banda http://blografando.splinder.com

domenica 23 settembre 2007

Documento/DICO E CUS: È LA CHIESA LA MAGGIOR NEMICA DEL RICONOSCIMENTO DELLE UNIONI DI FATTO

(IMG Press) L'ampio dibattito scaturito prima coi DiCo e poi coi Cus, ha posto la chiesa come la maggior "nemica" del riconoscimento delle unioni di fatto, sia quelle eterosessuali che, in particolar modo, quelle omosessuali. Quello che forse non si è mai analizzato abbastanza sono le reali motivazioni, i fondamenti sui quali si basa il no del Vaticano. Il nostro compito oggi è quello di cercare di andare a fondo su questi principi. In tutta la Bibbia, ad iniziare dal Vecchio Testamento, l'uomo è essenzialmente denotato nella sua natura come un essere che si realizza attraverso il "rapporto con": in primis con il Creatore, Dio, e poi con l'"altro" essere umano (Eva): "l'uomo è immagine piena e completa di Dio nella coppia", da qui si evince che l'uomo è creato per l'amore. Il matrimonio è simbolo del rapporto d'amore libero e reciproco che Dio offre all'uomo, sia come singolo che come popolo. Successivamente questo concetto è ripreso anche da Gesù, la vita eterna nel Regno è simboleggiata da una eterna festa di nozze. Dio è rivelato come "comunità" cioè come una "famiglia" trinitaria, in una comunione profonda e piena di persona distinte ma indissolubilmente unite nell'amore reciproco. Il matrimonio cristiano è quindi visto come icona della trinità della chiesa nel mondo. Tre sono le fondamentali vocazioni: matrimonio, ministero, consacrazione religiosa, ognuna di queste è messa in diretta relazione con Gesù Cristo: Cristo sposo, Cristo pastore, Cristo povero casto ed obbediente, in ogni vocazione si da tutto e per sempre. L'amore sponsale (e la realtà familiare che successivamente si viene a creare) è il simbolo/segno fondamentale e costitutivo del rapporto con Dio e della stessa Chiesa. Ogni forma di comunità cristiana (la famiglia, il presbiterio di sacerdoti, la comunità di vergini), deve realizzare una reale vita di famiglia secondo il modello trinitario. Il celibato e la consacrazione verginale non devono essere visti come una rinuncia, bensì come una vera realizzazione, seppure diversa, di sponsalità, di paternità e di famiglia. Gesù porta il rapporto di coppia alla massima espressività - umanizzante e divinizzante - e lo "trascende": il matrimonio cristiano rivela al mondo il disegno di Dio sull'uomo e sulla donna, sulla loro fecondità e nell'eterno (per sempre). La famiglia è quindi fondata sul sacramento del matrimonio che corrisponde al disegno di Dio fin dalla Creazione come trae dal Vangelo di Matteo (19,4). Questa in sostanza è la derivazione teologica del significato del matrimonio per la chiesa, ma basta questo per "difendere" l'istituto e il patto matrimoniale da una società completamente trasformata?
Oggi il punto di vista della chiesa è sostanzialmente uno solo e molto semplice, l'unica unione accettata è quella eterosessuale che si concretizza attraverso il rituale del matrimonio religioso. Da qui un impegno morale, civile e di fede che si deve protrarre per tutta la vita. L'istituto che deriva dal matrimonio si definisce "famiglia".
I primi importanti sintomi del cambiamento della società nostrana nei confronti del matrimonio si hanno già negli anni '70 con i referendum sul divorzio e sull'aborto, contrariamente a quanto si pensava (e che pensava la chiesa), gli italiani si dimostrano favorevoli, è un duro colpo per la gerarchia cattolica: fede e società non vanno più a braccetto e la chiesa si rende conto di non aver più una così forte influenza sulla vita degli italiani. E' in atto un rapido cambiamento, la società vive il benessere economico, cadono numerosi tabù, comincia il confronto con le altre nazioni europee e quella statunitense, i cittadini si sentono più liberi in tutto e per tutto, è un periodo che segue di poco gli anni della contestazione giovanile, nonché gli anni delle manifestazioni di piazza delle donne che vogliono la loro emancipazione.
Incassati questi colpi, un po' alla volta il tutto sembra rientrare nei binari dell'accettazione e della normalità, ma la chiesa non è immobile spettatrice e analizza l'evoluzione e i cambiamenti della famiglia comprendendo che questo istituto cardine della società comincia a scricchiolare. Ancor prima della polemica DiCo-Cus, tra il 1999 e il 2000, il Pontificio Consiglio per la Famiglia organizza una serie di riunioni di studio a cui hanno partecipato numerose ed eminenti personalità, nonché prestigiosi esperti di tutto il mondo. Il fine di questi incontri è quello di analizzare un fenomeno che si stava allargando a macchia d'olio all'interno della società italiana, le unioni civili e "la conseguente disaffezione per la stabilità del matrimonio che ne deriva". Questi incontri si rivolgono soprattutto ai "pastori di anime" ovvero ai sacerdoti e al loro ruolo fondamentale di guide dei cristiani. Riprendendo e citando i Vangeli, si ribadisce che nel Regno di Dio non può essere seminato altro seme di quello della verità già iscritta nel cuore umano, l'unica capace di "produrre frutto con la perseveranza" (Luca 8,15); una verità che si fa misericordia, comprensione e invito a riconoscere in Gesù la "luce del mondo" (Giovanni 8,12) e la forza che libera dai vincoli del male. Attraverso il matrimonio, che è un sacramento e come tale assume una carica di sacralità molto alta, deriva un'immensa ricchezza di grazia. Ma che cos'è un sacramento? Nella su definizione classica significa "segno efficace della Grazia": segno, cioè rito visibile identificabile nel tempo e nello spazio; efficace, che produce veramente col suo stesso essere compiuto, la cosa che significa. L'efficacia del segno nei sacramenti, è garantita dal fatto che essi sono azioni dello stesso Cristo. Ricollegandoci a quanto detto in precedenza, il matrimonio tra due persone è indissolubile ed è come il patto coniugale originario voluto da Dio, il matrimonio della Creazione, un segno permanente dell'unione di Cristo con la Chiesa, diventando così un sacramento della Nuova Alleanza. Il trascorrere dei secoli ha fatto in modo che le nazioni abbiano potuto raggiungere un grado di saggezza (e di umanità) che ha loro permesso di riconoscere l'esistenza e la missione fondamentale e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio. La famiglia è un bene necessario e insostituibile per tutta la società, essa ha un vero e proprio diritto in giustizia, a essere riconosciuta, protetta e promossa dall'insieme della società.
Da qui capisce bene la base del pensiero cristiano, se non c'è il matrimonio non c'è famiglia e viceversa, qualsiasi altra forma di convivenza diversa non da origine a nessuna famiglia, pertanto la nascita di queste unioni e il loro riconoscimento è quindi un grave danno per la famiglia stessa. Questo si evince anche dalla nota diffusa il 28 marzo di quest'anno dalla CEI (la Conferenza Episcopale Italiana, l'assemblea permanente dei vescovi italiani) attraverso le parole del suo presidente monsignor Bagnasco, "la legalizzazione delle unioni di fatto è inaccettabile sul piano di principio e pericolosa sul piano sociale ed educativo". Le coppie di fatto sarebbero dunque un pericolo per la famiglia. La chiesa si pone come paladina in difesa della famiglia, si ritiene unica custode di verità e sapienza che le deriva direttamente dal Vangelo, responsabile di illuminare la coscienza dei credenti, affinché riescano a trovare il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell'uomo e della società nell'impegno quotidiano personale e sociale, e di offrire ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune. Il Vaticano è stato spesso accusato di entrare un po' troppo nel merito degli affari politici del paese, sempre attraverso la CEI egli risponde sostenendo che "non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a noi". Non solo Bagnasco ma anche il papa stesso si rivolge direttamente ai cattolici italiani impegnati in politica, Ratzinger afferma che essi hanno una responsabilità sociale molto importante e nel momento in cui decidono e legiferano, devono far appello ai valori fondati nella natura umana (ossia quelli cristiani), tra i quali rientra appunto la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Se questi cristiani fossero a favore della legge o partecipassero alla loro stesura, sarebbero incoerenti. In poche parole, il politico cristiano non può essere favorevole alle unioni di fatto perché va contro i dettami della chiesa stessa a cui fa riferimento. Analizziamo ora un altro importantissimo aspetto che va direttamente ad inserirsi nella polemica contro le unioni civili, il sesso. La chiesa nel corso dei secoli non ha mai cambiato la sua posizione nei confronti di questo argomento, verso il sesso ha sempre nutrito una sorta di "odio teologico" con un conseguente pregiudizio morale, per citare Pareto, "la stretta relazione fra sessualità e peccato è una caratteristica mai perduta nella religione cristiana". Da qui sono sorte numerose polemiche più o meno recenti: il divieto assoluto dei rapporti prima del matrimonio e l'uso degli anticoncezionali; non sono consentiti i rapporti all'interno del matrimonio non ai fini procreativi e, non per ultimo, l'omosessualità. Secondo alcuni oppositori della chiesa in tema sessuale, il matrimonio è considerato come un ripiego alla fragilità umana, lo stesso San Paolo diceva "è meglio prender moglie che ardere" altrimenti l'ideale sarebbe la castità e l'astinenza. Queste voci sono rafforzate dal fatto che il matrimonio come sacramento, contrariamente a quanto si può pensare, è cosa tardiva nella tradizione cattolica, esso infatti fu reso obbligatorio dal Concilio di Trento, nel XIII secolo, ben 1300 anni dopo Cristo. La tradizione quindi è relativamente recente, 700 anni su 2000 di storia cristiana. Sempre secondo questa corrente, alla fine quello che ne risulta è che l'unico fine del matrimonio sarebbe la procreazione, il semplice fine biologico e naturalistico poiché nemmeno ai coniugi è consentito avere rapporti per altro scopo, sarebbe peccato. La "demonizzazione del sesso" nella chiesa cattolica è una posizione molto diversa rispetto ad altre religioni, alcune addirittura lo ritualizzano, in altre invece nel momento del rapporto invocazione il Dio stesso. Se gli alti vertici vaticanisti non vedono di buon occhio le unioni civili eterosessuali, ancor meno digeriscono il fatto che possano essere riconosciute quelle omosessuali. Perché? Come si difendono i vescovi e la curia dalle accuse di omofobia che spesso sono state loro affibbiate? La chiesa risponde che non c'è distinzione a partire dall'orientamento sessuale di una persona, non esistono né eterosessuali né omosessuali, solamente le persone che sono figlie di Dio. Il ragionamento è su di una base completamente diversa, bisogna distinguere tra orientamento, inclinazione, tendenza omosessuale e atti compiuti. L'orientamento e la tendenza sono qualcosa di oggettivamente disordinati, un disordine interiore che una persona porta dentro di sé; sono gli atti e il comportamento omosessuale che sono invece oggetto di colpa morale. Quello che comunque la chiesa non accetta fermamente, è che l'omosessualità sia una caratteristica che nasce con l'individuo. A priori nessuno è condannato, l'invito è quello di distinguere il grado di colpevolezza, non è possibile generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio, ogni persona è un caso a sé e porta una storia che può rendere più o meno grave la propria colpa personale (ad esempio l'ambiente in cui cresce una persona, se durante l'infanzia ha subito dei traumi, o ancora, se è una scelta libera). Tuttavia essa rimane ferma sull'insegnamento di Gesù "crescete e moltiplicatevi" (e qui si ritorna a quanto detto sopra sul matrimonio cristiano - eterosessuale - che rivela al mondo il disegno di Dio) e questo lo si legge direttamente da Catechismo della Chiesa Cattolica "l'omosessualità costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione". E ancora "le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana". Il cattolico quindi può anche essere omosessuale, a patto però che non ne commetta gli atti e resta comunque il fatto che esso ha un disagio interiore altrimenti non sarebbe lesbica o gay. Ma l'articolo che forse più di tutti è il riassunto del pensiero ecclesiastico sull'unione omosessuale è il 2357 "- gli atti omosessuali - Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.".

Alla prossima puntata.


Sphere: Related Content

Nessun commento: