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domenica 23 settembre 2007

L'Isola dei Famosi sta distruggendo flora e fauna in Honduras: ecco le prove.

Incredibile queste lettera inviata a Dagospia dal giornalista Giovanni Audifreddi di Vanity Fair! Si tratta di una risposta ad un'altra lettera pubblicata sul sito di D'Agostino. Leggete con attenzione, scoprirete che L'Isola dei Famosi di Simona Ventura sta distruggendo l'arcipelago di Cayo Cochinos, dove soggiornano vip, non vip, troupe e via dicendo.

"Egregio signor Carlo Costanzia,

sono Giovanni Audiffredi. Le scrivo, previa autorizzazione del direttore di “Vanity Fair”, Luca Dini, in merito alla sua lettera rivolta a Dagosia, riguardante il reportage sull’Isola dei famosi 5 da me redatto in Honduras. Da subito ci tengo a fornirle la mia mail personale, gaudiffredi@condenast.it, in modo che lei possa agevolmente contattarmi evitando che qualcuno creda che siamo entrambi a caccia di notorietà on line.

Detto questo vorrei aggiungere in premessa che dalla prima edizione dell’Isola dei Famosi ho seguito tutte le puntate del programma, una ventina dietro le quinte negli studi Rai di Milano, che sono stato 15 giorni a Santo Domingo durante la terza edizione, che per una settimana ho lavorato in loco a stretto contatto con la produzione del reality show, che ne ho seguito le fasi di elaborazione, selezione e messa in onda dei contenuti, che conosco personalmente una buon numero tra autori, cameraman e tecnici vari, che da anni lavorano all’Isola, che in questi quasi cinque anni del programma ho parlato più volte con Simona Ventura, Giorgio Gori patron di Magnolia, Francesco Pucci, direttore esecutivo dell’Isola, Antonio Marano, direttore di Rai Due, senza contare i tanti concorrenti italiani che si sono avvicendati.

E, infine, sono stato una settimana in Honduras nell’arcipelago di Cayo Cochinos. Ecco, non sono proprio un esperto, ma credo di poter dire, senza aver fatto il concorrente, che qualcosa sull’Isola la conosco anch’io. Rispetto il suo punto di vista maturato in un’esperienza di gioco, ma temo che lei sia male informato. Al contrario io, da 15 anni a questa parte, sono abituato a verificare in loco l’attendibilità delle notizie che fornisco ai lettori, senza esprimere mai pareri personali, ma sottoponendo esclusivamente fatti circostanziati raccolti attraverso un semplice, ma laborioso, lavoro di ricerca e di cronaca.

Primo: non è affatto vero che un responsabile della Fondazione che gestisce la tutela ambientale, si chiama Honduras Coral Reef Found, è sempre presente in loco durante le riprese. Per esempio quando ci sono stato io, e stavano già girando del materiale per i promo tv, non c’era. Era reperibile telefonicamente, ma non in loco. Le troupe erano scortate da dei militari di leva.

Secondo: lei afferma che su Cayo Paloma, il set principale dell’Isola, non c’è alcun santuario di uccelli marini. Certo, ci sono i famosi e i pennuti se la battono. Ma sei lei si fosse preso la briga di leggere il Plan de Manejo del Monumento National Marino Arcipelago Cayos Cochinos (il regolamento valido fino al 2009) redatto dalla Fondazione e dal WWF, (le fornisco il sito internet dove lo può consultare: (www.opwall.com/Library/Honduras/Honduras%20Marine/Management/Cayos%20Cochinos%20Management%20Plan.pdf) saprebbe che a pagina 19 si parla delle 69 specie rare di uccelli, tra cui la paloma coroniblanca, che dà il nome al Cayo dove lei giocava, che popolano quelle isole, che vi fanno sosta durante le migrazioni e che hanno bisogno di cinguettare soli soletti, altrimenti perdono la bussola.

Terzo: lei dice che questa non è epoca di riproduzione delle tartarughe Careya. Sbaglia. Terminano di riprodursi ad ottobre. Lei dice che non ne ha mai vista una. Vale quello che le ho detto per gli uccelli. Le parrà strano ma sei lei è sulla spiaggia, la tartaruga disdegna la sua compagnia. Lei dice che probabilmente Cayo Paloma non è luogo di deposizione delle uova. Sbaglia ancora. Vada a pagina 17 del protocollo che le ho indicato prima. Ci troverà una bella piantina del WWF. Le tartarughe sono segnate con un’icona. E stanno su Cayo Paloma e su molte altre spiagge dell’arcipelago.

Quarto: lei afferma di credere, secondo la sua esperienza diretta, che “la Fondazione e il governo dell’Honduras stiano facendo le cose molto bene”. Ma come fa a dirlo? Perché ha trovato la spiaggia pulita? Esiste una legge dell’Honduras, la 114 del 2003 suddivisa in due protocolli, A e B, la può facilmente legger proprio sul sito della Fondazione (www.cayoscochinos.org) che enumera tutto ciò che si può fare e quello che non si può fare sulle Isole. Facilmente si renderà conto che, per esempio, accendere il fuoco che lei e gli altri concorrenti avete tentato di fare con fortune alterne, non si può fare. Per quanto riguarda la fossa biologica, se vuole le posso mostrare la fotografia che immortala la latrina costruita su Cayo Paloma, che non sembra proprio un bell’esempio di compatibilità ambientale.

Quinto: lei dice che i cavi sottomarini tirati dalla produzione per la messa in onda non rovinano i preziosi e rari coralli. Peccato che Adami Cubas, responsabile del Ministero dell’Ambiente dell’Honduras, a Vanity Fair abbia dichiarato: «È vero, sono stati fatti dei danni. L’impatto sulla natura dei famosi, e di tutto ciò che gira loro intorno, è stato forte. Ne hanno risentito la vegetazione, i coralli, la fauna marina».

E poi abbia fatto espressamente riferimento ai cavi sottomarini che grattano i coralli. Infine, lei dice che non c’è traffico di barche. Beh, io ne ho contate otto, con motori fuoribordo da 200 cavalli, in due ore. Deve sapere che c’è un limite di velocità, 4 nodi, che viene sistematicamente violato, in primis dai motoscafi della Fondazione. Vede caro signor Costanzia, tutte le precisazioni che le ho fornito, nel tentativo, spero convincente, di dimostrare a lei e ai lettori che non racconto balle, sono in realtà quisquilie.

Ciò che conta è che Caoys Cochinos è un Monumento Naturale e che se Magnolia non avesse pagato il Ministero dell’ambiente (che poi a sua volta avrebbe girato del denaro alla Fondazione) per avere il permesso di trasformare alcune isole in set tv, lei non avrebbe mai potuto mettere piede lì. Sarebbe andato a Cayo Mayor, forse a Cayo Menor, sicuramente a Chachahuate dalla popolazione autoctona Garifuna, ma è escluso che avrebbe fatto il naufrago a Cayo Palma, dove, fino al 2006, c’era l’assoluto divieto di sbarco da parte della Fondazione.

Ciò che conta non è fare attenzione a non rovinare l’ambiente, ma non essere presenti in quell’ambiente che non è in grado di sopportare nessuna pressione. Sulla questione dei Garifuna, poi, la rimando alla sconfinata documentazione fornita da Ong, associazioni etniche e governative che denunciano da anni, a caro prezzo (hanno subito anche degli attentati personali) la situazione di palese discriminazione che viene adottata nei confronti di questa minoranza.

In proposito nel 2006 è stata fatta anche un’interrogazione parlamentare in Italia. Caduta nel vuoto. Io non sono un ambientalista radicale. A dire il vero quella santa donna di mia moglie mi rimprovera che gratto poco il gatto di casa. Però credo che se mi mettessi a fare la metà delle cose che avete fatto voi nella Riserva Naturale Arcipelago della Maddalena, dovrei vedermela giustamente con la Forestale e la Guardia Costiera. Il nostro Governo non ha grandi finanziamenti per il patrimonio forestale e ambientale in generale, ma non è ancora costretto a svenderlo per tentare di salvarne un pezzetto. L’Honduras sì.

In conclusione mi permetto, per la prima volta, un’annotazione personale per rispondere anche ad altre sollecitazioni ricevute dopo la pubblicazione del reportage. Io non ho nulla contro Simona Ventura, alla quale ho fatto in bocca a lupo di cuore per il programma. Non ho nulla di personale contro Giorgio Gori o contro Antonio Marano. E nemmeno contro Francesco Pucci, con il quale spesso mi sono fatto grasse risate. Non ho nulla contro il format Isola dei Famosi che spesso mi ha divertito. Questo, però, non mi ha impedito di fare il mio lavoro di semplice cronaca. La mia idea, visto che la Ventura ha improntato l’edizione nel segno della reciproca tolleranza di pensiero, è che il programma sia solo fuori posto, perché si svolge in una location inadeguata ad ospitarlo. E questa è una verità difficilmente controvertibile.

Giovanni Audiffredi

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