiene a una razza in via di estinzione. Non quella dei repubblicani gay; quella degli attivisti gay. Passati sono i giorni delle grandi dimostrazioni di piazza per i diritti civili, delle proteste contro la ridicola regola "don't ask don't tell" - niente domande, niente risposte - adottata da Bill Clinton per risolvere il problema dei gay nell'esercito.

A San Francisco, la capitale dei gay americani, la città delle proteste degli anni '60,roccaforte democratica e progressista d'America, si respira un'aria di apatia e di generale disinteresse per queste elezioni presidenziali. «Obama? Veramente non mi sono ancora ben informato, non so proprio chi sia» dice candidamente "Clinton", transessuale nero arrivato da quattro mesi a San Francisco dal Paese natale di Newmarket in Alabama. Gita Salem, "entertainer" trentenne, è l'unico nel suo trio di ballerini in stivali rosa e minigonna in passeggiata lungo Castro Street, nel cuore del quartiere gay di San Francisco, ad avere un'opinione. «Voto per Obama perché è un volto nuovo nella politica democratica, ed è sempre stato contro la guerra in Iraq». Jody Medors,immigrato dall'Ohio 20 anni fa, vota per Hillary Clinton «perché è l'unica a volere veramente una riforma della sanità ». E i diritti dei gay? Non sono un fattore nelle scelte di voto, dicono entrambi.

Cosa è successo? «È semplice, i gay sono assimilati, in uno stato come la California hanno conquistato ormai gli stessi diritti del resto della popolazione, molti sono accasati, hanno figli, si preoccupano più della qualità delle scuole che della legalizzazione del matrimonio tra gay» dice Mike Ammiano, consigliere comunale democratico di San Francisco. E tutto ciò fa gongolare i repubblicani gay. «Ironicamente gli argomenti che oggi stanno a cuore alla comunità gay americana sono i valori conservatori per cui si batte da sempre il partito repubblicano: patria e famiglia» dice il presidente dei Log Cabin Republicans della California James Vaughn. I gay credono nella necessità di avere una famiglia stabile per crescere figli sani, vogliono servire nell'esercito per difendere il Paese dai terroristi e dai nemici, si preoccupano dei costi crescenti della sanità, insomma hanno gli stessi problemi e le stesse aspirazioni della famiglia media americana.

Persino le caratteristiche demografiche del Castro District, il quartiere gay di San Francisco, riflettono più quelle di un sobborgo residenziale bianco, agiato e conservatore che del distretto di stravaganti night club per cui è famoso nel mondo: l'81% della popolazione è di razza bianca, il 71% ha una laurea. In un piovoso venerdì pomeriggio, il trio di Gita Salem era quasi fuori posto in una strada piena di bambini usciti dalla Harvey Milk Civil Rights Academy, la scuolaa un isolato da Castro Street ribattezzata in onore del primo consigliere comunale di San Francisco-e d'America-apertamente gay, ucciso nel 1978.

Dai tempi in cui dichiararsi gay era una potenziale condanna a morte, le cose sono cambiate. Uomini politici, atleti, medici e avvocati, sono ormai liberi di dichiarare la propria omosessualità senza paura di rovinarsi la carriera. Non bisogna essere di sinistra per credere nell'uguaglianza dei diritti dei gay: un sondaggio della società di ricerca Fabrizio McLaughlin & Associates ha scoperto che il 49% dei repubblicani è favorevole ai gay nell'esercito, e il 77% ritiene illegale licenziare un individuo in base al suo orientamento sessuale.

«La nazione è andata avanti, sono i candidati a essere rimasti indietro» dice convinto Chris Bowman. La missione dei Log Cabin Republicans è appoggiare i candidati più aperti ed emarginare i bigotti. Certo, in una città come San Francisco Chris Bowman si sente un po' isolato. Anzi, confessa che il numero di tesserati è sceso negli ultimi 20 anni tant'è che ha dovuto chiudere la sede dell'associazione e incontra i giornalisti al ristorantino greco Gyros King. Ma è sicuro che la percentuale dei gay repubblicani non potrà che aumentare in futuro. Ora che i gay si sono imborghesiti, il suo compito è diventato più facile.

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