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martedì 1 gennaio 2008

Il Tarcisio Furioso

(Maura Cossutta - Altrenotizie) L’intervista a Famiglia Cristiana del segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, è proprio un bel finale per l’anno che se ne va. Il cardinale racconta con grande naturalezza dell’incontro avvenuto qualche giorno fa con Veltroni, nuovo segretario del partito democratico, senza preoccuparsi di fare alcuna gaffe di natura istituzionale, così convinto che l’abitudine dei politici di casa nostra di andare a relazionare e a spiegare al Vaticano le mosse prossime venture sia tanto consolidata quanto doverosa. Anche i tempi dell’informazione, evidentemente, ormai li detta direttamente il Vaticano. Mentre né Veltroni né il suo moderno staff di comunicatori hanno pensato di dare notizia dell’incontro; nonostante - immaginiamo - non di colloquio privato si trattasse ma appunto di colloquio politico, ora il cardinale decide di raccontare persino i particolari. Non è dato sapere cosa abbia detto o risposto Veltroni, ma veniamo a sapere che di valori “non negoziabili”si è discusso. Quindi dei temi “caldi”, su cui la maggioranza di questo governo da tempo è in difficoltà. E mentre a gennaio Prodi attende la sua verifica, che anche su questi temi inevitabilmente verterà, il segretario del Partito democratico ascolta il cardinale dichiarare che “la posizione della Chiesa non è partigiana, ma corrisponde al diritto naturale”. Il cardinale parla a nuora perché suocera intenda e infatti subito la senatrice Binetti e il senatore Bobba reagiscono. Veltroni è avvertito. No Chiesa, no party.

L’uscita del cardinal Bertone non è ingenua, è stata pensata, programmata. Le gerarchie vaticane fiutano l’aria e con il tempismo di chi sa ben navigare nelle acque della politica italiana, fanno il “più uno”. Il cardinale entra a gamba tesa nel dibattito interno al Partito democratico, sapendo che Veltroni ne sarà pesantemente condizionato. Il messaggio è chiaro: da domani possono aprirsi scenari nuovi, il governo è ballerino, si apre l’ipotesi di un governo istituzionale, anche la possibile nuova legge elettorale può servire a stabilizzare quelle che sono state in questi ultimi anni prove di egemonia, di scompaginamento e riunificazione di schieramenti politici. Nulla è scontato, neanche il Partito democratico. Veltroni è avvertito. E, soprattutto, i parlamentari cattolici sono messi all’erta. Sui temi eticamente sensibili non si passa, embrione, omosessuali o coppie di fatto. “Valori non negoziabili” per la Chiesa significa un “aut aut” definitivo, senza appello. E il cardinale incontra Veltroni, ma anche Berlusconi: si gioca a tutto campo, senza distinzione né preconcetta preferenza, ponendo le condizioni per l’atteggiamento futuro della Chiesa nel panorama politico italiano. L’operazione neocentrista a stampo cattolico ritorna così come una variabile non solo possibile, ma già pronta, da far pesare ora, subito.

Il cardinale è però persona colta, sottile, comprende che occorre argomentare e così si lancia in un inedito revisionismo culturale e storico, per offrire una nuova lettura degli eventi. Oggi non si tratta di difendere la laicità, non si tratta di impedire l’invadenza della Chiesa negli affari interni di uno Stato. La laicità non è in discussione (e tant’è - tiene a ribadire il cardinale- sono gli stessi politici a chiedere gli incontri, a voler sapere il parere della Chiesa, e non viceversa), come non è mai stata in discussione anche in passato. Non è la Chiesa ad essere cambiata, semmai è questa politica che sta perdendo le sue origini, le sue stesse radici. E si dilunga così in un excursus sulla storia dei comunisti, del Partito comunista italiano, dei suoi massimi dirigenti, da Gramsci a Togliatti fino a Berlinguer. Loro sì che avevano capito e oggi “non avrebbero mai approvato le derive che si profilano”. Non si tratta quindi di laicità né di arrogante invadenza della Chiesa, ma si tratta di laicismo senza morale.

Il cerchio si chiude: i comunisti erano laici ma morali, questi dirigenti sono laicisti senza valori. Ma il cardinale ovviamente (altrimenti non di revisionismo storico si tratterebbe) non ricorda gli scontri, i conflitti, le scomuniche che proprio quegli stessi comunisti del passato hanno subito, né ricorda le battaglie per i diritti civili, la legge sul divorzio, la legge 194 e anche la riforma per la scuola pubblica che prevedeva una scuola privata ma “senza oneri per lo Stato”. Tutte conquiste che la Chiesa ha tenacemente osteggiato Il revisionismo del cardinale recupera la strategia del PCI dell’apertura ai cattolici, senza ricordare che ben distinta era la posizione verso le posizioni retrive delle gerarchie della Chiesa. Il revisionismo del cardinale recupera stravolgendola la storia della sinistra per dimostrare che oggi questa sinistra non esiste più, recupera la storia dei comunisti proprio quando il Partito democratico se ne è già definitivamente allontanato.

Il messaggio è chiaro e il cerchio si chiude: l’azzardo dell’inedito revisionismo sta nel fare i conti definitivamente con la storia del Novecento, segnata dal ruolo, dalla cultura, dai valori e dai principi della sinistra. Questa sinistra non esiste più e di fronte al becero laicismo e all’anticlericalismo tocca alla Chiesa salvare quel patrimonio di “laicità morale”. Allora, serve più rispetto per la Chiesa, perché la sfida sui temi eticamente sensibili è frontiera decisiva, che trova sguarnita di “moralità” la politica. Il laicismo e il minimalismo etico sono avversari di tutti, non solo dei cattolici, ma anche di quelli che una volta erano comunisti. E la posizione della Chiesa non è “partigiana, ma corrisponde al diritto naturale”, intendendosi così definitivamente superata la stessa stagione del pensiero giuridico democratico.

Le conseguenze stanno diventando aberranti: gli omosessuali devono essere “salvati” e quindi curati, l’embrione va difeso come “un bambino già nato”, il Movimento della vita deve “salvare” le donne che decidono di abortire, le coppie di fatto non possono essere riconosciute, la scelta all’orientamento sessuale non deve essere considerata un diritto umano. Soprattutto, la politica deve sempre fare un passo indietro di fronte alla parola della Chiesa, perché non può essere la politica a costruire e cercare lo spazio e le forme di una moralità pubblica ispirata al riconoscimento dei diritti di ognuno, ma è solo la Chiesa a poter indicare i valori non negoziabili su cui costruire l’ordine sociale.

Non sappiamo cosa abbia risposto Veltroni al cardinale, né soprattutto cosa farà e cosa sarà il Partito democratico. Ma mentre i silenzi continuano, le scelte si rimandano e l’indignazione neppure si affaccia, la Chiesa continua a fare politica, rilancia. Si sta aprendo nel nostro paese uno scenario possibile di un nuovo clericalismo, che nulla c’entra con il riconoscimento della parola pubblica della Chiesa (sancito dalla carta costituzionale, che - giova ricordarlo- è stata scritta anche dai comunisti), ma che sta diventando strumento della costruzione di un nuovo pensiero dominante, che già oltre Atlantico ha prodotto nefasti smottamenti del pensiero politico democratico. Se i valori non negoziabili della dottrina religiosa vengono subìti, significa che la politica dichiara fallimento: non sarà la politica a diventare più etica, ma soltanto la nostra legislazione. La Chiesa di don Milani o di Dossetti è sempre più lontana e non si intravede il futuro, ma solo un moderno medioevo.

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