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domenica 18 novembre 2007

Femministe romantiche e sicure. Con loro la coppia dura di più.

Le rivelazioni di due psicologhe della Rutgers University del New Jersey. Giovani o adulte, hanno rapporti stabili e fanno meglio sesso.

(Maria Laura Rodotà - Il Corriere della Sera) La questione non è politica. Magari è prepolitica. Più probabilmente, è post-politica: essere consapevoli dei propri diritti rende sindacalmente forti. Per cui si tratta alla pari; non si fanno concessioni dettate dall’insicurezza; e si raggiungono accordi-compromessi che portano vantaggi ad ambedue le controparti. Così va a finire che le femministe dichiarate hanno relazioni più stabili e durature, fanno sesso più soddisfacente (per ambo le parti), e si possono pure permettere di essere più romantiche. Pare una buona notizia, alla fin fine. O meglio. Per molte, specie in Italia, può essere una notizia spiazzante. Può venire da pensare «allora non sono mica femminista»; perché si hanno storie improbabili, perché il sesso non va granché, perché a fare le romantiche si rischiano delusioni. Ma la ricerca da cui sono tratte queste conclusioni — sorprendenti per il sentire comune, e anche se paragonate a indagini simili — arriva dalla Rutgers University, New Jersey, Stati Uniti.

La nazione è pragmatica, la correttezza politica lì viene spesso presa seriamente, anche nella vita personale. E così lì succede che due ricercatrici, le psicologhe Laurie Rudman e Julie Phelan, interrogano 289 adulti e 242 studenti, elaborano i dati, producono risultati che ribaltano parecchi pregiudizi. Insomma, che le femministe siano donne impossibili, che odiano gli uomini, iper-rivendicative e quindi più impegnative delle altre nelle relazioni (tipo Erica Jong, anche se lei è ri-sposata felicemente da decenni). Invece, si diceva, si rivelano ottime metà di solide e gradevoli partnership sociali. Rudman e Phelan hanno indagato sulla «percezione del proprio femminismo» in maschi e femmine; sulla «qualità delle loro relazioni personali»; sull’essere o meno d’accordo sull’uguaglianza di genere (tradotto: se l’uomo pensa che le donne siano sciacquette, se la donna si sente comunque inferiore, quella è un’altra storia); sulla stabilità della relazione; sulla soddisfazione sessuale. Morale, dicono le due, le coppie in cui lei è femminista e lui lo è abbastanza (in genere senza esagerare, siamo realistici) sono le più solide; quelle che fanno il sesso migliore (chi sa negoziare senza insicurezze riesce a chiedere e ottenere le attività preferite, si sa), e quelle che possono permettersi cenette a lume di candela per il gusto di farle, non perché lei è isterica e va placata, non perché lui si sente in colpa dopo una gita in motel con la collega del marketing. «Femminismo e romanticismo vanno mano nella mano», è l’ottimistica conclusione. Che sembra contraddire molte ricerche simili, ma a pensarci forse no. Perché nei campus americani (non solo lì) la faccenda appassiona molto. Non lontano da Rutgers, alla Columbia University, un gruppo di psicologi ed economisti ha studiato i newyorkesi che fanno speed-dating, quegli incontri per singoli dove si cambia continuamente posto e si parla con vari uomini o donne per pochi minuti. Concludendo che molti uomini «sono ancora prigionieri della camicia di forza degli stereotipi». Sono intimoriti dalla donne assertive con carriera e buon reddito, valutano (ma no) l’aspetto fisico più del resto. Mentre le donne apprezzano intelligenza e ambizione più di un paio di occhioni blu. Il caporicerca, Ray Fishman, ha detto sconsolato a Maureen Dowd del New York Times: «Noi maschi abbiamo un ego fragile, cerchiamo un bel visino e ci sentiamo minacciati da un cervello e un successo maggiore del nostro». Vero e banale, forse troppo banale. Perché forse non si tiene conto di un’altra enorme fragilità: quella delle donne intelligenti e ben riuscite che hanno paura di intimorire gli uomini.

E quando sono con loro hanno un comportamento altalenante: un po’ femmina Alfa (tosta), un po’ femmina Beta (mite). Spaventando gli insicuri, motivando i sadico-frustrati a cercare i punti deboli per massacrarle. E magari è la confusione Alfa-Beta a far preferire le Beta e a deprimere le Alfa nervose che pur di fidanzarsi o sposarsi si riducono a tappetini per poi stufarsi o farsi lasciare. Magari le donne della ricerca Rutgers sono non soddisfatte (come sono soddisfatti i loro partners che vedono arrivare un altro buono stipendio a casa, dicono le ricercatrici) solo perché si dicono femministe. Si dicono femministe senza imbarazzo perché sono donne forti a tutto tondo. Beate loro.

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